Leonida

Tullick è uno sbandato che vive in un sordido sobborgo newyorkese, cresciuto tra violenza, scazzottate e lotte per conquistarsi il rispetto di tutti. L’incontro con Lorella, incantevole turista italiana conosciuta sul ponte di Brooklyn, sarà il punto di svolta. I due si innamorano e vanno a convivere in Italia. Ma Lorella dovrà trasferirsi nuovamente per lavoro, stravolgendo l’equilibrio che l’uomo era riuscito a raggiungere. Riuscirà Tullick a riemergere dalla brutale spirale di violenza in cui verrà risucchiato?

La storia è fatta di imprese epiche, ma anche di piccoli grandi gesti, e alcuni di questi sono determinanti per orientare il corso degli eventi. Il fato, che ci si creda o no, è ineluttabile, ma a decidere il tragitto della vita è la casualità o siamo noi con le nostre azioni? Il destino non è altro che uno spettatore inerme di fronte alla lotta tra il bene e il male? Il tempo può davvero guarire tutto?... Anche il rimorso per azioni riprovevoli? Questi sono alcuni degli interrogativi che accompagnano le vicende che ruotano attorno al protagonista, coinvolto in avventure oltre l’inverosimile, in un turbine spazio-temporale che ha origine seicentosessantasei anni prima. La sua arma è la conoscenza. Tuttavia, a volte non basta: la fortuna aiuta gli audaci, anche quelli alieni…

"Ho a lungo meditato sulla figura del pellicano, simbolo del sacrificio e dell’amore compassionevole, che dorme solo con uno dei due emisferi del cervello e un occhio sempre aperto... È stata l’immagine del suo stato di sonno insonne a fornirmi la testimonianza di un gesto compassionevole ampio e profondo, capace non solo di comprendere il dolore degli altri, ma anche di vigilare con preoccupazione sulla loro esistenza e di cercare la cura per lenire la loro sofferenza, aiutandoli a recuperare i segni dispersi della propria vita." (Dalla premessa dell’autore)

"In questa silloge Lorenzo Piccirillo imprime ogni lirica attraverso un "anello piscatorio" immaginario, inserito nella sua memoria o nel suo stato emotivo/sensoriale. Traccia sui versi un segno per lui indelebile e incontrovertibile che rende unico e riconoscibile il suo essere poeta". (Enzo Di Rienzo)

Alfredo De Barbieri è un ex commissario di Polizia con una caratteristica peculiare. Un suo omonimo, da un po’ di anni, allieta la popolazione televisiva italiana in una fiction di enorme successo. Anche se il confronto tra i due appare sulla carta improponibile, il (vero) De Barbieri ha delle doti che non lo faranno affatto sfigurare, dato che il nostro “eroe” possiede un talento particolare. Nel senso che non è mai obbligato a rincorrere la verità, ma ne è il catalizzatore, dato che i sospettati trovano inevitabile confessarsi. Ingombrante e pacato come Maigret, consapevole delle proprie debolezze come Kurt Wallander, duro e affascinante come Marlowe, cabalista per vezzo e fatalista per educazione... Alfredo De Barbieri è l’archetipo dell’uomo “che non deve chiedere mai” perché tutti si sentono in dovere di raccontargli la verità, nell’assoluta tranquillità che ne farà l’uso migliore.

Filea, viscontessa di Miravalle, si dà alla fuga con un piccolo gruppo di fedelissimi. È diretta verso quelli che ritiene possano essere suoi amici e alleati. Sa di poter fare affidamento sul fratello Berengario al quale è sempre stata molto unita, ma il vero obiettivo sarà raggiungere e parlare con il prefetto militare Eraclio, un importante generale nonché fortissimo guerriero... e suo antico grande amore. Ma sulle tracce della bella maga c’è un instancabile mastino: il cavaliere Irnerio da Villa Spatha che, dopo aver riconquistato i favori del futuro imperatore è determinato a trovarla, aiutato da una selezionata compagnia di cavalieri oscuri. Sullo sfondo della narrazione le parole dell’antica pergamena del trovatore dannato Odofredo d’Acquasparta, antiche profezie, nuove visioni sul futuro di non semplice interpretazione e un segreto importante da svelare. Riuscirà Filea a trovare l’appoggio sperato? La Fortuna continuerà a essere al suo fianco? Tra magie, creature selvagge e incantate, castelli in rovina, villaggi e grandi città pieni di insidie, battaglie e tante avventure sia la dama sia il suo nemico dovranno organizzarsi in vista dell’inevitabile scontro finale.

Dalla lirica "voce di giugno": la voce trema il cuore sussulta e la soave sinfonia si dilaga nell'atmosfera.

"Sei la mia conoscenza, il mio venire a capo delle cose, il mio volermi guardare dentro. Svolta ed epifania, porto nella bufera, ideale erotico, sede del mio cuore. Sei la mia fauna selvatica, il profumo degli alberi, il suono del ruscello che ti scorre in mezzo alle gambe. Ho sete di te amore mio. Domani ti vedo. E ti celebro. Sei il Natale."

"Confidenze sull’uso di sé" raccoglie poesie ispirate dall’idea che nell’uso di noi stessi sia importante ritrovare-recuperare e irrobustire la piccola trincea fisica perduta, con la quale fronteggiare la brutalità avvolgente del linguaggio empatico – che trasuda volontà di dominio –, riconoscendo al corpo un’autonomia nell’uso di sé, che precede quello della parola, quale espressione materiale di un bisogno autofondante, indipendente dalla condivisione, perciò estraneo all’irretimento con cui con essa (parola- discorso) cerca di farne l’eterno ostaggio.

Con questo libro il giovane scrittore Giovanni Mallimaci ci invita a essere sensibilmente intimi, a essere veri, e ci consegna alcuni frammenti di vita da leggere con l'anima di un bambino, del proprio bambino interiore. Perché solo grazie a lui possiamo ritrovare quella luce che dentro di noi sembra spenta. Con il nostro io-bambino possiamo riaccendere le vie, stringere le stelle e dare luminosità al percorso, avendo un lume da seguire. Ma per farlo ci vuole il coraggio di essere bambini. Allora, chiudendo gli occhi e alzando lo sguardo, non vedremo più un cielo vuoto e pigro, ma un universo pieno di stelle che attendono solo una mano su cui posarsi…

Camilla è la storia di una giovane donna alle prese con le sfumature della vita. In compagnia di una potente e inconsapevole energia propulsiva, vive ogni avvenimento come un discorso incarnato, attraversando crisi e giungendo a catarsi, sino all’atto più ribelle di tutti: mettere al mondo se stessa. "Si conobbe attraverso gli incontri con gli altri, quelli che le avevano fatto male e quelli che cercavano di volerle bene. Conoscendosi si innamorò di lei, tra alti e bassi imparò a praticare la gentilezza verso se stessa e capì come fare le sue scelte."