Adelphi: BIBLIOTECA ADELPHI
Il castello di Udine
Carlo Emilio Gadda
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 339
Benché costretto, nel 1932, ad accettare una nuova «sfacchinata» ingegneresca, Gadda non ha la minima intenzione di dissipare la notorietà che "La Madonna dei Filosofi", uscito l’anno prima, gli ha procurato nell’ambiente dei letterati. La scrittura è per lui «un prepotente bisogno», e un ripiegamento sarebbe inconcepibile: «la realtà deve essere, il resto non importa». Con i proventi della corvée presso i Servizi tecnici del Vaticano finanzierà dunque nel 1934 "Il castello di Udine": libro variegato, riluttante a ogni definizione di genere, stilisticamente tracotante. I ricordi di guerra ci consegnano la bruciante delusione di chi ha visto il sogno di «una vivente patria, come nei libri di Livio e di Cesare» annientato dall’incapacità degli alti comandi di raffigurarsi le «correlazioni complesse» che legano l’esercito «al resto del mondo»; dal mito, «ignobile e turpe», della furberia; da una prigionia che lo ha travolto «verso la riva dell’inutilità». Ma subito dopo la cronaca di una crociera nel Mediterraneo proietta l’immagine di un mondano, ironico reporter; l’invettiva contro i musici di strada, molesti perturbatori delle notti milanesi, quella di un bizzoso moralista; il racconto "La fidanzata di Elio" – dove le virtù di Luisa lasciano presagire una vita «drappeggiata di linòleum, risfolgorata di nichelio» – quella di un incendiario Robespierre della borghesia milanese. A ben vedere, tuttavia, un filo rosso, tenace e segreto, unisce queste prose in apparenza disparate, screziandole di dolore e di sangue, come se la prima sezione gettasse fiotti d’ombra su tutta la raccolta: il lutto insanabile per chi è caduto in guerra – come il fratello Enrico, «la parte migliore e più cara di me stesso».
La porta
Georges Simenon
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 142
«Era possibile che per tutti quegli anni lei fosse stata felice con lui, e che lo fosse ancora?». Stenta a crederlo, Bernard Foy, e non solo perché ha perso entrambe le mani saltando su una mina e non si sente più un vero uomo, ma perché di uomini sua moglie Nelly, che del proprio passato non gli ha nascosto nulla, ha sempre avuto bisogno. Da vent’anni loro due si amano con lo stesso trasporto e la stessa urgenza di quando si sono conosciuti. Eppure Bernard, che passa le sue giornate a spiare le vite degli altri dalla finestra, ad ascoltare i rumori del palazzo e del quartiere, e soprattutto ad aspettare che lei torni dal lavoro, è tormentato dalla gelosia per la vita, di sicuro «più animata, più appassionante», che la moglie conduce fuori casa, e dal bisogno di sapere in ogni momento dove lei sia e che cosa stia facendo: tanto che la sua assenza gli provoca un acuto malessere fisico. Un malessere che è sensibilmente peggiorato da quando Nelly sbriga piccole commissioni per un giovane illustratore che la poliomielite ha inchiodato su una sedia a rotelle e che si è trasferito al primo piano del loro stesso palazzo. E poi, nonostante l’età, lei sembra ogni giorno «più bella, più desiderabile», il che colma Bernard di un’insostenibile angoscia: come non sospettare che si tratti di quella «luce particolare» che emana dal volto di una donna innamorata? A poco a poco, Bernard non farà altro che pensare alla porta dell’appartamento del primo piano, dove lui non è mai entrato, che non è mai riuscito neanche a intravedere... Nessuno come Simenon è capace di compiere, trascinando con sé il lettore, una simile, implacabile discesa nella mente di un uomo dominato dalle sue ossessioni – ossessioni che non potranno che portare a un epilogo fatale.
Il popolo è immortale
Vasilij Grossman
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 285
«Che cosa me ne faccio, ora, della mia vecchia vita, del mio lavoro ostinato e prezioso, di gioie e delusioni, dei miei pensieri, delle pagine che ho scritto?» si chiede Sergej Bogarëv mentre percorre il fronte nell’agosto del 1941, i tedeschi avanzano e le truppe sovietiche inesorabilmente retrocedono. È «una guerra mai vista prima», quella che si è abbattuta sul suo paese; una guerra che l’ha strappato all’insegnamento del marxismo e trasformato in commissario politico di un battaglione che, nel tentativo disperato di rallentare l’offensiva nazista, si ritroverà isolato oltre le linee nemiche; una guerra che per lui – come per tutti gli altri protagonisti del romanzo – segna una cesura netta e irreparabile. «Il popolo è immortale, la sua causa è immortale. Ma non si può risarcire la perdita di un uomo!» scriverà Grossman poco dopo la fine della guerra. E così, pur desideroso di infondere in chi combatteva ottimismo e coraggio, ci racconta i primi mesi dell’invasione tedesca – antefatto di "Stalingrado" e "Vita e destino" – attraverso pagine dure, che dipingono la distruzione e le disfatte, i pensieri dei soldati, la marcia dei contadini nella notte, sotto le "scie rosse dei proiettili traccianti che strisciavano lente verso le stelle», i campi e i boschi sottratti a chi ne conosceva da sempre ogni segreto e il vano eroismo di uomini semplici mandati a fronteggiare «l’esercito più forte d’Europa». Pagine di un ‘romanzo sovietico’, ma così audaci da abdicare a ogni ligia ortodossia. E, come sempre in Grossman, attraversate da un soffio epico che le trasforma in grande letteratura.
La prigione
Georges Simenon
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 170
«Quanti mesi, quanti anni ci vogliono perché un bambino diventi un ragazzo, e un ragazzo un uomo?». Ad Alain Poitaud, direttore appena trentaduenne di un settimanale di enorme successo, bastano poche ore per smettere di essere l’uomo che è stato e «diventare un altro». Accade in una piovosa sera di ottobre, allorché, tornando a casa per cambiarsi in vista di una cena in compagnia della moglie Jacqueline e della piccola corte di cui è solito circondarsi, trova ad aspettarlo davanti al portone un ispettore della Polizia giudiziaria. Poco dopo, al Quai des Orfèvres, si sentirà dire che Jacqueline ha ucciso la sorella minore, Adrienne, con un colpo di pistola, chiudendosi poi in un mutismo assoluto. La stampa ci metterà poco a scoprire che con Adrienne, per parecchi anni, Alain è andato a letto regolarmente, e parlerà di «dramma della gelosia», ma lui – l’uomo cinico, superficiale, mondano, il donnaiolo incallito sempre pronto a fare dell’ironia – comincerà a chiedersi quale sia stato il vero motivo di quel gesto. E mentre la polizia conduce la sua indagine, si interrogherà su quella giovane donna accondiscendente e discreta (tanto che fin dall’inizio l’ha chiamata Micetta), che ha sposato quasi per gioco, che gli è sempre stata accanto senza chiedere niente – ma, soprattutto, in un crescendo di smarrimento e di angoscia, si interrogherà su se stesso.
I viaggi, la morte
Carlo Emilio Gadda
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2023
pagine: 432
Presentando nel 1958 gli scritti che compongono "I viaggi la morte", Gadda suggeriva che, in luogo del comune «saggi», sarebbe forse stato preferibile per definirli il francese entretiens, ‘conversazioni’. Con questa discreta indicazione l’ormai celebre autore del Pasticciaccio rivendicava l’estraneità del libro alla «nostra coltura solidificata», e insieme ammantava di rassicurante affabilità la sua vera natura e la missione di cui era investito. Che era quella – come confidava a Livio Garzanti – di delineare il «panorama général» della sua «sindrome», abbracciando un’intera vita e tutta la gamma dei suoi interessi: di consegnare insomma ai nuovi fan una bussola per orientarsi nella più vertiginosa officina del Novecento e comprenderne le leggi. Leggi radicate in una riflessione filosofica che impone la demolizione del mito dello scrittore come vate o profeta, «bambolotto della credulità tolemaica», mentre l’io rappresentatore è un «groppo, o nodo, o groviglio, di rapporti fisici e metafisici» e solo dalla «tensione polare» con la cosa rappresentata nasce l’atto espressivo; e che nella maccheronea o «tumescenza barocca» individua un’arma letale, capace di annientare vaniloquio e falsità, enfasi e «teatrati atteggiamenti», nonché di contrastare l’«uso-Cesira», la lingua piccolo-borghese, «piccoletto grembiule casalingo da rigovernare le stoviglie». Se dunque Gadda, «bracconiere di frodo», fa razzia di varianti lessicali e ortoepiche, se ricorre al frasario gergale dei pratici e ai dialetti – da quello irresistibilmente sincopato e monosillabico dell’industre Milano alla parlata di Roma, «città mondo» – è nel nome di un’esigenza etica e gnoseologica: riscattare la lingua «dall’ossessione della frode» e ricreare la «magìa della verità».
Le sorelle Lacroix
Georges Simenon
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2022
pagine: 171
«Ogni famiglia ha uno scheletro nell’armadio» scrive Simenon in epigrafe a questo romanzo. Nel caso della famiglia in questione lo scheletro è un segreto che lega da anni due sorelle. Un segreto che, rimosso e purulento, non può che trasudare odio. Tant’è: il collante che tiene uniti, nella solida dimora borghese di Bayeux, le figlie del notaio Lacroix, il marito di una di loro e i rispettivi figli è unicamente l’odio, un odio così spesso e pesante che sembra di poterlo toccare, un odio che si esprime attraverso sguardi, ammiccamenti, bisbigli – ed esplode non di rado in violente scenate. Ma l’odio suscita anche desideri di vendetta, e nella casa delle sorelle Lacroix ogni gesto ha il sapore della vendetta: un tentativo di avvelenamento non meno che un suicidio, perfino il lasciarsi morire di inedia di una giovane donna che a molti pare una specie di santa. Una volta penetrato in questa atmosfera intossicata da rancori e sospetti, il lettore vi rimarrà invischiato, e non potrà che andare avanti, tra fascinazione e orrore.
Stalingrado
Vasilij Grossman
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2022
pagine: 883
Quando Pëtr Vavilov, un giorno del 1942, vede la giovane postina attraversare la strada con un foglio in mano, puntando dritto verso casa sua, sente una stretta al cuore. Sa che l’esercito sta richiamando i riservisti. Il 29 aprile, a Salisburgo, nel loro ennesimo incontro Hitler e Mussolini lo hanno stabilito: il colpo da infliggere alla Russia dev’essere "immane, tremendo e definitivo». Vavilov guarda già con rimpianto alla sua isba e alla sua vita, pur durissima, e con angoscia al distacco dalla moglie e dai figli: «...sentì, non con la mente né col pensiero, ma con gli occhi, la pelle e le ossa, tutta la forza malvagia di un gorgo crudele cui nulla importava di lui, di ciò che amava e voleva. Provò l’orrore che deve provare un pezzo di legno quando di colpo capisce che non sta scivolando lungo rive più o meno alte e frondose per sua volontà, ma perché spinto dalla forza impetuosa e inarginabile dell’acqua». È il fiume della Storia, che sta per esondare e che travolgerà tutto e tutti: lui, Vavilov, la sua famiglia, e la famiglia degli Šapošnikov – raccolta in un appartamento a Stalingrado per quella che potrebbe essere la loro «ultima riunione» –, e gli altri indimenticabili personaggi di questo romanzo sconfinato, dove si respira l’aria delle grandi epopee... E se Grossman è stato definito «il Tolstoj dell’Unione Sovietica», ora possiamo finalmente aggiungere che Stalingrado, insieme a Vita e destino, è il suo Guerra e pace.
Ricordi di un entomologo. Volume Vol. 4
Jean-Henri Fabre
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 747
«Fabre era un uomo straordinario, non meno straordinario di un esploratore della sterminata Amazzonia, o di chi si fosse avventurato in quella che al tempo si chiamava Africa Nera. Era l'esploratore di un mondo lillipuziano, quel vasto mondo che calpestiamo con le nostre scarpe e che così raramente ci degniamo di osservare» (Gerald Durrell)
Microgrammi
Robert Walser
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 233
Quando morì, dopo oltre vent'anni trascorsi nella clinica psichiatrica di Herisau, Robert Walser lasciò dietro di sé una vecchia scatola da scarpe: conteneva lettere, cartoline, foglietti di ogni genere, buste e ricevute di pagamento, sui quali aveva tracciato minuti colpi di lapis. Che cosa si nascondeva dietro quella micrografia all'apparenza impenetrabile, ultimo mistero trasmessoci dal «più solitario fra tutti i poeti solitari», come lo definì Sebald? Pazientemente decifrati e qui presentati per la prima volta in italiano, i Microgrammi racchiudono un universo letterario anarchico e ingannevole, in cui prosa e versi, scarabocchio e fiaba si confondono, e ogni parola, ogni frase, ogni racconto, si mescola alla chiacchiera. Eppure, chi vedesse questi minuscoli geroglifici come lo sbocco della sua follia capirebbe molto poco di Walser. La follia, semmai, è quello che precede tutta la sua opera, e che essa deve celare. «Mi aleggia sulle labbra qualcosa che in genere non si dovrebbe mai permettere alle labbra di pronunciare, sicché riconosco di appartenere al vastissimo gruppo di quei chiacchieroni che, oralmente o per iscritto, assicurano di essere discreti» scrive in queste pagine – e si ha l'impressione che se smettesse di chiacchierare per lui sarebbe la paralisi. Quelle chiacchiere hanno una funzione protettiva. I suoi personaggi escono dalla notte, «là dove essa è più nera, una notte veneziana» ha osservato una volta Walter Benjamin – e in quella notte devono ritornare, come il Minotauro al centro del labirinto.
Natura morta con briglia. Il secolo d’oro olandese
Zbigniew Herbert
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 190
Come ha osservato una volta Brodskij, i versi di Zbigniew Herbert, con la loro geometrica nitidezza e glaciale lucidità, hanno il potere di lasciare un’impronta fisica nella «materia cerebrale» di chi legge. Altrettanto si può dire di queste prose, che fanno rivivere sotto i nostri occhi il «secolo d’oro» olandese, con la qualità iperreale e allucinatoria di certe decalcomanie. Lente d’osservazione privilegiata è la pittura, una pittura che sprigiona nell’immediatezza di un dettaglio – un ciuffo di salici, una goccia d’acqua, un mulino solitario, la forma di una nuvola, i canali e le rosse città – «l’immensità del mondo e il cuore delle cose». Ma Herbert non ci immerge solo nei mirabili paesaggi di Jan van Goyen, nel «chiarore plumbeo» che precede i suoi temporali, o nella «pigra luminescenza dorata» dei suoi pomeriggi estivi, ci conduce anche nelle botteghe degli artisti, nei salotti di «rappresentanti molto conservatori delle virtù calviniste», al centro della vita di questa «nazione frugale, sobria, industriosa». Sfogliando talora recondite pagine di storia – da quelle drammatiche della ‘tulipanomania’ a quelle velate di mistero che dischiude l’unico quadro sopravvissuto di Torrentius, oscuro pittore perseguitato per eresia –, Herbert mescola narrazione, diario di viaggio e riflessione, senza mai spogliarsi del suo sguardo poetico, giungendo così a rivelarci il volto più segreto del Seicento olandese.
Un problema musicale. Lettere 1960-1979
Oliver Sacks
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 574
«Le parole sono il mezzo espressivo nel quale devo tradurre la realtà. Io vivo di parole, immagini, metafore, sillabe, rime. È più forte di me» scrive il giovane Oliver Sacks in una lettera che lascia presagire, oltre alla nascita imminente dello scrittore, una divorante passione epistolare che coltiverà per tutta la vita, riversandola su familiari, amici, amanti, colleghi, poeti e scienziati come Auden e Lurija – i suoi «buoni padri» – e comuni lettori. Un «immane diluvio di parole», attraverso il quale oggi ci è dato ripercorrere l’esistenza di Sacks e osservarne da una prospettiva inedita le «tortuosità emotive», l’oscillare fra depressione paralizzante e creatività maniacale, gli entusiasmi, le inquietudini e la battaglia contro il mondo della medicina che tendeva a osteggiarlo. Quasi in tempo reale assistiamo, negli anni di Risvegli, al radicarsi in lui della convinzione che non ci sia approccio clinico valido senza «comprensione empatica e compassionevole» del paziente. E che ogni malattia sia in fondo, come diceva Novalis, «un problema musicale», così come ogni cura è «una soluzione musicale». Ma, soprattutto, queste lettere – che per Sacks sono a un tempo estensione della pratica medica, pagine di diario e strumento di autoanalisi – celano un giacimento inestimabile di umanità e di acume, di insaziabile curiosità e stupore infantile, con il quale questo singolare, debordante «astronomo del mondo interiore» torna ancora una volta a incantarci.
A proposito di Casanova
Miklós Szentkuthy
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 249
Miklós Szentkuthy, saggista, memorialista, romanziere – paragonato a Borges per l’erudizione e a Joyce (ne aveva tradotto l’Ulisse) per l’inventiva linguistica –, ha lasciato un’opera labirintica e proteiforme, ancora oggi completamente sconosciuta. Il centro di questo labirinto è un ciclo di dieci volumi, inclassificabili per forma e contenuto, che l’autore ha voluto raccogliere sotto l'etichetta paradossale e sottilmente blasfema di Breviario di sant’Orfeo. Quello che qui presentiamo, "A proposito di Casanova", è il primo pannello, dove le memorie del celebre avventuriero settecentesco servono da spunto e contrappunto per parlare di tutto, perché l’unico vero lusso, secondo Szentkuthy, è tutto ciò che esiste. Da Venezia alla musica di Mozart, dagli exploit erotici al gioco d’azzardo e alle tentazioni religiose, da uno squarcio sulla Susanna e i vecchioni di Tintoretto a uno stupefacente excursus sulla storia di Abelardo e Eloisa, ogni cosa, sfiorata dallo sguardo superstizioso e infantile di Szentkuthy, assume nuove sembianze, in un perenne gioco di metamorfosi. Una sorta di catalogo segreto, dove fatti metafisici, mezze verità o deliri razionali convergono nella pagina, rivelando l'intento di cogliere «le pieghe nascoste della realtà» e uno scrittore che non teme confronti e non ha paragoni. Vertiginoso e sfuggente, proprio come Casanova.

