ABE: Anarchici senzatempo
L'ultima rivolta del principato Ultra: i sobillatori di Prata, Petruro e Pietrastornina 1861
Arturo Bascetta
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2023
pagine: 160
Questo volume tratta delle rivolte del 1861 di alcuni paesi dell'ex provincia di Principato Ultra Benevento, sobillati contro l'unità d'Italia, già avvenuta. Veniamo a conoscenza che dopo alcune turbolenze in Altavilla, S. Angelo a Scala e Pietrastornina, anche Prata, Torrioni, Tufo e Petruro, contribuirono alle vicende storiche che portarono allo scontento generale delle popolazioni che non volevano l'assoggettamento a un regno diverso. È un testo allargato alle vicende avvenute in quei comuni di confine che si snodano lungo il Sabato, fra Avellino e Benevento, per meglio dimostrare che la «reazione sopra e sotto la Montagna di Montefusco» fu l'ultimo atto di ribellione filoborbonica, a tratti repubblicano, quindi politico, e non una semplice sommossa, sebbene non portò ad alcun risultato rivoluzionario. Il valore storico della ricerca, per la maggiore su atti e documenti d'archivio di prima mano, accresce con la descrizione dei fatti relativi alle prime bande di briganti, attraverso cui si diede inizio il tam-tam partito dalla Montagna del Monte Vergine. I riscatti rappresentavano il recupero del danaro per pagare gli sbandati riuniti dai sobillatori sulla frontale Montagna di Montefusco e fomentare i paesi posti più in alto, Torrioni, Petruro e Tufo, in modo da fare una grande rivolta, in attesa della fantomatica armata borbonica del Generale Bosco. Da Prata, infatti, cuore del Principato Ultra, sarebbe ripartita la riconquista del Regno perduto. Il Generale, si sa, non arrivò mai, ma Don Zampetti di Montefusco, fomentato dall'ex prefetto Mirabelli di Avellino, vera mente di tutte le reazioni, non poté più tornare indietro. Egli aveva già aizzato San Giorgio e fatto arruolare altri volontari dei paesi della Montagna, proprio durante la festa di Prata, luogo della scintilla, che terminerà di bruciare con l'eccidio di Montemiletto. Dal 7 al 9 luglio 1861, intanto, la cospirazione prese vita a Tufo e sfociò nella ribellione di Torrioni, così come la descrive minuziosamente il sindaco Donnarumma, quando i torrionesi assaltarono anche l'antico Palazzo di Petruro, simbolo dei cavalieri di Malta beneventani, reclutando le armi nella masseria Centrella. Ne seguirono momenti cruciali che portarono all'arresto di tutti i sobillatori con un processo lunghissimo, durato anni e anni, i cui atti, vedono per la prima volta la luce in questo testo dopo una minuziosa ricerca storica sui documenti della Gran Corte Criminale, conservati presso gli Archivi di Stato di Avellino, Salerno, Benevento e Napoli. Il sentimento di amor patrio è l'unico motivo che spinge tutti a rispolverare quei giorni.
Logge rivoluzionarie «liberi muratori»e. Il sogno repubblicano di Ascanio Orsi. 1794-1794
Enzo Cioffi
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2023
pagine: 156
L'indipendenza del regno di Napoli conseguita nel 1734 con l'ascesa al trono di Carlo di Borbone inciderà intensamente nelle coscienze della nuova generazione per lasciare tracce importanti in tutto il mondo riformatore che avrebbe messo in moto di lì a poco. L'avvento del nuovo sovrano fu preparato dall'azione intellettuale di un piccolo gruppo di giuristi tra i quali Costantino Grimaldi e Pietro Giannone, che ripresero con i loro scritti la lotta giurisdizionalistica e l'elaborazione di nuovi interessi teorici sulla scia degli uomini di cultura di fine Seicento e l'inizio del secolo XVIII tra i quali Descartes, Spinoza, Machiavelli e Hobbes. A metà secolo appariva con evidenza l'impronta della nuova intellighentsia borghese formatasi attraverso un dialogo continuo tra l'Italia e il mondo culturale europeo sull'interesse agli sviluppi scientifici e filosofici e sulla trasformazione avvenuta in Francia in quel torno di anni, grazie particolarmente al peso della République des Lettres, del nuovo razionalismo come alla cooperazione decisiva delle logge massoniche dovuta al «viaggio» dei liberi muratori e dei loro collegamenti con le reti di corrispondenza e di gestione della cosiddetta «circolazione armoniosa» delle élites. Il contatto degli intellettuali italiani con la nuova cultura europea diffusa dai viaggiatori che visitavano la penisola nel corso del Grand Tour avvenne principalmente attraverso l'importazione e la traduzione di libri e riviste straniere, che svolsero un ruolo centrale nella formazione della nuova mentalità illuministica in un paese rimasto chiaramente indietro rispetto ai progressi delle altre realtà europee. Ma, al tempo stesso, a partire dal 1715, gran parte dei paesi del vecchio mondo iniziarono a porre lo sguardo sull'Italia per ritrovarsi e rispecchiarsi nella sua cultura. L'eco europea di Ludovico Muratori e di Pietro Giannone prima e di Antonio Genovesi, Cesare Beccaria, Carlantonio Pilati, Pietro Verri, Gaetano Filangieri e Gaetano Galiani successivamente, contribuì non poco in questo senso, allargando l'interesse ai problemi politici e storici della penisola; il contributo di questi scrittori illuministi e riformatori aveva prodotto la curiosità dei visitatori sulla civiltà italica e appassionato particolarmente per le loro riflessioni sociali e politico-culturali in un contesto storico caratterizzato dalle dispute tra Chiesa e Stato. In quella stagione, segnata dalla «cultura della mobilità» e profondamente dall'angoscia come dal travaglio spirituale, s'iniziò a dubitare delle vecchie tradizioni e la nazione francese cominciò a mostrarsi come la più predisposta ad accogliere e attuare in prospettiva rivoluzionaria le nuove idee. Ebbero un merito speciale Denis Diderot, Claude-Adrien Helvétius e (principalmente) Jean-Jacques Rousseau, i quali fondarono la loro azione dottrinale anzitutto sul pensiero anticattolico, preparando in questo modo la crisi che portò all'Ottantanove. Influenzati soprattutto dal pensiero di Thomas Hobbes e John Locke, i filosofi (intellettuali) francesi tradussero in sistemi filosofici teorie che gli scrittori inglesi avevano presentato in forma frammentaria ed empirica. La critica della tradizione teologica ed assolutista, confinata in Inghilterra sul terreno degli studi astratti, diventò così, nella febbrile atmosfera della società francese, un formidabile strumento di sconvolgimenti rivoluzionari.
La massoneria di via Posillipo: Lauberg e la società patriottica. 1792-1793
Arturo Bascetta
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2023
pagine: 144
Furono le sette napoletane seguite alla fallita cospirazione del 1794, in cui si erano trasformate le società patriottiche, a sperare nel vano aiuto della flotta francese, ferma nel porto di Napoli. Fallimento dovuto alle spie, dichiaratesi pentite a seguito degli arresti, onde evitare la decapitazione, ma che finirono ugualmente in uno dei 493 processi che si tennero in tutto il Regno, fino al 1798. Vero è che fin dal 1790 si assiste a qualcosa di diverso, insito nel popolo e nei regnanti, che primeggia come una voglia di autonomia. Da una parte il Re, che si stacca definitivamente dal papa, rifiutandosi di continuare l'atto di vassallaggio della chinea; dall'altra il popolo. Ma le paventate congiure giovanili, divenute organizzate con la cacciata dell'ambasciatore republicano dei francesi a fine 1792, divennero il pane quotidiano anche degli intellettuali. Indubbiamente tutto ciò è legato ai venti di rinnovamento che spirano in Europa e che porteranno il Re a lasciare Napoli nel dicembre del 1798, in quella che spesso viene definita come la fuga a Palermo. Ma non è neppure quello l'inizio della breve Repubblica Partenopea in quanto sarà preceduta dal breve ma intenso movimento di Anarchia popolare dei Lazzaroni. Ecco perchè nel decennio della Rivoluzione Napoletana non vi fu una sola rivoluzione per destabilizzare il potere dei sovrani, quanto più atti rivoluzionari che, nel bene o nel male, finiranno con lo stabilizzare tutti. Tolti quindi i primi anni delle società patriottiche influenzate dalla massoneria inglese, si può dire che una vera rivoluzione, fomentata dai francesi fra il 1792 e il 1793, avvenne nel 1794 e si prolungò al 1798 per contrastare arresti e processi. In questi due lustri, fra la prima e la seconda metà degli anni Novanta del 1700, accaddero più cose: l'inizio della fine della feudalità, a cominciare da quella del Papa verso il Re; l'inizio delle congiure organizzate, come questa, filofrancese, del 1794; l'inizio delle rivolte sociali che portano all'Anarchia; l'inizio di una prima Repubblica. Abbiamo quindi scisso le diverse fasi di una stessa epoca, che è poi quella ispiratasi alla Rivoluzione francese, perché essa ha più di un avvio e di una fine: la Riorganizzazione del Regno (1789-1792), la Società Patriottica (1792-1793) di ispirazione massonica scoperta e evolutasi in sette, le Sette Segrete (1793-1794) come l'inizio delle Rivoluzioni Napoletane (1794-1798), l'Anarchia Popolare (1798-1799), la Repubblica Partenopea (1799) che lascerà il testimone di un'epoca alla Restaurazione borbonica del xix Secolo. L'idea di Carlo Flaubert del 1793 è da ascriversi non alla parentesi pre-anarchica vissuta dal Regno di Napoli, ma a quella pre-rivoluzionaria. Con Flaubert, cioè, siamo ancora alla lotta politica e non a quella armata fomentata dai fracesi, che è la continuazione di un esperimento di rinnovamento politico e sociale, iniziato dal Principe di San Severo, chiamato Massoneria. La Loggia di Posillipo, divisa in club, privati e anonimi, non più riconosciuta dallo stato, fu espressione libertaria di giovani politici, matematici e paglietta, durata troppo poco per essere ascritta alla congiura, sua naturale conseguenza. I club politici non ressero nemmeno un anno, per essere identificati come scintilla della Repubblica Partenopea, che ebbe miccia solo dopo l'anarchia popolare che fece fuggire il Re, seguita alla rivoluzione, la risposta armata delle sette segrete di sola ispirazione francese. Esse sono da far rientrare in una sorta di congiura autonoma, dove i rivoluzionari vennero arrestati e processati dallo stato, grazie alle spie borboniche. Ecco perché le sette andrebbero da annoverarsi in una Rivoluzione Napoletana di quegli anni che anticipò l'Anarchia Popolare dei Lazzaroni, quella sì, fomentata dalle navi inglesi, tornate nel porto di Napoli a raccogliere il seme massonico del patriottismo, scippato dai francesi.
Il marchese di Pietrastornina: il 1799 di Francesco Federici
Arturo Bascetta
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2023
pagine: 145
. Il libro esce dopo un'altra pubblicazione su Nicola Mazzola di Durazzano, a cura del preside Virgilio Iandiorio, e si propone di dare vita ad una intera collana tematica sui dodici eroi finiti sul patibolo per aver sposato le idee di Donna Eleonora Pimentel Fonseca. La famiglia Federici ha dato un notevole contributo alla storia d'Italia e autorevoli rappresentanti di questa nobile stirpe furono sicuramente gli altiliesi Vincenzo e Francesco Federici, padre e figlio detti dei Capobianco, processati dalla Gran Corte Criminale speciale di Cosenza con l'accusa di "attentati e cospirazione contro la sicurezza interna dello Stato". Sembrava una omonimia, in realtà Francesco Federici era proprio "antico maresciallo, uomo di genio, che all'elevatezza de' talenti militari aggiungeva le cognizioni politiche, e che morì con la massima presenza di spirito" di cui parla Francesco Lomonaco, come patriota napoletano, nel Rapporto fatto al cittadino Carnot Ministro della Guerra facendolo scoprire di Pietrastornina. Questo militare, infatti, nacque proprio nel piccolo paese del Partenio, in quanto figlio di una Pietrastorninese, o forse a Napoli per essere poi allattato nella casa palazziata che portava il suo nome al rione San Rocco da una nutrice del paese, come era usanza dei nobili napoletani. In ogni caso è evidente che si tratta del Maresciallo Francesco Federici, le cui origini sono ancora discussi dagli storici, ma ch'ebbe sicuramente per titolo quello di Marchese di Pietrastornina e, per madre, una donna del posto: Gelsomina Minucci. Federici restò comunque in qualche modo legato a questo piccolo paese dell'avellinese, allora ricadente (così come Avellino) nella giurisdizione beneventana, in quanto la sede giudiziaria del Principato Ulteriore, essendo la città capitale di Benevento nello Stato della Chiesa, era considerata quella del carcere di Montefusco, castello più prossimo all'enclave.
La cospirazione giovanile di Napoli: Albarelli e il fallimento liberale. 1793-1794
Arturo Bascetta
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2023
pagine: 144
Gli anni che vanno dal 1789 al 1799 vengono identificati come il decennio della Rivoluzione Napoletana che si fa nascere con la Rivoluzione Francese e morire con la Repubblica Partenopea. In realtà la Francia, prima della morte di quel re, non ebbe alcun peso sulla stabilità del Sud, giungendo gli effetti giacobini solo con la nascita della Repubblica. Furono le sette napoletane seguite alla fallita cospirazione del 1794, in cui si erano trasformate le società patriottiche, a sperare nel vano aiuto della flotta francese, ferma nel porto di Napoli. Fallimento dovuto alle spie, dichiaratesi pentite a seguito degli arresti, onde evitare la decapitazione, ma che finirono ugualmente in uno dei 493 processi che si tennero in tutto il Regno, fino al 1798. Vero è che fin dal 1790 si assiste a qualcosa di diverso, insito nel popolo e nei regnanti, che primeggia come una voglia di autonomia. Da una parte il Re, che si stacca definitivamente dal papa, rifiutandosi di continuare l'atto di vassallaggio della chinea; dall'altra il popolo. Ma le paventate congiure giovanili, divenute organizzate con la cacciata dell'ambasciatore republicano dei francesi a fine 1792, divennero il pane quotidiano anche degli intellettuali. Indubbiamente tutto ciò è legato ai venti di rinnovamento che spirano in Europa e che porteranno il Re a lasciare Napoli nel dicembre del 1798, in quella che spesso viene definita come la fuga a Palermo. Ma non è neppure quello l'inizio della breve Repubblica Partenopea in quanto sarà preceduta dal breve ma intenso movimento di Anarchia popolare dei Lazzaroni. Ecco perchè nel decennio della Rivoluzione Napoletana non vi fu una sola rivoluzione per destabilizzare il potere dei sovrani, quanto più atti rivoluzionari che, nel bene o nel male, finiranno con lo stabilizzare tutti. Tolti quindi i primi anni delle società patriottiche influenzate dalla massoneria inglese, si può dire che una vera rivoluzione, fomentata dai francesi fra il 1792 e il 1793, avvenne nel 1794 e si prolungò al 1798 per contrastare arresti e processi. In questi due lustri, fra la prima e la seconda metà degli anni Novanta del 1700, accaddero più cose: l'inizio della fine della feudalità, a cominciare da quella del Papa verso il Re; l'inizio delle congiure organizzate, come questa, filofrancese, del 1794; l'inizio delle rivolte sociali che portano all'Anarchia; l'inizio di una prima Repubblica. Abbiamo quindi scisso le diverse fasi di una stessa epoca, che è poi quella delle rivoluzioni, perché ha più di un inizio e più di una fine: la Riorganizzazione del Regno (1789-1792), la Società Patriottica (1792-1793), le Rivoluzioni Napoletane (1793-1798), l'Anarchia Popolare (1798-1799) e la Repubblica Partenopea (1799) che lascerà il testimone di un'epoca alla Restaurazione borbonica del xix Secolo. L'idea di Carlo Flaubert del 1793 è da ascriversi non alla parentesi pre-anarchica vissuta dal Regno di Napoli, ma a quella pre-rivoluzionaria. Con Flaubert, cioè, siamo ancora alla lotta politica e non a quella armata fomentata dai fracesi, che è la continuazione di un esperimento di rinnovamento politico e sociale, iniziato dal Principe di San Severo, chiamato Massoneria. La Loggia di Posillipo, divisa in club, privati e anonimi, non più riconosciuta dallo stato, fu espressione libertaria di giovani politici, matematici e paglietta, durata troppo poco per essere ascritta alla congiura, sua naturale conseguenza. I club politici non ressero nemmeno un anno, per essere identificati come scintilla della Repubblica Partenopea, che ebbe miccia solo dopo l'anarchia popolare che fece fuggire il Re, seguita alla rivoluzione, la risposta armata delle sette segrete di sola ispirazione francese. Esse sono da far rientrare in una sorta di congiura autonoma, dove i rivoluzionari vennero arrestati e processati dallo stato, grazie alle spie borboniche.

