VJ Edizioni: Parole nuove

Lo stile narrativo del libro Bagliori di Mamady Dioumessy tradisce la consapevolezza di uno scrittore ispirato. Lo stile focoso, dai tratti nervosi, riflette l’entusiasmo della giovane età dell’autore, catturato dall’ambizione di essere il più possibile esaustivo, totale, minuzioso e allo stesso tempo raro, ricercato, unico, innovativo, “postmoderno”, per sfuggire alla monotonia della banalità, del déjà vu e del già detto. L’autore stesso, nella introduzione, confessa che la sua opera è “… il frutto di una maturazione della consapevolezza letteraria… scritta con una nuova tecnica di scrittura postmoderna chiamata frammentazione narrativa”. Nonostante questa apertura alla novità, l’eco dei passi degli scrittori del passato risuona in penombra, discreta, sotterranea, invisibilmente visibile, palpabile, appassionata e con un atteggiamento di rispettosa fedeltà soprattutto verso i giganti della letteratura francese del XIX e XX secolo, a cui l’autore ha attinto nel corso della sua formazione accademica. Siamo, in ogni caso, di fronte ad una scrittura lucida, penetrante, acuta, desta, mai incerta o approssimativa.

Come belve impaurite ci muoviamo furtivi nel cammino della nostra vita, attenti al prossimo agguato; pensiamo male, agiamo male, viviamo male, moriamo male. Come può esserci pace in tutto questo? Ci stiamo estinguendo ancora una volta, la nostra vibrazione cosmica si sta spegnendo sempre più, ma siamo ancora in tempo per cambiare rotta, e tornare a brillare in frequenza come un tempo. Smettiamo di cercare agguati al di fuori di noi, perché il vero agguato siamo noi. Ogni verità ha il suo lato oscuro da percorrere e da vivere, per poterne conoscere la sua piena essenza e profondità. Non può esistere un percorso evolutivo senza frustrazioni, dolori e paure: esse si presenteranno per affinare la nostra sensibilità e aprirci alla ricerca interiore della nostra divinità, per essere liberi dal grande inganno, dobbiamo prima imparare a non aver paura della vita, e solo dopo, della morte.

Romanzo della realtà, Decennio Rosso mostra i cosiddetti "anni di piombo" dal punto di vista di chi compì la scelta comunista e rivoluzionaria della lotta armata per alzare il livello di scontro con le istituzioni passando dal movimentismo alle organizzazioni combattenti, con l'idea di cambiare la storia d'Italia, sogno rischioso e alla fine dissolto, ma che dopo essersi elevato perdurò a lungo prima di decadere, perché comunque radicato nel tessuto sociale dell'epoca. In tal senso Decennio Rosso non è un romanzo cupo, di pentimento e di dolore ma attraverso le vicissitudini di Sofia e di Elio si rivela un racconto carico di umanità e speranza che mostra come una moltitudine di giovani animati da proposte culturali e politiche innovative e originali, pur se frazionata in mille gruppi, sia riuscita a emergere all'improvviso ponendosi con grande autorità al centro della società.

Questo libro nasce dalla necessità di raccogliere e dare un minimo di dignità letteraria a pensieri, riflessioni e ricordi pubblicati in questi ultimi anni su Facebook. Ho preso questa decisione per due motivi: primo perché amici, parenti e conoscenti mi hanno più volte sollecitato a farlo, secondo perché mi è stata offerta una possibilità di poterlo fare alla quale difficilmente avrei potuto rinunciare nonostante la mia arcinota riservatezza. Auguro a questo piccolo libro un po’ di fortuna, sicuro di poter assicurare ai gentili lettori qualche motivo di riflessione e perché no, di svago.

C’era una volta un uomo che, con le mani callose e gli occhi pieni di passione, passava le sue giornate sui treni e sui binari. Un uomo che vedeva nelle ferrovie non solo un mezzo per spostarsi, ma una parte di sé, una sorta di casa mobile che attraversava città, paesi e montagne. Quell’uomo ero io. In queste pagine, ho raccontato non solo la storia delle ferrovie, ma anche quella di un legame generazionale che si rinnova. Un legame che mi lega a un passato che non voglio dimenticare, che guardo con gratitudine, e che, al tempo stesso, guarda verso il futuro. Quando ero giovane, ho fatto delle scelte, e spesso mi sono trovato a decidere in situazioni difficili. Se avessi preso altre strade, il mio cammino sarebbe stato diverso. Il libero arbitrio non è solo una questione di seguire il proprio cuore, ma anche di saper valutare le conseguenze delle nostre azioni, capire come ogni scelta ci fa crescere e ci porta verso nuovi orizzonti.

Vicende ai confini della realtà a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, vissute da una banda di amici di Crotone e romanzate a tinte forti da un protagonista fortunato, Roberto Taverniti. Fortunato per aver avuto una famiglia che lo ha amato e coccolato, per non aver conosciuto stenti, per essere sopravvissuto indenne in situazioni di estremo pericolo in cui si era cacciato da solo e per aver vissuto l’adolescenza in quel meraviglioso periodo in una città che era semplicemente fantastica. Tutti gli episodi narrati sono realmente accaduti, ma appaiono così incredibili da meritarsi il titolo di un film. In ciascun capitolo compaiono in veste di attori non protagonisti o di semplici comparse alcuni cani di Crotone. A loro è dedicato il primo capitolo. In sostanza, anche noi ragazzi eravamo dei randagi, vivevamo alla giornata, senza preoccuparci del domani, come i cani.

Un uomo in alcuni pomeriggi della settimana, si ferma in un preciso punto sotto la finestra del protagonista e cerca di riparare la sua piccola Vespa. Il rombo di questo motore riporta alla mente del protagonista la propria infanzia, sin da quando il nonno gli insegnava le basi del mestiere di meccanico, proprio su una vespa 50 di sua proprietà, utilizzata in gioventù per fuggire da una tragica situazione familiare. Il protagonista, sotto l’ala del nonno, inizia un percorso di crescita che lo porterà a legarsi ancora di più alla nuova figura “paterna” e alla Vespa su cui ha iniziato la sua conoscenza del mondo e della propria vita, facendo un viaggio di introspezione e affrontando a viso duro il conflitto con il padre, il quale sempre più dedito all’alcool, reca abusi verso il figlio sin dalla tenera età. Le avversità della vita saranno da lui affrontate sempre con accanto le figure del nonno e della fedele Vespa, con il suo rombo.

Jackson è un sessantenne al quale un uomo misterioso offre la possibilità non solo di tornare nel proprio passato, ma di “sbirciare” le sue possibili vite alternative, scaturite dalle diverse scelte fatte in precedenza. Mettendo da parte la preoccupazione per ciò che avverrà l’indomani, Jackson accetta, buttandosi in una fantastica avventura nelle sue vite parallele. Ben presto il viaggio diventerà un percorso introspettivo per capire se stesso e la sua vita.

Quella mia intervista di circa cinque anni fa, che voleva essere solo un pezzo leggero e di colore per una testata puteolana, ha inaspettatamente dato il via a un incredibile e rinnovato interesse su Madame Luigia. Prima da parte di cittadini di tutta Italia, che mi hanno tempestata di richieste di contatto per farsi leggere i tarocchi, poi da autori televisivi e cinematografici, incuriositi dalla sua vita così piena di passione e peripezie e segreti. Ed ora questo libro, che serberò gelosamente. Perché la mamma di Bernardo è un pezzo anche della mia storia, della mia famiglia, della mia terra. Grazie Madame. Dalla prefazione di Rosalba Tello.

"... notò che la luce fievole della luna si rifletteva in più punti sul corpo dell’enorme bestia, tracciando una figura conica e lucida, ricoperta di scaglie o di squame. Pareva letteralmente un pesce fuor d’acqua. Incuriosita, arrestò per un attimo la ritirata e osservò meglio: la notte aveva spento i colori di tutte le cose, era pertanto impossibile attribuirne uno alla creatura che scavava nel canneto. Di sicuro, però, essa aveva una rada criniera immediatamente sotto alla piccola testa, zampe corte e tozze, una coda simile a quella di un delfino. Di chi si tratta?"

Dalla penna di Silvano Nuvolone, una storia ambientata in un dopoguerra dove tanta era la voglia di ricominciare, insieme alla volontà di non dimenticare; una storia tessuta in quella terra di Piemonte cara all'autore, una terra dove “... anche le lacrime seccano in fretta...” ... e qualche volta, nelle vigne, si trovano conchiglie.

Un’esperienza unica attraverso l’arco montuoso Ligure da Ponente a Levante, raggiungendo le maggiori vette liguri dal Monte Saccarello (2200m) sul confine di Stato francese, che costituisce il vero tetto della Liguria fino al Monte Gottero (1639m) in provincia di Spezia. Marco Ferrando l’ha percorsa senza soldi con sé (da qui il sottotitolo "Un sogno a tasche vuote") e condivide in questo libro parole e immagini di quell’avventura.