Libri di Giovanni Claudio Pasquini
Don Chisciotte in corte della duchessa. Ediz. italiana e spagnola
Giovanni Claudio Pasquini
Libro: Libro in brossura
editore: Società Editrice Fiorentina
anno edizione: 2019
pagine: XXII-314
Giunto nella Vienna di Carlo VI dopo una rocambolesca fuga da Roma e dagli strali del cardinal Coscia grazie all’aiuto di una cordata di altrettanti porporati, Giovanni Claudio Pasquini pare essere affidato al magistero dell’allora poeta cesareo Apostolo Zeno per un apprendistato quanto mai necessario all’incarico presso l’imperiale Hofkapelle. Tra i due l’incompatibilità di carattere non tarda a emergere; anzi le fasi redazionali del «Don Chisciotte in corte della duchessa», inscritte tra la fine del 1726 e l’inizio del 1727 in vista della recita per il carnevale di quell’anno, sono credibilmente le stesse che segnano e semmai alimentano l’insanabile contrasto fra la sussiegosa «noblesse» del letterato veneziano e la schietta intemperanza del senese, il quale mal tollerando la seppur dissimulata acribia censoria del supervisore, sembra perseguire la via dell’emancipazione artistica, raggiunta – si dice – al prezzo di «una ingratitudine che mise scandalo». Di questo contrastato rapporto, la rapida «consecutio temporum» entro cui l’opera nel suo complesso prende forma intorno al libretto in divenire, lascia tracce filologicamente neanche troppo impercettibili, che testificano delle revisioni zeniane a cui il testo era stato sottoposto in più d’un’occasione. Nei quasi tre anni che intercorrono fra la stesura del plot e il volontario congedo dello Zeno, che rientra a Venezia nel tardo novembre del 1729, i rapporti con il senese paiono irrimediabilmente compromessi e probabilmente lo sono; indirettamente, però, proprio nel “campo franco” della materia chisciottesca, l’«errantico» cavaliere pasquiniano, forse per quelle vestigia zeniane entro al testo, complici il destino e Gasparo Gozzi, con un colpo gobbo ben assestato, si aggiudica a distanza di anni la beffa finale: erroneamente attribuito all’aulico Zeno, si infiltra nella peraltro avversata «princeps» antologica dei suoi testi teatrali, assieme ai quali nel 1744 giunge nuovamente a stampa per i tipi dell’editore Pasquali.
Sancio Panza governatore dell'isola Barattaria. Testo spagnolo a fronte
Giovanni Claudio Pasquini
Libro: Libro in brossura
editore: Società Editrice Fiorentina
anno edizione: 2017
pagine: XXXIII-280
Bastano pochi anni di servizio presso la Curia pontificia per compromettere, evidentemente senza rimedio, i rapporti fra Giovanni Claudio Pasquini e il cardinale Nicolò Coscia. Si può senz'altro asserire che l'imprudente genuina schiettezza - per non dire irriverenza - con cui è acuito nel giovane abate, senese di nascita, il già verace e diretto temperamento delle genti toscane, abbia offerto, inattesa e quanto mai necessaria, la decisiva occasione di lasciare Roma. Inizia così l'avventura extra Alpes, dapprima alla corte imperiale, in seguito presso quelle elettorali tedesche di Mannheim e di Dresda. Nella Vienna di Carlo VI entra in contatto con gli allora poeti di corte Apostolo Zeno e Pietro Pariati, quindi con Pietro Metastasio, il poeta cesareo per antonomasia. Dotato di talento comico, ma anche di spirito satirico - talvolta, suo malgrado, ancora da contemperare -, l'incontro del librettista con il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes prosegue il fortunato ciclo teatrale avviato con Zeno e Pariati (Don Chisciotte in Sierra Morena del 1719) per dilettare un entourage di palazzo connotato da una forte presenza spagnola, giunta da Barcellona nella capitale dell'impero, al seguito dell'Asburgo. In una tale contingenza, la commedia per musica Sancio Panza governatore dell'isola Barattarla, rappresentata per il Carnevale del 1733 con la musica di Antonio Caldara, va a costituire il secondo cimento chisciottesco del drammaturgo toscano, preceduto dal Don Chisciotte in corte della duchessa, la cui messinscena risale al Carnevale del 1727. Pasquini compendia entro il tessuto già ben predisposto del romanzo cervantino quella dimensione temporale e mentale che il teatro condivide con il tempo di Carnevale; dimensione abilitata per consuetudine e per convenzione cerimoniale ad accogliere la commistione cetuale, ovvero quel momento in cui anche il volgo, con la caduta delle partizioni censuarie, poteva per ischerzo essere ammesso e coinvolto negli aristocratici maneggi di palazzo. Con il sottotitolo di «commedia per musica» il Sancio dichiara un duplice vincolo di appartenenza: se in qualità di libretto, per struttura e composizione richiama a tutta una tradizione che origina dalla napoletana "Commeddeja pe' Mmuseca", è invece nel canone toscano, senese in ispecie, che rinviene l'eredità di moduli stilistici, oltre che linguistici, espressivi e idiomatici, mediante cui nasce spontaneo il fitto dialogo con la compagine eroicomica dei poemi o con il locale paradigma comico-teatrale della triade toscana, composta dal fiorentino Fagiuoli e dai conterranei di Pasquini, Gigli e Nelli.