Ci sono molti modi per commettere un omicidio. Il più tradizionale - quello classico, potremmo dire - è il colpo di pistola. Una pallottola nel cuore, se non si sbaglia la mira, ed è tutto finito. Più complicato è se invece che in quell'organo o in qualche altra parte vitale il proiettile finisce altrove, ma questo non è un nostro problema. Poi ci sono altri metodi, alcuni più brutali, altri più "puliti", quasi che il colpevole volesse agire con una certa discrezione nei confronti della sua vittima. Insomma, di modi per commettere un delitto ce ne sono in abbondanza, ma gli scrittori di gialli, soprattutto quelli dell'età d'oro, anche su questo tema non erano di palato facile. Se gli omicidi dovevano essere ingegnosi, secondo un'abitudine consolidata di quegli anni (camere chiuse, delitti impossibili, ecc.), anche i mezzi dovevano essere non tradizionali. Ed ecco allora il fiorire di misteriosi veleni, di pugnali, di punteruoli da ghiaccio, di attrezzi di fortuna (si sa, la necessità aguzza l'ingegno). E i luoghi? I più impensati, naturalmente. Perfino un ascensore.
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Veleni, pugnali e altre amenità
| Titolo | Veleni, pugnali e altre amenità |
| Traduttori | G. Viganò, H. Brinis, L. Calise |
| Argomento | Narrativa Gialli, thriller, horror |
| Collana | I bassotti, 157 |
| Editore | Polillo |
| Formato |
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| Pagine | 294 |
| Pubblicazione | 12/2014 |
| ISBN | 9788881544752 |
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