Il tuo browser non supporta JavaScript!
Vai al contenuto della pagina

Adelphi: L'oceano delle storie

Narcotopia. Indagine sul cartello della droga asiatico che ha sconfitto la CIA

Narcotopia. Indagine sul cartello della droga asiatico che ha sconfitto la CIA

Patrick Winn

Libro: Libro in brossura

editore: Adelphi

anno edizione: 2024

pagine: 503

"Narcotopia" è la storia vera e mai raccontata dei Wa, una tribù birmana di ex cacciatori di teste che gestisce il più potente narco-Stato al mondo. Una nazione a tutti gli effetti, con le sue leggi, le sue strade, le sue scuole e un esercito permanente, la cui economia si fonda sull’eroina e sulla metanfetamina che i Wa – da decenni nel mirino della DEA e della CIA – producono ed esportano in tutto il globo. Ma "Narcotopia" è anche la sconcertante saga di una minoranza indigena che, perseguitata dalla giunta militare birmana, si avvale dell’unico mezzo a sua disposizione – il papavero da oppio – per conquistare ciò che agli oppressi del mondo è spesso negato: la dignità, una patria, un governo autonomo. Numerosi conflitti si intrecciano su questo sfondo: quello tra l’idealista Saw Lu – un Wa di religione battista pronto a sacrificare ogni cosa pur di unificare e modernizzare il suo popolo liberandolo dalla schiavitù dell’oppio – e la sua nemesi, Wei Xuegang, il genio del crimine cui è dovuto il successo del cartello; quello tra la DEA, che combatte il traffico di droga, e la CIA, che invece lo sfrutta cinicamente per conseguire i suoi obiettivi geopolitici; e, ancora, quello tra la Cina e gli Stati Uniti, che occultamente manovrano tutti gli attori in campo, finanziandoli e armandoli per poi sbarazzarsene quando diventano inservibili. È dai tempi del Grande Gioco di Peter Hopkirk che un libro non descriveva con tanta maestria l’intrecciarsi di politiche imperiali e destini individuali nello scacchiere asiatico. Di tale intricatissimo scenario, che la densa Prefazione di Roberto Saviano ci aiuta a dipanare, Patrick Winn ci rivela coraggiosamente ogni dettaglio, regalandoci un reportage ricco di storia, umorismo e avventura.
30,00

Lapidi. La Grande Carestia in Cina

Lapidi. La Grande Carestia in Cina

Jisheng Yang

Libro: Libro in brossura

editore: Adelphi

anno edizione: 2024

pagine: 836

Alla fine di aprile del 1959 uno studente della contea cinese di Xishui viene avvisato delle condizioni disperate in cui versa il padre adottivo: lo raggiunge al più presto e lo trova a letto, «gli occhi incavati e spenti», la mano scheletrica che abbozza a stento un cenno di saluto. Ormai incapace di deglutire anche solo una zuppa di riso, morirà tre giorni dopo. In un primo momento Yang Jisheng non ha esitazioni: si tratta di una tremenda, inevitabile sventura. La cieca obbedienza che gli è stata inculcata non lascia spazio a dubbi o critiche, e non lo sfiora neppure l’idea che il governo e il Grande Balzo in avanti propagandato in quegli anni possano essere la causa della sua perdita. La fedeltà al partito si incrinerà con la Rivoluzione culturale, e nei primi anni Novanta, ormai consapevole dell’amnesia storica cui il potere condanna i cinesi, Yang Jisheng comincerà a indagare, a interrogare documenti, a raccogliere testimonianze. Scoprirà che la carestia di cui il padre è rimasto vittima ha ucciso in Cina, tra il 1958 e il 1962, 36 milioni di persone, ridotte a cibarsi di paglia di riso, guano di airone, topi ed erbe selvatiche – quando non di cadaveri. Un eccidio immane la cui responsabilità va attribuita non già a «tre anni di disastri naturali», bensì alla scelta deliberata di sacrificare ai ceti protagonisti dell’«industrializzazione» in corso la popolazione delle aree agricole, sequestrandone la produzione, le case, gli appezzamenti, il bestiame. Il libro che Yang Jisheng va scrivendo diventerà così qualcosa di ben diverso dalla pur accurata ricostruzione di una carneficina: la spietata, minuziosa, memorabile radiografia della criminale irresponsabilità di un sistema teocratico in cui Mao Zedong è l’incarnazione stessa della verità universale.
38,00

I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento

I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento

Carlo Ginzburg

Libro: Libro in brossura

editore: Adelphi

anno edizione: 2020

pagine: 311

Nel leggere le testimonianze di questi contadini friulani, uomini e donne, vissuti tra '500 e '600, si è afferrati, come lo furono gli inquisitori, dallo stupore che si prova di fronte a qualcosa di assolutamente inaspettato. «Di notte, in casa mia, et poteva essere quattro hore di notte sul primo somno» racconta il benandante Paolo Gasparutto «mi apparse un angelo tutto tutto d'oro, come quelli delli altari, et mi chiamò, et lo spirito andò fuori ... Egli mi chiamò per nome dicendo: “Paulo, ti mandarò un benandante, et ti bisogna andare a combattere per le biade” ... Io gli resposi: “Io andarò et son obediente”». Spinti dal destino perché nati con la camicia – cioè involti nel cencio amniotico – i benandanti combattevano in spirito, tre o quattro volte all'anno, armati di mazze di finocchio, contro gli stregoni armati di canne di sorgo, per assicurare l'abbondanza dei raccolti. Gli inquisitori si convinsero che dietro questi racconti si nascondeva il sabba diabolico: i benandanti non erano nemici di streghe e stregoni, come affermavano, bensì streghe e stregoni essi stessi. Dalle voci di Anna la Rossa, di Olivo Caldo, di Michele Soppe e di tanti altri, pur filtrate dai notai dell'Inquisizione, emerge uno strato profondo di credenze contadine, altrove cancellate. Oggi i benandanti, per tanto tempo dimenticati, viaggiano in spirito per il mondo: dall'Europa, alle Americhe, alla Cina.
24,00

L'ordine degli Assassini. La lotta dei primi Ismailiti nizariti contro il mondo islamico

L'ordine degli Assassini. La lotta dei primi Ismailiti nizariti contro il mondo islamico

Marshall G. S. Hodgson

Libro: Copertina morbida

editore: Adelphi

anno edizione: 2019

pagine: 522

Gli «Assassini» sono noti come una cerchia di fanatici sicari musulmani, responsabili di un numero enorme di delitti efferati e di azioni suicide, che compivano nella convinzione di guadagnarsi così il Paradiso - questo almeno era quanto credevano dopo essersi storditi con l'hashish (donde il loro nome arabo Hasisiyyun, «assassini»). Sin qui la leggenda. Ma la vera storia dei Nizariti (questo il nome della setta) è ben più affascinante. Nati nel 1094 da uno scisma interno all'Ismailismo, a sua volta un ramo dello sciismo, i Nizariti conquistarono in breve tempo una serie di fortezze tra la Siria, l'Iraq e l'Iran e vi si asserragliarono. Da lì lanciarono una sfida all'intero mondo islamico, che li considerava temibili eretici, e per quasi due secoli seppero tenergli testa sia militarmente sia culturalmente, elaborando una versione dell'assetto sociale, politico e religioso dell'Islam radicalmente alternativa a quella sunnita che si andava allora affermando. E il coronamento di questa visione fu, nel 1164, la proclamazione della Qiy?ma o «Resurrezione», cioè l'abrogazione dei vincoli della sar?'a, la legge religiosa, e l'istituzione del Paradiso in terra con la rinascita dei fedeli nizariti a una vita spirituale immortale. In questo libro, divenuto subito un classico, Hodgson non solo traccia per la prima volta la complessa storia dei Nizariti, ma ne ricostruisce la raffinata e stupefacente dottrina, a partire dai testi sacri della setta e dai dotti scritti dei loro strenui oppositori.
32,00

Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500

Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500

Carlo Ginzburg

Libro: Libro in brossura

editore: Adelphi

anno edizione: 2019

pagine: XXXVIII-231

Pubblicato per la prima volta nel 1976, «Il formaggio e i vermi» ritorna con una postfazione. Nel frattempo, tradotta in ventisei lingue, la vicenda del mugnaio friulano Domenico Scandella detto Menocchio, messo a morte dall'Inquisizione alla fine del Cinquecento, ha fatto il giro del mondo, mostrando come sia possibile, attraverso gli archivi inquisitoriali, cogliere le voci di individui che spesso non compaiono, o compaiono solo in maniera indiretta, nella documentazione storica: dai contadini alle donne. Il mugnaio Menocchio era senza dubbio una figura straordinaria, percepita come anomala anche dai suoi compaesani; l'ampiezza delle sue letture, la ricchezza delle sue reazioni ai libri, l'audacia delle sue idee non finiscono di stupire. Ma anche un caso eccezionale (qui sta la scommessa del libro) può gettar luce su problemi di vaste dimensioni: dalla sfida alle autorità in una società preindustriale all'intreccio fra cultura orale e cultura scritta. Come chiarisce la nuova postfazione, «Il formaggio e i vermi» è stato letto retrospettivamente come un esempio di microstoria. Ma lo scopo di quest'esperimento di scrittura della storia era, ed è, quello di far arrivare al lettore la voce di Menocchio: «Io ho detto che, quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme; et quel volume andando così fece una massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel deventorno vermi, et quelli furno li angeli...».
24,00

Besprizornye. Bambini randagi nella Russia sovietica (1917-1935)

Besprizornye. Bambini randagi nella Russia sovietica (1917-1935)

Luciano Mecacci

Libro: Libro in brossura

editore: Adelphi

anno edizione: 2019

pagine: 240

Tra gli orrori di cui la storia del Novecento è stata prodiga, pochi sono paragonabili alla condizione dei besprizornye, come venivano chiamati nella Russia postrivoluzionaria gli innumerevoli bambini e ragazzini rimasti orfani in seguito alla guerra, alla guerra civile o alla carestia. Stimati tra i sei e i sette milioni nel 1921, sporchi, vestiti di stracci, vagavano da soli o in gruppi per le città e le campagne in cerca di cibo, spostandosi nel paese aggrappati alle balestre sotto i vagoni dei treni, trovando riparo dal gelo negli scantinati delle stazioni o dentro i cassonetti, spinti dalla fame a un crescendo di aggressività e violenza che arrivava fino al cannibalismo. Né potevano offrire un'alternativa a quella vita gli orfanotrofi pubblici: strutture, in tutto simili ai lager che di lì a poco sarebbero sorti per altri scopi, dove bambini scheletrici giacevano ammassati in condizioni spaventose. E se negli anni Venti il problema viene studiato sul piano sociale, politico, giudiziario, psicologico ed educativo, in seguito saranno imposti il silenzio e la censura da parte di uno Stato che non può certo ammettere un simile sfacelo nel ‘paradiso' della società sovietica. Negli ultimi trent'anni il fenomeno è tornato oggetto di analisi e rigorose ricerche storiche. Luciano Mecacci è riuscito, grazie a testimonianze dirette e documenti dell'epoca spesso trascurati, a offrirne una ricostruzione completa anche dall'interno, calandosi – e calandoci – nell'abisso psicologico e umano dei protagonisti di vicende che possono sembrare, oggi, semplicemente inverosimili.
25,00

I censori all'opera

I censori all'opera

Robert Darnton

Libro: Libro in brossura

editore: Adelphi

anno edizione: 2017

pagine: 368

Romanzi a chiave che svelano gli intrighi di corte, opere troppo fiacche quanto a faziosità socialista, storie d'amore in bengali da cui traspare l'odio per la dominazione inglese, e poi censori ormai insofferenti del loro lavoro, poliziotti sulle tracce di testi proibiti e appassionati bibliotecari indiani: sono solo alcuni dei protagonisti, di carta e in carne e ossa, di un libro dagli obiettivi non meno semplici che audaci - ripensare l'idea stessa di censura. Attraverso approfondite ricerche d'archivio, Darnton ricostruisce, negli aspetti teorici e nell'applicazione pratica, i meccanismi di controllo messi in atto da tre diversi sistemi autoritari: la Francia borbonica del XVIII secolo, dove il libro era un privilegio per pochi e la sanzione regia valeva non solo a reprimere, ma anche a certificare la qualità del prodotto, mentre il censore era al tempo stesso critico letterario e revisore editoriale; il Raj britannico, osservato nel momento in cui, dopo la rivolta del 1857, l'esigenza di tenere d'occhio la produzione letteraria indigena si tradusse in una curiosa mania etnografico-classificatoria; e la Germania dell'Est, dove la censura era parte di un vasto piano di ingegneria sociale e gli apparatcik svolgevano nell'ombra il ruolo di agenti-editori, negoziando permessi di pubblicazione, discutendo le bozze e lavorando per riportare nei ranghi i potenziali dissidenti. Sono prassi censorie distanti nello spazio e nel tempo, eppure capaci di riportare alla luce «un sistema di controllo che permea le istituzioni, colora i rapporti umani e penetra nei meccanismi più intimi dell'anima». E di farci riflettere sui problemi che oggi pone la convergenza di due tipi di potere, «quello dello Stato, che va sempre più estendendo le proprie attribuzioni, e quello della comunicazione, sempre più forte e diffuso con lo sviluppo di nuove tecnologie».
30,00

I ragazzi di Barrow

I ragazzi di Barrow

Fergus Fleming

Libro: Copertina morbida

editore: Adelphi

anno edizione: 2016

pagine: 542

Nel 1804, quando John Barrow ascende al soglio di secondo segretario dell'Ammiragliato britannico, sulle carte dei di lì a poco sudditi di Vittoria spicca ancora un numero allarmante di zone bianche. Alcune - l'Australia, e anche l'Antartide - per il momento potevano rimanere tali, ma in altre si annidavano enigmi da sciogliere quanto prima, data l'importanza strategica loro attribuita: il vero corso del Niger, ad esempio, e l'esistenza o meno di un Passaggio a nordovest. Su entrambi Barrow aveva idee spesso sbagliate, ma comunque chiare: e, soprattutto, la possibilità di realizzarle. Quindi, muovendosi dalla scrivania così di rado che in occasione del congedo i superiori, convinti che non potesse separarsene, gliene fecero dono, Barrow trascorse i quarant'anni del suo regno a montare un impressionante numero di spedizioni verso il Polo o l'Equatore. Difficilmente quelle avventure scampavano al disastro, al grottesco, o a una miscela variabile di entrambi. Eppure, ognuna contribuì alla maggior gloria del loro mandante, a tempo perso consulente del più importante editore inglese di viaggi, John Murray, quindi censore alquanto arcigno e non del tutto spassionato dei resoconti con cui i suoi ragazzi, portata a casa la pelle, speravano di arrotondare una paga piuttosto misera. La lunga, entusiasmante, divertentissima storia di caratteri leggendari come Parry, Ross e Franklin - dei loro sogni, delle loro imprese, della loro follia - è stata sempre raccontata come un'epopea.
35,00

Il ritorno di un re

Il ritorno di un re

William Dalrymple

Libro: Copertina morbida

editore: Adelphi

anno edizione: 2015

pagine: 663

Nel 1839 un'armata britannica di quasi ventimila uomini invade l'Afghanistan per insediare sul trono del paese un sovrano fantoccio, Shah Shuja, e contrastare così la temuta espansione russa in Asia Centrale: è l'inizio del Grande Gioco, la sanguinosa partita a scacchi tra potenze coloniali europee per il controllo della regione, immortalata da Kipling in Kim. Ma è anche il primo fallimentare coinvolgimento militare dell'Occidente in Afghanistan. Meno di tre anni dopo, il jihad delle tribù afghane guidate dal re spodestato, Dost Mohammad, costringe gli inglesi a una caotica ritirata invernale attraverso i gelidi passi dell'Hindu Kush. Soltanto una manciata di uomini e donne sopravvivrà al freddo, alla fame, e ai micidiali jezail afghani. L'impero più potente al mondo era stato umiliato. Attingendo a fonti storiche in persiano, russo e urdu sino a oggi sconosciute - compresa l'autobiografia di Shah Shuja, la cui tragica figura rappresenta il vero fulcro del libro - nonché ai diari e alle lettere dei protagonisti inglesi dell'invasione, Dalrymple racconta una vicenda insieme drammatica e farsesca, popolata di personaggi affascinanti e crudeli, incompetenti e geniali, eroici e boriosi. E la racconta in maniera trascinante, senza tuttavia farci mai dimenticare quanto quegli eventi - le antiche rivalità tribali sullo sfondo di territori inaccessibili e inospitali, gli errori strategici che portarono al massacro dell'armata britannica risuonino, ancora oggi, come un monito.
34,00

Le tre vite di Moses Dobrushka

Le tre vite di Moses Dobrushka

Gershom Scholem

Libro: Copertina morbida

editore: Adelphi

anno edizione: 2014

pagine: 231

Dai ghetti moravi alla corte imperiale di Vienna, dalle salmodie cabbalistiche agli idilli pastorali, dal traffico d'armi ai club giacobini, dalle logge massoniche alla ghigliottina: le tappe della vita avventurosa di Moses Dobrushka si leggono come altrettanti capitoli di un romanzo d'appendice, prodigo di colpi di scena, oscuri complotti, immense ricchezze e atroci miserie. Spia al soldo delle potenze reazionarie, sincero rivoluzionario, ebreo convertito (ma senza rinunciare alla fede frankista) o semplice avventuriero? Poeta e uomo d'affari, iniziato e citoyen, Dobrushka era imparentato con lo scandaloso pseudomessia Jacob Frank e, prima di salire sul patibolo, durante il Terrore, era stato in predicato di ereditare il comando dell'equivoca e strampalata corte di Offenbach, sulla quale regnava la figlia di Frank, Eva, che aveva ricevuto i favori e gli omaggi dell'imperatore Giuseppe II e dello zar Alessandro I. Gershom Scholem, affascinato da questa figura enigmatica, esemplare della parabola dell'ebraismo moderno alle soglie dell'emancipazione, illumina le tracce confuse che ce ne restano, riuscendo a far convergere in un saggio gli strumenti dello storico e l'interrogativo metafisico.
22,00

La Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile

La Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile

Luciano Mecacci

Libro: Libro in brossura

editore: Adelphi

anno edizione: 2014

pagine: 520

"Sono cose che ancora non si possono dire". Questa affermazione di Cesare Luporini, una delle teste pensanti del PCI nel secondo dopoguerra, risale a un'intervista radiofonica sull'"affaire Gentile" rilasciata nel 1989, a quasi cinquant'anni di distanza dai fatti. Bene, chi vive in Italia è abituato a delitti politici preparati, eseguiti e poi coperti in un'atmosfera acquitrinosa, dove nessuno per certo è innocente, ma un colpevole sicuro non esiste. Eppure, l'assassinio di Giovanni Gentile in quel freddo aprile del 1944 rimane un cold case diverso da tutti gli altri - che l'indagine di Luciano Mecacci, condotta anche su documenti inediti, riapre in modo clamoroso. Tutto, in questa ricostruzione, è perturbante. I moventi, molto meno limpidi - o molto più umani - di quanto fin qui si è tentato di far credere. La scena del delitto, cioè la Firenze cupa e claustrofobica occupata dai tedeschi. E naturalmente gli attori. Qualcuno ha discusso, deciso, agito: ma come, fino a che punto, perché? Le figure che appaiono sul palcoscenico sono numerose, e molto diverse fra loro. Oscuri gappisti. Feroci poliziotti. Informatori. Doppiogiochisti. E al centro di tutto, il meglio dell'intellighenzia italiana di allora: Luporini, certo, ma anche Eugenio Garin, Antonio Banfi, Mario Manlio Rossi, Guido Calogero, Ranuccio Bianchi Bandinelli, Concetto Marchesi.
32,00

La perdita dell'Eldorado

La perdita dell'Eldorado

Vidiadhar S. Naipaul

Libro: Copertina morbida

editore: Adelphi

anno edizione: 2012

pagine: 405

Crescere in un mondo "senza passato" può segnare una vita intera. Non stupisce dunque che Naipaul, da ragazzo, a Trinidad, si sentisse "tagliato fuori dalla storia": nessuno, intorno a lui, sapeva che Chaguanas, la sua città d'origine, trae il nome dai nativi che Colombo aveva chiamato "indiani" e che ora non esistono più; a nessuno interessava che l'isola fosse servita agli spagnoli solo come base per la corsa all'oro nella giungla sudamericana; e su quanto rimaneva delle piantagioni di canna da zucchero nessuno si interrogava. La storia era stata sostituita dai favoleggiamenti, che depuravano i fatti dalle loro scorie livide, e soffondeva di un'aura fantastica i tumultuosi eventi delle Indie Occidentali. Ma alla fine degli anni Sessanta, attraverso lo studio rigoroso dei documenti conservati al British Museum, Naipaul intraprende un viaggio che lo sprofonda "in un orrore al quale non era preparato": ma lo spinge anche a scrivere questa lucida, scabra cronaca, dove il fiabesco Eldorado si tinge di barbarie e lascia affiorare schiavitù, massacri e torture divenuti e rimasti per secoli agghiacciante normalità. Visitando sotto la sua guida i grandi momenti in cui Trinidad è stata "toccata dalla storia", vedremo così gli europei "civilizzatori" in una sinistra quotidianità, e l'epopea della Conquista trasfigurarsi in catastrofe. E verificheremo che Naipaul sa diagnosticare e curare una malattia tipicamente coloniale: la perdita della memoria.
26,00

Inserire il codice per il download.

Inserire il codice per attivare il servizio.