Donzelli: Saggine
Dialogo sulla modernità
Karl Löwith, Leo Strauss
Libro
editore: Donzelli
anno edizione: 1994
pagine: 36
Partire, tornare. Viaggiatori e pellegrini alla fine del millennio
Franco Ferrarotti
Libro
editore: Donzelli
anno edizione: 1993
pagine: 159
Il pane e il cucchiaio. La storia detta due volte di Giuseppe Di Porto
Alessandro Portelli, Micaela Procaccia
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 144
Giuseppe Di Porto nasce a Roma nel 1923. Preso nel rastrellamento degli ebrei a Genova, dove si era trasferito dopo le leggi razziali, è deportato ad Auschwitz, destinato al campo di Monowitz-Buna (lo stesso di Primo Levi). Dopo due anni, si salva durante la «marcia della morte» scappando verso il fronte. Entrato in contatto con l'Armata rossa, rientra in Italia nel 1945. La sua vita nel campo non è molto diversa da quella terribile degli altri deportati. Nel suo racconto, tuttavia, ci sono episodi carichi di significato, che hanno a che fare col pane, come cibo e come simbolo, e con un cucchiaio, utensile che nel campo assume un valore straordinario. Il pane torna di continuo nella sua storia: segno di quanto la fame fosse costante, capace di uccidere le persone nel corpo e nell'animo, tirandone fuori gli istinti più animaleschi. Lui la chiama «demoralizzazione»: una disumanizzazione che coinvolge le vittime, ma anche gli aguzzini. Una fame che induce a commettere azioni indicibili e a provare indicibili sentimenti di rabbia e negazione verso un Dio che non può esistere. A meno di un miracolo. Questo è il contesto del «fatto del cucchiaio» che costituisce la svolta cruciale della sua vita, ma che Giuseppe non racconterà subito, neppure nell'importante intervista rilasciata per la Usc Shoah Foundation. Vi darà voce solo in un'occasione, in dialogo con Alessandro Portelli. Una storia detta due volte non è mai detta allo stesso modo. E l'aneddoto, calato in un quadro narrativo più ampio, arriva a illuminare un'intera esistenza. Il lavoro di Alessandro Portelli e Micaela Procaccia porta alla luce una vicenda simbolica di perdita e ritrovamento della propria umanità, e al tempo stesso costituisce una riflessione su metodo e pratica della storia orale, sulla differenza fra «testimonianza» e «racconto» e sul processo della memoria. Raccontare e ascoltare la storia di questo ebreo, di quest'uomo semplice e insieme complesso, orgoglioso e insieme umile, è un modo per rivendicare in questo tempo di morte la dignità di una semplice umanità in cerca di pace e di uguaglianza per tutti.
La vendetta dei luoghi che non contano. Disuguaglianze e voto di protesta
Andrés Rodríguez Pose
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 180
«Il concetto dei “luoghi lasciati indietro” è ormai un cliché: il paese che si svuota, la città media postindustriale senza più capacità produttiva, il divario crescente tra grandi città dinamiche e il resto del paese. È necessario recuperare una modalità di governo che tratti ogni luogo come se contasse, soprattutto perché, democraticamente, conta». La crescente distanza tra i luoghi che contano e quelli che non contano è oggi uno dei principali fattori di fragilità delle democrazie. Le diseguaglianze non si manifestano più solo tra individui, ma tra territori: è nei luoghi trascurati, privi di prospettive economiche e di potere, che si radicano il risentimento e la sfiducia verso le istituzioni. La geografia del malcontento politico si sovrappone così a quella della marginalità sociale, trasformando il disagio delle persone in un sentimento collettivo di esclusione. Il volume raccoglie alcuni dei contributi più rilevanti di Andrés Rodríguez-Pose, cui si aggiunge un capitolo inedito dedicato all'Italia e alla sua specifica geografia del voto antisistema, che mette in luce come le fratture territoriali del nostro paese e le loro conseguenze politiche si inseriscano nel più ampio quadro europeo. Attraverso un'analisi che intreccia geografia economica, sociologia dello sviluppo locale e scienza politica, viene mostrato come i divari territoriali alimentino l'ascesa di forze politiche anti-establishment, capaci di intercettare la protesta dei luoghi ai margini della globalizzazione. Nei territori colpiti dalla deindustrializzazione, dal calo demografico e dall'impoverimento delle infrastrutture civiche, la perdita di opportunità e di riconoscimento sociale si traduce in un voto di rottura, rivolto contro centri e classi dirigenti percepiti come lontani e indifferenti. Dove lo sviluppo ristagna e la fiducia si dissolve, l'illusione del cambiamento radicale trova terreno fertile. Il libro invita a superare la logica puramente redistributiva delle politiche pubbliche che per affermare l'urgenza di strategie che restituiscano ai territori potere, autonomia e capacità decisionale. Le diseguaglianze spaziali non producono solo stagnazione economica, ma erodono lo spirito civico e mettono in discussione la stessa architettura della democrazia rappresentativa.

