Uno dei problemi del Regno d'Italia all'indomani dell'Unità è quello dell'unificazione legislativa: in pochi anni vengono adottati i nuovi codici civile, di procedura civile, di commercio e di procedura penale, ma fino alla promulgazione del codice Zanardelli nel 1890 i tentativi di unificare il diritto penale sostanziale falliscono, arenandosi in primo luogo sulla questione della pena di morte. Pasquale Stanislao Mancini è uno dei più attivi oppositori della pena capitale e nel 1864 presenta alla Camera un progetto di unificazione che ne prevede l´abolizione: il suo tentativo non ha però successo e quando, nel 1876, viene nominato ministro guardasigilli, ripresenta con sostanziali emendamenti (tra i quali l'abolizione della pena di morte) il progetto di codice penale del suo predecessore Paolo Onorato Vigliani. Mancini si avvale della collaborazione dei più importanti giuristi italiani, come Francesco Carrara, e chiede i pareri di Facoltà di Giurisprudenza, ordini forensi, accademie mediche, direttori dei manicomi e docenti di medicina. La sua relazione al primo libro del progetto va considerata una vera e propria monografia di diritto penale per l'analisi dei diversi istituti e lo studio delle soluzioni legislative adottate in altri paesi. Il progetto, di cui si ricostruisce qui la vicenda, è uno dei più significativi tra quelli elaborati nel trentennio di disunità della legislazione penale, e servirà da base per i tentativi successivi; di particolare rilevanza l'approvazione, poi votata dalla Camera, della proposta di abolizione della pena di morte.
Un codice unico per un'Italia nuova
| Titolo | Un codice unico per un'Italia nuova |
| Autore | F. Mele |
| Argomento | Diritto Giurisprudenza e argomenti d'interesse generale |
| Collana | Dip. di storia. Univ. Sassar. Nuova serie, 10 |
| Editore | Carocci |
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| Pagine | 328 |
| Pubblicazione | 06/2002 |
| ISBN | 9788843020591 |

