Bollati Boringhieri: Nuova cultura. Introduzioni
Quanto siamo ripetitivi!
Remo Bassetti
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2023
pagine: 208
Fra i caratteri distintivi dell'umanità vi è la tendenza a evitare la ripetizione, privilegiando l'innovazione creativa e ciò che è differente. A uno sguardo più attento, però, fenomeni e comportamenti ricorsivi risultano prepotentemente insediati nei fondamenti delle nostre vite, e non solo perché rimaniamo incatenati ai vincoli della natura. Come le stagioni e le strutture organiche nell'evoluzione, si ripetono anche i cicli storici e quelli economici, i miti e i riti, le rime in poesia, i meme su Internet e le calunnie in politica. Su concetti e comportamenti reiterati si basano l'apprendimento e la persuasione, ma anche la coazione a ripetere e altre manifestazioni disfunzionali. Con brillante sagacia, Remo Bassetti affronta un concetto finora trascurato, scandagliandolo nei vari campi del sapere, fra antropologia, letteratura e cinema, per dipingere un affresco curioso di grande ispirazione. Da Kierkegaard al machine learning, dai barattoli di Warhol ai serial killer, dai déjà vu fino alla routine, questo libro offre un'analisi profonda della variegata fenomenologia della ripetizione nel mondo moderno, sia nelle forme minacciose e patologiche sia in quelle che invece assicurano conforto, godimento e, persino, libertà.
Lettere d'amore
Albert Einstein, Mileva Marić
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2020
pagine: 176
Albert Einstein conosce Mileva Maric nel 1896, al Politecnico di Zurigo, dove entrambi studiano fisica. È l'inizio di un sodalizio umano e intellettuale tra due giovani aspiranti scienziati che presto sfocia in un'appassionata relazione e, nel 1903, nel matrimonio. Alla compagna di studi «forte e indipendente» il giovane scienziato confida sogni, progetti, speranze e disillusioni; sono le tappe, spesso sofferte, di una maturazione emotiva e intellettuale che lo porterà alle grandi scoperte del 1905, vere «rivoluzioni concettuali» del nostro secolo. Mileva, lungi dall'essere quella pallida ombra tramandataci dalle biografie di Einstein, non è certo estranea alla straordinaria progressione creativa del compagno, con il quale condivide molti interessi scientifici, aiutandolo come lui stesso ammise a risolvere i suoi «problemi matematici». Dalle lettere — che coprono l'arco di tempo che va dal 1897 al 1903, poco dopo il loro matrimonio — emergono anche i conflitti con gli altri scienziati, le costanti preoccupazioni per la ricerca di un posto di lavoro e le difficoltà incontrate dalla coppia che culmineranno con la nascita della figlia illegittima Lieserl e indeboliranno progressivamente il legame tra i due. Una testimonianza fondamentale che documenta un'intesa intellettuale e umana e che rivela un Albert Einstein sconosciuto al grande pubblico, per una volta ottimista, fiducioso nella vita, colto nel pieno degli anni giovanili, poco prima di diventare il genio iconico e il patriarca della fisica del XX secolo.
Einstein forever
Gabriella Greison
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2020
pagine: 208
La sua immagine è dappertutto. Su tazze, magliette, sui muri delle città, su spille e borse; e le sue frasi e i suoi aforismi sulla scienza e sulla vita sono citati ogni giorno. Albert Einstein è il vero scienziato iconico del secolo scorso; il suo nome — anche per chi fatichi a masticare le teorie fisiche — è sinonimo di genio eccentrico (famoso l'aneddoto che vuole il suo guardaroba pieno di completi identici così da non perdere tempo al mattino a pensare come vestirsi); saggezza bonaria; ma anche risolutezza (si pensi a quando scrisse al presidente Roosevelt invitandolo a dare il via a quello che sarebbe stato il programma nucleare americano che portò alla prima bomba atomica). II suo aspetto in apparenza trasandato ha ispirato decine di trasposizioni cinematografiche con al centro uno scienziato bizzarro (basti pensare al mitico Doc di Ritorno al futuro, il cui cane non a caso si chiama Einstein!). Con la sola forza della sua mente e delle sue idee Einstein ha rivoluzionato il modo in cui concepiamo e interpretiamo il mondo e l'universo, e se basta una sola formula dal potenziale dirompente — E= mc² — per decretarne l'immensa eredità intellettuale, l'immagine che oggi percepiamo supera quella del semplice scienziato. Einstein è diventato una vera e propria icona pop, sinonimo di genialità assoluta, visionarietà, fonte di ispirazione e modello per milioni di persone. Un simbolo. È proprio da qui che prende le mosse «Einstein Forever», il racconto di come un «semplice» fisico abbia cambiato il mondo e sia diventato un genio iconico e un personaggio universalmente riconosciuto. Gabriella Greison ci fa rivivere gli anni americani di Einstein, la sua vita e i suoi pensieri, ripercorrendo le tappe segue sull'altro risvolto che lo hanno portato a stravolgere letteralmente la nostra concezione del mondo e dell'universo. A seguito di ricerche, interviste, incontri sul campo in America, e dopo la consultazione di materiale d'archivio nei centri di ricerca di tutto il mondo, Greison ci restituisce un Einstein quanto mai umano, immerso nel suo tempo, un sognatore instancabile preoccupato del destino dell'uomo e un divulgatore capace di incantare con le sue storie. «Einstein Forever» è una spudorata dichiarazione d'amore nei confronti di un uomo fuori dall'ordinario che ha insegnato — e continua a insegnare — a tutti noi a superare i limiti dell'immaginazione e del pensiero.
Ancora dodici chilometri. Migranti in fuga sulla rotta alpina
Maurizio Pagliassotti
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2019
pagine: 218
I giornali la chiamano «la rotta alpina», anche se ne parlano solo in occasione di qualche fatto straordinario: il ritrovamento di un cadavere, la dichiarazione di un politico, lo sconfinamento accidentale di una pattuglia francese. Sono i dodici chilometri che separano Claviere, l'ultimo paese italiano prima del confine, dalla cittadina francese di Briançon, attraverso il passo del Monginevro. Da quei dodici chilometri passa un'intera umanità che cerca la salvezza come i polmoni cercano l'aria. È un'umanità che non si può fermare, che non conosce ostacoli, infinitamente più forte e motivata di noi. Il loro percorso è iniziato mesi prima, a molte migliaia di chilometri di distanza. Dal ventre dell'Africa, masse di uomini e donne in fuga da guerra e fame, senza nulla da perdere, hanno affrontato la savana, hanno attraversato il Sahara, sono stati rinchiusi e torturati nei campi di internamento libici, sono saliti su barconi a malapena in grado di stare a galla e sono poi stati trattenuti in centri di raccolta italiani. Poi, alla spicciolata, sono arrivati fin quassù, a Claviere, in fuga anche da un'Italia che non li vuole e in cerca di un nuovo inizio, proprio come fecero, su quegli stessi dodici chilometri, i nostri emigrati del dopoguerra. In questo libro, Maurizio Pagliassotti ci racconta senza pudore quei sentieri alpini dopo averli setacciati per anni, per il suo mestiere di cronista e per spirito di cittadinanza. Attorno a quel percorso si mettono in mostra la condizione umana, le piccolezze, le miserie, le violenze, e insieme i grandi gesti d'amore e di giustizia. Ciò che resta, su quella striscia di confine e nei lettori di questo libro così lancinante perché vero, sono le ipocrisie dei mille discorsi d'occasione, le contraddizioni delle politiche sulla migrazione e l'evidenza, spietata, di uno snodo storico epocale. Prefazione di Andrea Bajani.
Il colore dell'inferno. La pena tra vendetta e giustizia
Umberto Curi
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2019
pagine: 222
«Dove mai avrà termine, dove mai placata cesserà la furia di Ate?» L’interrogativo angoscioso di Eschilo non smette di risuonare dopo migliaia di anni. Abbiamo forse dimenticato il nome della funesta divinità greca che prima induceva gli uomini in errore e poi ne esigeva inclemente la punizione, ma della sua vendicatività rimane un’impronta nell’idea di giustizia a cui è ispirata l’attuale civiltà giuridica. La rassicurante contrapposizione tra vendetta e barbarie da un lato – la violenza sommaria del «sangue chiama sangue» – e giustizia e civiltà dall’altro tradisce infatti una infondatezza che sgomenta. Scrutando nel cono d’ombra dell’azione penale con lo sguardo penetrante di chi coglie ambivalenze e fratture nella presunta rotondità dei concetti, Umberto Curi vi rintraccia l’aspetto arcaico e irrisolto che tinge ancora il dispositivo della pena del «colore dell’inferno», secondo l’espressione di Simone Weil. Lungo il tragitto a lui familiare, che dalla grecità dei filosofi e dei tragici arriva a Nietzsche e al pensiero contemporaneo, Curi testa la resistenza, e la fragilità, del principio di giusta «retribuzione» del reato attraverso un castigo adeguato. L’equità che intende garantire era invocata anche dall’ingiunzione biblica «frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente» e dalla legge del taglione fissata dalle XII Tavole romane, ossia dai meccanismi che prevedevano la reciprocità del danno. Infliggere sofferenza al colpevole, sia per ristabilire l’ordine cosmico infranto sia, più modernamente, a scopo rieducativo o preventivo, oscilla tra una concezione sacrale della pena come espiazione e una visione compensativa che rimanda all’antica relazione tra debitore e creditore. Impostazioni che, tuttavia, sortiscono l’effetto-paradosso di assolvere la colpa, una volta estinto il debito con la pena, senza alleviare il dolore della vittima. Proprio alla fuoriuscita dalla logica del paradigma retributivo e di quello pedagogico lavora oggi la giustizia riparativa, che mette invece al centro il rapporto tra offensore e offeso. Perché si possa, infine, sottrarre alla crudele Ate l’insidioso terreno in cui prospera.
Storia e pratica del silenzio
Remo Bassetti
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2019
pagine: 298
Una storia del silenzio probabilmente non si può urlare (non sarebbe coerente), ma si può forse leggere, con quell’attitudine meditativa e piacevolmente ovattata che si trova anche sulla copertina di questo volume. Questo inno alla fuga dai rumori del mondo, nell’immersione senza suoni di una buona lettura, non è tuttavia una pratica così antica, dal momento che almeno fino al Duecento la maggior parte dei libri veniva letta a voce alta. Ma il silenzio non è solo un’attitudine personale verso la quale siamo più o meno portati. Ci sono molte forme di silenzio sociale, parecchie delle quali hanno regole stabilite, e ci sono silenzi carichi di significati, altri che non vogliono dire nulla o sono ambigui e altri ancora le cui conseguenze possono essere molto gravi. È in questo universo dei tanti silenzi che Remo Bassetti ci accompagna, additandoci forme di non-parola e di non-suono che si rivelano ricche di senso come mai avremmo sospettato. Nelle sue pagine, Storia e pratica del silenzio non tralascia nulla, dal silenzio del Big Bang alla biblica «voce di silenzio sottile», dal fecondo campo del silenzio orientale alle diverse attitudini con cui antichi e moderni hanno taciuto. Troveremo però anche i silenzi forzati, come quello della sordità o quello del lettino dello psicoanalista, i molti silenzi d’amore e l’omertà violenta del malvivente, fino a toccare il denso, indicibile silenzio assoluto del Lager. Con questo taciturno bagaglio storico, si affrontano poi la modernità, il silenzio del web, della politica, della stampa, del cinema e dell’arte, per tentare infine un’operazione che probabilmente è unica nel suo genere: la costruzione di una Grammatica del silenzio. Si conclude con l’elaborazione pratica di dieci tesi originali sul buon silenzio, dalle quali ciascuno, posato il libro, potrà trarre conclusioni o iniziare percorsi, ma certamente rivaluterà il reietto mondo privo di onde acustiche, così poco sondato prima d’ora.
La poesia del vivente. Leopardi con noi
Antonio Prete
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2019
pagine: 192
Leopardi ci è familiare, molto più di altri classici del canone letterario. Tuttavia – come a volte accade con gli affetti profondi – non sapremmo dire tutte le ragioni di questa consonanza. Le letture adolescenti, mediate dalla scuola, lasciano in quelle adulte dei sedimenti che alimentano suggestioni, ma creano anche velature: è il caso del pessimismo, il cui manto «doloristico» mette in ombra ambivalenze irriducibili a formule compendiose. Forse perché nessuna categoria critica, per quanto temperata dall’acume di generazioni di esegeti, sfugge a un certo sentore di convenzione se si espone alla parola leopardiana. Antonio Prete l’ha interpellata lungo un’intera esistenza di studioso e di poeta, ed è la sua ininterrotta prossimità ad aiutare la nostra ad articolarsi, a trovare espressione. Sfiorando i testi con rara grazia, Prete ci conduce là dove poesia e pensiero diventano una sola cognizione del mondo, siano i Canti, le Operette morali, lo sconfinato Zibaldone, gli interni d’anima dell’Epistolario. In prosa o in versi, un’identica lingua del sentire, del desiderare e del patire dà voce alla finitudine umana, rinuncia a ogni protezione trascendente e sfida la «spiritualizzazione delle cose» che scorpora la vita da se stessa. Continuano ad aggirarsi tra noi, ancora più temibili di allora, i fantasmi della modernità, che Leopardi teneva a bada con un pensiero poetante capace di prestare ascolto alla «singolarità senziente, rammemorante e fantasticante». Un antropologo del concreto, cantore del vivente, terrestre e cosmologico insieme, ci viene qui incontro, preso per mano da un grande interprete.
Brevi lezioni sul linguaggio
Federico Faloppa
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2019
pagine: 221
Secondo alcune fonti, nel mondo ci sarebbero oltre settemila lingue vive. In Europa le lingue parlate sarebbero quasi trecento, delle quali una trentina solo in Italia. Effettivamente, trenta lingue per l'Italia sembrano davvero tante, e molti infatti le «declasserebbero» quasi tutte a semplici dialetti. La distinzione tra lingua e dialetto è però tutt'altro che scontata, e resta comunque il fatto che la nostra penisola, come il resto del mondo, possiede una varietà linguistica sbalorditiva. Dunque, cos'è una lingua? Da dove viene questa abbondanza? In che cosa, linguisticamente, noi esseri umani siamo così diversi? E in che cosa, soprattutto, siamo simili? Queste sono solo alcune delle domande da cui prende spunto Federico Faloppa in questo libro, un vademecum per addentrarsi nei meandri della comunicazione verbale e dei suoi segreti. Questo libro ha il pregio di introdurre il tema del linguaggio da molteplici punti di vista, per dare a chi lo legge un quadro completo della linguistica contemporanea e della sua irriducibile multidisciplinarietà. Chi oggi studia i fenomeni linguistici, infatti, non può prescindere dagli studi culturali, dalla semantica e dalla storia, ma neppure dall'anatomia, dall'evoluzionismo e dalle scienze cognitive. Questa ricchezza si specchia negli interrogativi che percorrono il libro: nasciamo già predisposti al linguaggio o lo apprendiamo per via culturale? Che relazione c'è tra un suono e il suo significato? Quale meccanismo usiamo per produrre suoni e che cosa succede quando il meccanismo si inceppa? Quanto si aiutano gli esseri umani comunicando a gesti, intonazioni, occhiate? Quante lingue sono in via di estinzione? Stiamo davvero riducendo la «biodiversità» linguistica umana? La lingua descrive il mondo o lo crea? Sono tutti temi che incuriosiscono molto, perché parlano di qualcosa che ci tocca nel profondo. La lingua è una componente fondamentale della nostra vita, l'uso che ne facciamo parla della nostra personalità e del nostro modo di relazionarci agli altri, e sono poche le cose tanto intime per un essere umano come la propria storia e competenza linguistica.
L'anima. Sette lettere a un'amica
François Cheng
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2018
pagine: 144
Dalla primavera all'autunno: nella magnificenza delle stagioni più rigogliose Francois Cheng scrive queste sette lettere che mettono in risonanza paesaggi del presente, tradizioni di pensiero orientali e occidentali, ricordi di una giovinezza in Cina, affetti ritrovati. La destinataria è un'amica ricomparsa a distanza di decenni, un'artista che gli confessa di essersi accorta tardi di possedere un'anima, invitandolo a parlarne insieme. Dapprima esitante di fronte alla parola desueta «anima», Cheng risponde all'appello con la stessa grazia con cui in passato si è sporto su altri concetti abissali, come la bellezza e la morte. La «temerarietà» di accostarsi, oggi, a un simile argomento, si rivela una benedizione, per lui, per la sua interlocutrice e per i lettori, perché lascia riaffiorare in ciascuno qualcosa che sembrava perduto da tempo, il «sentimento intimo di un'autentica unicità e di una possibile unità». Agli occhi di Cheng, ancora pieni di meraviglia dopo una lunga esistenza, null'altro è l'anima se non il «segno indelebile» di quell'unicità incarnata, che sfugge al rigido dualismo corpo-mente e partecipa dell'universo vivente. Nel suo procedere a lieve arabesco, la scrittura indugia su taoismo e patristica, buddhismo e Simone Weil, ma si concede anche gli abbandoni della memoria: tutto - dottrine, filosofie e sprazzi di storia personale - converge verso l'anima, inesauribile aspirazione alla vita.
Darwin, Napoleone e il samaritano. Una filosofia della storia
Michel Serres
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2017
pagine: 203
Pochissimi azzardano oggi una filosofia della storia. Il garbuglio e l'incertezza dei tempi scoraggiano l'impresa. Per esserne all'altezza occorre una capacità di visione che si spinga molto indietro nel passato, guardi al presente con appassionato realismo e abbia così a cuore il futuro da reclutare senza esitazione l'utopia. Tra i rari intrepidi, il più crepitante è Michel Serres. Ce lo dovevamo aspettare da chi ha attraversato il pensiero di mezzo secolo con la sublime impertinenza dello scompigliatore, sempre intento a spargere il contenuto dei panieri che i concetti astratti etichettano e tengono sigillati. Qui a saltare sono addirittura i sigilli - cronologici, disciplinari, interpretativi - dell'intera vicenda del mondo, il cui Grande Racconto, nella suggestiva narrazione di Serres, dilata la scrittura da invenzione esclusivamente umana a codifica universale comune a rocce, piante e animali, retrodatando gli inizi di tutto e insieme istituendo una continuità tra il primordiale e il digitale. Nella fantasmagoria dei paesaggi macroscopici o invisibili che per millenni si sono generati e offerti alla decifrazione, corrono tre età della storia scandite da altrettante figure emblematiche. Dal regno naturale sotto il segno di Darwin, all'interminabile dominio della violenza mortifera simbolizzato da Napoleone, all'epoca attuale, la più pacifica dall'alba dell'umanità, dove la vita riprende il sopravvento all'insegna empatica del samaritano: ecco la traiettoria che Serres fa culminare nella nostra «età dolce», l'età del dolore alleviato, della negoziazione e del virtuale, che si è lasciata alle spalle l'«età dura» della tanatocrazia insanguinata. Un netto cambio di focale, quello di Serres, se confrontato al dilagante, cupo giudizio sul presente e ai catastrofismi di maniera. Statistiche alla mano, adesso gli uomini, «portatori sani di aggressività», si comportano in modo meno violento rispetto ai loro predecessori, tanto che la sentenza filosofico-politica Homo homini lupus va rovesciata in senso etologico - accudente e solidale come un lupo. Spesso non ce ne accorgiamo, ma il possibile acquista già vigore, perché «il dolce dura più e meglio del duro».
Storia del dove. Alla ricerca dei confini del mondo
Tommaso Maccacaro, Claudio M. Tartari
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2017
pagine: 147
Da quando l’uomo ha iniziato a misurare lo spazio intorno a sé non ha mai finito di stupirsi. Una domanda apparentemente banale come «dove siamo?» non ha mai avuto una risposta semplice né definitiva. Nella storia, ogni volta che abbiamo provato a fare il punto è successo qualcosa che ha rimesso tutto inesorabilmente in discussione. Lo spazio si allarga, il «dove» diventa sempre più grande, e non solo per effetto del Big Bang e dell’espansione dell’Universo: è proprio la nostra percezione dello spazio che si è fatta col tempo più grande e complessa, rendendo noi uomini sempre più piccoli, immersi in un «dove» che oggi è diventato immenso. In poche pagine, dense e scorrevoli, Maccacaro e Tartari ci conducono per mano, dal vaghissimo spazio appena percepito di una vallata, come doveva essere quello di Homo erectus, ai miti cosmogonici più arcaici, ai primissimi sistemi rappresentativi del mondo. Scopriamo che i grandi imperi dell’Età del Bronzo avevano già mappe concettuali raffinate e che le stelle del cielo già indicavano il cammino. Spazio celeste e spazio terrestre si sono intersecati, e nell’antichità classica lo spazio ha visto il suo primo, deciso aumento di dimensioni. Nel Medioevo si perfezionano gli strumenti di calcolo per la navigazione, fino a quando la scoperta di un intero continente rivoluziona radicalmente il nostro «dove» e le esplorazioni successive riempiono rapidamente di nomi le terre incognite delle vecchie pergamene. Con l’età moderna le lenti di vetro ingigantiscono il cielo, si scoprono nuovi pianeti e in breve tempo certe stelle diventano galassie intere, certe teorie deformano letteralmente il mondo e il «dove» si fa elastico, connesso al tempo, immenso e mutevole.
Crisi e fine dell'Europa?
Étienne Balibar
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2016
pagine: 323
"La crisi consiste nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati". Secondo Etienne Balibar, l'immagine drammatica dell'interregno evocata da Antonio Gramsci nel celebre passo si presta bene a raffigurare il presente di un'Europa che sta sopravvivendo alla propria agonia, invischiata in una logica di disfacimento dagli esiti impredicibili. Perché, nel contesto attuale irreversibilmente globalizzato, la fine parrebbe già avvenuta. La costruzione politica europea si è inceppata sulle sue contraddizioni irrisolte: sul dogma neoliberista della cosiddetta concorrenza non falsata, che ha esaltato l'antagonismo permanente degli interessi e ha rinsaldato le posizioni dominanti, con enormi costi sociali; sulla divisione dei poteri tra istituti comunitari e Stati membri, che ha consentito a ciascuna parte di invocare la propria irresponsabilità e ha scatenato al tempo stesso reazioni nazionalistiche; sulla questione delle frontiere esterne, già rese fluide dalla compresenza di organismi e aree che includono alcuni Stati e non altri dallo spazio Schengen all'eurozona -, e adesso diventate il luogo dell'impossibile demarcazione tra Nord e Sud, dove si decidono le sorti di masse crescenti di migranti, "esseri umani senza Stato" che reclamano il loro "diritto ad avere dei diritti".