Giacché Edizioni
I racconti del Prione. Premio internazionale di narrativa «Il Prione» 2001. Premio speciale teatro
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2001
pagine: 256
Il Premio Internazionale di Narrativa "Il Prione" è giunto nel 2001 alla nona edizione, con più di 300 fra racconti brevi e atti unici per la speciale sezione Teatro, provenienti dall'Italia e dall'estero. Il volume raccoglie, oltre ai testi critici ed alle note di commento sulle opere vincitrici del Premio, i primi trentatrè racconti classificati e l’atto unico premiato. «Scrivere significa fingersi un altro mondo, un’altra vita, parallela e simile alla propria, magari depurata da incongruenze e contraddizioni o, al contrario, una vita del tutto diversa, che scorre misteriosa come un fiume sotterraneo in una direzione opposta, al di fuori di ogni banale "normalità". E tuttavia la vita, se la guardi da una certa angolatura, è anche commedia, più spesso che non si creda, e persino le proprie disavventure possono prestarsi al riso, che, come ognun sa, è liberatorio: il riso, e non solo il pianto, è insito nelle cose umane, si può affermare che siano due facce della stessa medaglia. Da tale considerazione, appunto, in quanto anche negli anni precedenti un certo numero di racconti inviatici aveva un’impronta che si può genericamente definire umoristica (pur se il "riso" assumeva varie sfumature e connotazioni, dal più tenue sorriso al più sferzante sarcasmo) è nato - altra novità di quest’anno - il premio speciale per il racconto umoristico. L’umorismo, notiamo, è molto umano, se "umana" è la ragione, in quanto nasce sempre da una riflessione razionale sulla realtà vista attraverso la la lente deformante dell’ironia, che la svelenisce finendo talvolta persino per accettarla, non prima, d’altra parte di averla alleggerita del suo contenuto drammatico, non di rado mostruoso, della sua opprimente pesantezza: una condanna (la vita) volontariamente accettata» (dall’introduzione di Anna Valle). Testi di: Fiorella Borin, Gianfranco Sorge, Giovanni Rosa, Rosanna Figna, Fabrizio Parrini, Eugenio Azzola, Gabriella Sessa, lab. teatrale della Scuola Media “J. Piaget”, Alberto Arletti, Gianluigi Colombo, Teodoro di Leva, Dario Fani, Giuseppe Fiore, Anna Hurkmans, Lorenzo Lupi, Silvana Perotti, Francesco Rainone, Erminio Serniotti, Michela Torcellan, Lorino Trimarchi, Costantino Quarta, Aida Stoppa, Paolo Tognocca, Silvia Crovara, Renzo Noberini, Alessandro Barbolini, Mariano Cerignoli, Lida De Polzer, Vincenzo Napolitano, Marco Panini, Valentina Romeo, Egidio Ruggiero, Gianfranco Sodomaco, Giovanni Tranfo. Introduzione di Anna Valle. Illustrazioni di Amedeo Reggio.
Arcola, storia e istituzioni
Emilia Petacco, Franco Bonatti, Elisabetta Coruzzi
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2001
pagine: 224
«La situazione del paese è amena per la prospettiva, sana per l’atmosfera, temperata e tiepida anzi che no per il clima e le acque potabili. Vi è abbondanza di frutti squisiti, e precipuamente di viti che danno un ottimo liquore, di olivi, di castagne, di fichi ecc., talché ivi si trova, quanto può desiderare l’umana vita dal lato dell’aria, dell’acqua e del suolo. Il popolo di carattere vivace è per la maggior parte agricolo, le donne industriose e dedicate in buon numero al piccolo commercio o ai lavori di pizzi e di dozzinali trine». Questo il ritratto che il Repetti ci dà di Arcola nel suo "Dizionario storico geografico", invero lo storico apuano non fu il primo ad essere favorevolmente attratto dalle condizioni climatiche e dalla bellezza del paesaggio arcolano, il Targioni Tozzetti, acuto indagatore degli usi, costumi e bellezze artistiche e naturali della Toscana e zone limitrofe, fu attirato in particolare dalle salubri acque che sgorgavano limpide tra colline e boschi nel territorio del Comune di Arcola. Tuttavia il Repetti non si è fermato a questa descrizione esteriore, ma ci ha dato un succinto quadro della storia della comunità a partire dal documento del 1033, quando il marchese Alberto del ramo Obertengo donò al monastero di Santa Maria di Castiglione nel piacentino beni nel territorio arcolano. Lo studioso carrarese attingendo dall’Antichità Estensi del Muratori e da altre fonti ricostruisce i dati più significativi della storia arcolana dal diploma di Arrigo IV del 1077, con cui conferma al marchese Folco d’Este il feudo di Arcola tra gli altri possessi oltre Appennino, al passaggio ai Malaspina nel 1245, fino alla vendita del castello al Comune genovese nel 1278, cui fu costantemente legato, seguendone le alterne vicende. Con il progredire dell’organizzazione politica il Comune ha sentito il bisogno di dare un carattere di organicità e di regolarità alla formazione ed alla conservazione dei propri archivi, ordinando in serie i suoi principali atti da quelli deliberativi, ai registri contabili, dagli estimi, ai catasti fondiari, ai carteggi. Pertanto questa massa di documenti ci offre la testimonianza della vita giuridica, amministrativa ed economica dei nostri Comuni e ci offre insieme la documentazione relativa ai fatti ed alle persone, che con l’Ente hanno avuto rapporti. Seguendo questi indirizzi metodologici, abbiamo premesso all’inventario dell’archivio storico comunale alcuni lineamenti di storia politico istituzionale arcolana, inquadrati nell’ambito della Repubblica di Genova, di cui Arcola fece parte, seguendone le alterne vicende fin dal 1278. Il materiale documentario arcolano ci ha permesso di individuare non solo l’organizzazione giuridico amministrativa della comunità ma anche l’organizzazione della sanità, dell’assistenza, dell’istruzione. Le stesse istituzioni ecclesiastiche erano collegate strettamente alla dinamica della comunità; organi comunitativi come i massari, amministravano i beni ecclesiastici ed avevano cura delle chiese loro affidate; la comunità si mostra in più occasioni gelosa di queste sue prerogative nei confronti della stessa autorità ecclesiastica, pertanto anche le istituzioni religiose sono state oggetto di trattazione in relazione al loro rapporto con la comunità, sono stati ovviamente tralasciati altri aspetti, quali quello devozionale e della pietà popolare già ampiamente trattati. Nel delineare l’assetto istituzionale della comunità abbiamo fatto riferimento allo statuto locale, che regola le attribuzioni delle varie magistrature e riporta la normativa consuetudinaria; un testo giuridico quale lo statuto ci presenta piuttosto un quadro di riferimento che la realtà effettuale dei fatti, pertanto si è cercato di «inverarlo» con i registri della comunità. Con fotografie d'oggi e documenti d'archivio.
Giornale storico della Lunigiana e del territorio lucense, anni 1995-1996. La Chiesa romanica di Santa Maria di Vezzano Ligure. Un edificio ritrovato
Giorgio Rossini, Piero Donati, Alessandra Frondoni
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2000
pagine: 384
Atti della giornata di studio. "Il Giornale storico della Lunigiana e del Territorio Lucense" è una pubblicazione a carattere scientifico, volta alla promozione e pubblicazione di atti di convegno, ricerche, rendiconti, notiziari, di carattere storico e archivistico, archeologico e artistico, linguistico, demologico e folkloristico, e corredata, limitatamente alle miscellanee, di una rassegna bibliografica degli studi che riguardano il territorio, oggi diviso fra più regioni, ma pur sempre corrispondente all’antica Lunigiana storica e etnica. La rivista, rinata come terza serie nel 1950 dall’appassionato sodalizio fra Ubaldo Formentini, direttore dei Civici Biblioteca e Museo della Spezia, e Nino Lamboglia, direttore dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri, è organo della Sezione Lunense, costituitasi in quella data in seno all’Istituto stesso. Dal 1961, cambiato anche l’aspetto tipografico, si sono aggiunti contributi del vicino territorio Lucense, un rappresentante del quale è nel Comitato di Redazione. "Il Giornale" trae le sue radici dalle componenti culturali più rappresentative dell’Ottocento e Novecento spezzino e ligure, nel momento della grande crescita demografica e quindi anche del bisogno di consapevolezza storico-culturale, che si esprimeva nella ricerca e riflessione sul proprio passato. Infatti la prima serie della testata fu fondata nel 1909 dal sarzanese Achille Neri e dallo spezzino Ubaldo Mazzini e la rivista fu poi edita, come seconda serie, nonostante la guerra, fino al 1923 ad opera, oltre che del Mazzini, di Giovanni Sforza. Essa raccoglieva inoltre, in quel processo naturale di emancipazione e crescita territoriale dell’epoca, la tradizione di una precedente pubblicazione, con numerosi contribuiti lunigianesi, ma stampata a Genova dal 1874 al 1898: il "Giornale Ligustico di Archeologia, Storia e Letteratura", con la condirezione di L.Tommaso Belgrano e di Achille Neri e sotto l’egida della Società Ligure di Storia Patria, divenuto dal 1900 "Giornale Storico e Letterario della Liguria", sovvenzionato e edito dalla Società di Incoraggiamento della Spezia, per cui possiamo in realtà considerare una tradizione editoriale, sia pure con qualche soluzione di continuità, di 127 anni. Come matrice della pubblicazione possiamo anche riconoscere il "Giornale Ligustico di Scienze Lettere Arti", pubblicato a Genova fra il 1827 e il 1838, una pubblicazione legata all'ambito erudito del primo Ottocento. Parallelamente alla rivista, dal 1950 la Sezione Lunense ha curato anche la pubblicazione di monografie nella "Collana Storica della Liguria Orientale" (nove volumi) e di atti di convegno, nazionali e internazionali. Con fotografie e documenti.
Bonassola... Ein Name, der Gutes, Wohlbefinden, Sonne un Ruhe vespricht (Sem Benelli)
Giovanni Busco
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2000
pagine: 48
Edizione tedesca della guida del territorio comunale di Bonassola con carta dei sentieri allegata. La storia, le tradizioni, i monumenti e il paesaggio di Bonassola e delle frazioni.
Leggere Fossoli. Una bibliografia
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2000
pagine: 288
«A oltre mezzo secolo dalla Liberazione, le nostre conoscenze sul lager di Fossoli rimangono ancora largamente lacunose. Per questa ragione è parso al Comitato scientifico della Fondazione ex campo Fossoli che fosse opportuna una ricognizione la più accurata del modo in cui è stata operata in primo luogo la ricostruzione storica degli accadimenti nel lager di Fossoli e dell’impatto che sul territorio circostante hanno avuto le strutture del campo, attraverso anche il mutamento di destinazione e di uso tra guerra e dopoguerra, che ha rappresentato comunque un modo per tenere legata l’attenzione della popolazione al campo come luogo della storia. Attraverso la cronaca della stampa quotidiana è possibile ricostruire sia i provvedimenti politico-amministrativi che hanno presieduto - dopo decenni di abbandono - alla conservazione dei resti del campo, sia i modi in cui la presenza del campo, pur attraverso le destinazioni mutate nel tempo, è stata percepita e recepita dalla popolazione. Alla memoria ufficiale si affianca così la memoria collettiva di una società per la quale la presenza del campo ha rappresentato, anche attraverso il ricambio generazionale, un filo di continuità e un punto di riferimento per leggere oltre mezzo secolo di una storia che non è solo storia locale. Sotto quest’ultimo profilo, l’analisi della pubblicistica censita nella bibliografia può sollecitare qualche significativa riflessione. Al di là del ritardo con il quale la stampa quotidiana locale ha mostrato la consapevolezza della necessità di uscire dalla mera commemorazione per approfondire in termini storico-critici con strumenti metodologici adeguati - bisogna arrivare agli anni Settanta per registrare i primi veri studi -, nella vicenda del campo di concentramento di Fossoli, evidente risulta la sproporzione tra la quantità di testimonianze dirette e talvolta indirette che sono registrate nella bibliografia e l’assai limitato numero di studi espressamente dedicati a Fossoli. Appare evidente, almeno fin quando non si pervenne alla definizione del Museo nel Palazzo dei Pio e alla dichiarazione dell’area del campo come monumento nazionale, che la memoria di Fossoli fu associata più strettamente al ricordo dell’eccidio degli antifascisti portato a termine a Cibeno nel luglio 1944 che non alla funzione del campo come anticamera dei campi di sterminio, quasi ad anticipare un conflitto tra memorie che continua ad affiorare talvolta anche in manifestazioni odierne. Il fatto che Fossoli non sia stato esso stesso materialmente un campo di sterminio (come pure talvolta erroneamente è stato definito) non cancella la circostanza che la sua storia sia comprensibile soltanto se viene inserita come uno dei suoi anelli nella macchina dello sterminio nazista. Una considerazione che appare fondamentale per almeno due ragioni: perché nella vicenda della deportazione razziale dall’Italia, e in misura minore anche per quella politica, è a Fossoli che si perdono le ultime tracce di migliaia di deportati: e in secondo luogo perché Fossoli sottolinea anche questa corresponsabilità dell’Italia e della Repubblica Sociale Italiana per la "soluzione finale" che a troppi farebbe comodo dimenticare. La tardiva coscienza che la società italiana ha acquisito della responsabilità del regime fascista nella persecuzione razziale e della sua corresponsabilità perfino nella "soluzione finale" è certo all’origine anche di questa percezione squilibrata della funzione del campo». (Luciano Casali, Enzo Collotti)
Gli affreschi di Nicolò Corso alle Grazie. Una guida alla lettura del più importante ciclo di affreschi della Liguria orientale
Piero Donati
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2000
pagine: 24
I monaci di Monte Oliveto si insediarono nell’isola del Tino e nell’insenatura delle Grazie con modalità del tutto analoghe a quelle che avevano connotato il loro insediamento a Quarto, primo convento da essi posseduto in Liguria. Qui essi erano ufficialmente entrati il 17 giugno 1389, incorporando una preesistente fondazione dei Gerolamini - da qui l’intitolazione a san Gerolamo del complesso conventuale - che era ridotta, a quella data, a due soli membri; allo stesso modo, il 2 maggio 1432 essi ottennero da Eugenio IV, da poco salito al soglio pontificio, l’abbazia benedettina del Tino, priva ormai di monaci, al cui vasto patrimonio fondiario si aggiungerà, nel 1441, quello dell’abbazia di San Venanzio di Ceparana. Eugenio IV, nello stesso atto di donazione concernente l’abbazia del Tino, riconobbe agli olivetani il possesso dello 'heremitorium cum eius ecclesia' intitolato alla Vergine delle Grazie ('Sancta Maria de Gratia nuncupatum') e posto nelle vicinanze di Portovenere ('iuxta opidum Portus Veneris'). Si rinviene qui la prima attestazione del toponimo Le Grazie e si ha inoltre la prova del fatto che la devozione alla Madonna delle Grazie non fu introdotta dagli Olivetani. Gli storici dell’arte, peraltro, hanno stabilito che l’immagine mariana che è testimonianza prima di tale devozione fu eseguita da Andrea de Aste nel terzo decennio del secolo XV e quindi prima dell’arrivo dei frati di Monte Oliveto. Come a Quarto, costoro non cercarono di obliterare il culto ricevuto in eredità ma lo riproposero all’interno del loro orizzonte devozionale; in termini architettonici, ciò significò l’inglobamento della chiesetta attestata nel 1432 - identificabile nel corpo di fabbrica a due campate che ospita oggi gli altari di Sant’Anna e di San Venerio – all’interno di un più ampio edificio ecclesiale (menzionato per la prima volta in un atto del settembre 1452) che è rimasto sostanzialmente intatto fino ai nostri giorni. Sono infatti ben visibili i costoloni, con relativi tondi serravolta figurati e peducci a piramide rovesciata, così come è ancora ben leggibile, nel vano absidale, il gioco delle vele, al quale fa eco, nella zona inferiore, la serrata scansione degli stalli del coro intarsiato, eseguito da Paolo da Recco fra il 1496 ed il 1501. Meno facilmente percepibile è l’antico assetto degli spazi del convento, e ciò a causa delle profonde (e talvolta irreversibili) trasformazioni subìte dall’edificio dopo il 1798, e cioè dopo il forzato allontanamento dei monaci. Benché i primi brani degli affreschi abbiano cominciato a riemergere nel 1902, occorre giungere fino al 1966 per assistere al passaggio della proprietà dell’immobile dai privati ad un pool di Enti Locali, mentre soltanto nel 1977 poté essere avviato, con fondi statali, il restauro delle decorazioni a fresco.
Walter. Un uomo della Resistenza
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2000
pagine: 208
Walter è il nome di battaglia nella Resistenza di Flavio Luigi Bertone, nato a Sarzana (SP) l’1 gennaio 1922 da una famiglia di mezzadri. Già dal settembre 1943, dopo una intensa attività clandestina antifascista, ha preso parte nella IV Zona Operativa Ligure alla lotta di Liberazione, aderendo alla Brigata garibaldina "Ugo Muccini" della quale presto è divenuto Comandante, meritando l’alto riconoscimento della Medaglia d’Argento al Valore. Senatore dal 1968 al 1983, Vice Sindaco della Spezia dal 1985 al 1991 e Sindaco per alcuni mesi, nel 1992-1993, è stato poi Presidente di "Spedia" dal 1994 al 1999, quando è deceduto alla Spezia il 2 ottobre. Ha militato nel PCI di cui è stato Segretario della Federazione spezzina e membro del Comitato Centrale, aderendo successivamente al PDS. Un ricordo di Walter e quindi della sua storia. Seguono le due interviste rilasciate da lui nel 1994 e nel 1998, una sorta di riflessione - racconto autobiografico, oltre a più di sessanta testimonianze rilasciate da uomini e donne che hanno conosciuto Walter e ne hanno apprezzato le qualità personali e politiche, il suo impegno civico, la serietà ed il rigore, la grande disponibilità al confronto. Con testi di: Basile Luca, Bertagna Sandro, Bogi Giorgio, Borghini Gianfranco, Bozin Duje e Barbaric Vinko, Braccini Otello, Brizzi Bruno, Scotti Luciano, Vergassola Giovanni, Corradini Luciano, Di Sacco Daniele, Bucchioni Daniele, Castellini Manlio, Celle Antonio, Cheirasco Teresa, Colajanni Napoleone, Cordati Rosaia Luigia, Corradino Gianfranco, De Fraia Bertoli Laura, Falugiani Angiolino, Farina Mario, Fasoli Giuseppe, Forcieri Lorenzo, Galantini Piero, Gallotti Patrizia, Garbini Paolo, Giacché Aldo, Giudici Giovanni, Grassi Dino Grillo Luigi Guccinelli Renzo, Landi Angelo, Lombardi Aldo, Macaluso Emanuele, Marras Piero, Minichini Enzo, Mirabello M. Cristina, Montefiori Bruno, Musiani Ezio, Napolitano Giorgio, Natta Alessandro, Orlando Andrea, Pagano Giorgio, Paita Raffaella Papi Enzo, Quartieri Nello, Ranieri Andrea, Ratti Luciano, Ricci Giulivo, Ricciardi Giuseppe Roncareggi Angelo, Rossino Giuseppe, Salustro Paolo, Scardigli Pier Gino, Senese Stefano, Squadroni Andrea, Tivegna Piero, Tusini Paolo, Vaccarone Francesco, Veschi Moreno, Vettori Giancarlo, Vignolini Anna Maria, Vincenzi Lorenzo, Zoppi Pietro, Galleni Mauro, Ricci Raimondo. Con fotografie e documenti in bianco e nero.
I racconti del Prione. Premio internazionale di narrativa «Il Prione» 2000 Premio speciale teatro
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2000
pagine: 256
Il Premio Internazionale di Narrativa "Il Prione" è giunto nel 2000 all’ottava edizione, con 300 fra racconti brevi e atti unici per la speciale sezione Teatro, provenienti dall'Italia e dall'estero. Il volume raccoglie, oltre ai testi critici ed alle note di commento sulle opere vincitrici del Premio, i primi trenta racconti classificati e gli atti unici premiati. «Una della attività umane più piacevoli è stata fin da tempi lontani quella di ascoltare storie, scriverne, raccontarne. Il racconto tramite la parola scritta ha comunicato messaggi, emozioni, impressioni; un buon racconto, a volte, non descrive fino in fondo, ma suggerisce, affidando all’immaginazione del lettore la comprensione di particolari; per questo motivo quest’ultimo diventa protagonista, anche perché la lettura trasforma. Ognuno di noi quando legge un testo è alle prese con la propria emotività, le proprie conoscenze, le proprie attese. L’autore durante questo processo evoca sensazioni diverse tese al completo coinvolgimento del lettore in modo da avvincerlo e da fargli desiderare di non staccarsi dal testo prima di averlo terminato. Fra i racconti pervenuti in questa edizione si distinguono delle esperienze di vita narrate magistralmente come nel caso di "Senza un telegramma di auguri", dei personaggi tratteggiati sapientemente come Momi nel racconto "Diavolo di un Tafarieli". Il caleidoscopio si arricchisce di testi descrittivi particolarmente attraenti come "I colori della penombra" e di testi avvincenti, ambientati in epoche passate, come "L’uomo di Lepanto". Anche il tema del mare ha coinvolto molti partecipanti con ottimi risultati, come nel racconto "L’uragano". Poi ancora sono stati presentati racconti umoristici di tutti i tipi, realistici o surreali e racconti fantascientifici sul destino dell’uomo; come nelle altre edizioni vi sono stati racconti centrati su riflessioni sul cambiamento della vita in occasione di malattie o di altri avvenimenti. Particolarmente interessanti gli atti unici: il vincitore "Ghiaccio e fuoco", molto coinvolgente per l’intreccio complesso e l’azione che si svolge fra lo studio di Mary Shelley a Londra e la baia di Lerici» (dall’introduzione di Maria Chiara Mansi). Testi di: Silvana Perotti, Chiara Basso Milanesi, Pier Franco Uliana, Alberto Cavanna, Viola Rispoli, Enrico Nadalini, Patrizia Monaco, Fiorella Borin, Stefano Colavita (Ade Zeno), Antonella Del Giudice, Salvatore Di Martino, Federica Gagliardi, Alberto Gatti, Rocco Izzo, Edvige Lugaro, Alberto Mezzavia, Paola Rambaldi, Vinicio Susi, Davide Vercelli, Silvana Zanella, Tommaso Barile, Monia Casadei, Iolanda Fonnesu, Laura Minetto, Ivano Mugnaini, Daniela Raimondi, Tullio Salvietti, Fernando Togni, Lorino Trimarchi, Gavino Zucca, Umberto Gandini, Vincenzo Napolitano, Luigi Ottaviani. Introduzione di Maria Chiara Mansi.
Itinerari romantici nel golfo dei Poeti
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2000
pagine: 80
Testi di George G. Byron, Percy Bysshe e Mary Shelley, David Herbert Lawrence, Virginia Woolf, Charles Dickens, Henry James. Fotografie di Davide Marcesini.
I racconti del Prione. Premio internazionale di narrativa «Il Prione» 1999. Premio speciale teatro
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 1999
pagine: 272
Il Premio Internazionale di Narrativa "Il Prione" è giunto nel 1999 alla settima edizione, con 300 fra racconti brevi e atti unici per la speciale sezione Teatro, provenienti dall'Italia e dall'estero. Il volume raccoglie, oltre ai testi critici e alle note di commento sulle opere vincitrici del Premio, i primi trenta racconti classificati e gli atti unici premiati. «Oggi vi è relativa chiarezza, tra gli specialisti, sulla tipologia "racconto breve", anche se non si può negare che permane qualche incertezza sulle specifiche differenze con la novella; l'Enciclopedia britannica opportunamente definisce il (sotto)genere in oggetto, cioè la 'short story', "a kind of prose fiction, distinguished from the novel (roman) and the novelette by compression and intensity of effect", per la compressione e l'intensità del senso quindi. Sulla stessa linea il Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia, che di racconto (non necessariamente "breve") offre questa definizione: "componimento letterario in prosa, di carattere narrativo e per lo più di invenzione, generalmente collocato per ampiezza e complessità tra novella e romanzo". Fino a un certo punto della storia letteraria, per la verità, la novella non ebbe cittadinanza nei modi e nei termini a noi oggi conosciuti, giacché in Italia le prime novelle vere e proprie furono quelle facenti parte del "Novellino", opera databile nella seconda metà del Duecento, poco prima della composizione della raccolta di novelle rimasta insuperata nella letteratura occidentale, il "Decameron" di Giovanni Boccaccio. Occupandoci quindi del racconto breve nell'antichità dovremmo piuttosto andare in cerca degli elementi novellistici di base presenti nelle letterature antiche, ove per elementi novellistici si intendono, secondo la pertinente definizione di Romano Luperini, la presenza di una storia compiuta in sé o almeno connotata dalla linearità dello svolgimento narrativo, avente in se stessa, e non in un diverso livello di lettura, il senso del testo» (dall’introduzione di Roberto Centi). Testi di: Nando Pozzoni, Edvige Lugaro, Roberto Gaudenzi, Anna Maria Muiesan, Carlo Nava, Luciano Rossi Di Brugherio, Andrea Ballerini, Chiara Bruscoli, Alberto Cavanna, Elisabetta Coruzzi, Alberto Dezzolla, Filippo Finardi, Iolanda Fonnesu, Maria Pia Marcorelli, Franca Pece, Tomaso Pirlo, Alessandro Poletti, Pellegrino Snichelotto, Palma Spina, Vinicio Susi, Sarah Zama, Pasquale Biscari, Monia Casadei, Sergio Castrucci, Sergio Falcinelli, Bruno Muntoni, Franco Picetti, Silvia Santinelli, Giuseppe Tirotto, Michela Torcellan, Davide Vercelli, Sergio Castrucci. Introduzione di Roberto Centi.
Poesie
Landa Landini
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 1999
pagine: 32
«Il paesaggio esteriore, che Landa Landini sa cogliere con sensibilità pittorica e musicale, riflette specularmente quello interiore dell'autrice, donando al lettore una raffinata gamma di seduzioni e emozioni. Riaffiorando da un tempo "incantato e sospeso" o da uno spazio remoto, l'eco di storie emblematiche perla memoria si trasforma in "archi di luce lontana", varchi per quel "viaggio di ritorno", che porta dal vissuto interiore nuove consapevolezze ad ogni attimo di vita presente. Landa Landini dimostra in questa silloge di saper ben cogliere l'essenza di sogni fatati che "riempie la gola/a chi giunge alle porte del mondo"; ma l'altrove, traguardo fisico e nello stesso tempo dello spirito, non è un punto d'arrivo illusorio per chi, come lei, sa guardare con vista limpida e mettersi in umile ascolto: "molte volte mi sono messa in viaggio,/giungendo spesso dove lo sguardo m'aveva preceduta,/senza diminuire la meraviglia della meta raggiunta". Spesso è il mito, profondamente assimilato nelle sue valenze simboliche, il sostrato culturale naturale in cui s'innesta il messaggio poetico e questa dimensione, che si dilata sino agli estremi punti cardinali del fantastico (siano Thule o Tara o "una terra antica... di verde vivido, brillante,/dove non esisteva segno d'uomo" ma con alberi più antichi del tempo") descrive un itinerario che è "un invito... a immergersi... e volare... fino ai confini del mare/forse fino ai confini di sé". Sia che si tratti di "deserti dorati e rocce scolpite dal gelo" o di "vento straniero" che "ha il colore del nord/e del nord il sibilo secco, sferzante" o di "nebbia... morbido lino... che annulla suoni e disfa ombre danzanti" o ancora d'una "chiglia di roccia su ondate di luce", l'elemento descrittivo è usato dalla Landini con rapidità e sicurezza di tratto e non è mai fine a se stesso, così come la musicalità del verso non si fonda su facili ritmi, ma è piuttosto una polifonia che ha origine da un attento ascolto e produce risultati notevoli come "Sorelle" o "Autunno" o "Canne d'India". L'abilità stilistica, che ha per humus una larga riflessione e una lunga sedimentazione, raggiunge maturi frutti soprattutto nelle composizioni i più brevi, dove anche il vuoto e il silenzio, la sospensione nel dire, esprimono il proprio valore comunicativo» (dall'introduzione di Maria Luisa Eguez).
Ameglia e il suo territorio nel Medioevo. Atti della Giornata di studio
Romeo Pavoni, Piero Donati, Alessandra Frondoni
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 1999
pagine: 208
Atti della Giornata di studio, con i contributi: Romeo Pavoni (Università di Genova), "Ameglia: i vescovi di Luni, i vicedomini, i Doria e il Comune di Genova"; Alessandra Frondoni (Soprintendenza Archeologica della Liguria), "Recenti scavi di archeologia cristiana e medievale nel territorio spezzino"; Massimiliana Bugli (Università di Urbino), "Per un’indagine storico - artistica del castrum di Ameglia"; Piero Donati (Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici della Liguria), "Un trittico restaurato a Montemarcello". Il "Giornale storico della Lunigiana e del Territorio Lucense" è una pubblicazione a carattere scientifico, volta alla promozione e pubblicazione di atti di convegno, ricerche, rendiconti, notiziari, di carattere storico e archivistico, archeologico e artistico, linguistico, demologico e folkloristico, e corredata, limitatamente alle miscellanee, di una Rassegna bibliografica degli studi che riguardano il territorio, oggi diviso fra più regioni, ma pur sempre corrispondente all’antica Lunigiana storica ed etnica. La rivista, rinata come terza serie nel 1950 dall’appassionato sodalizio fra Ubaldo Formentini, direttore dei Civici Biblioteca e Museo della Spezia e Nino Lamboglia, direttore dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri, è organo della Sezione Lunense, costituitasi in quella data in seno all’Istituto stesso. Dal 1961, cambiato anche l’aspetto tipografico, si sono aggiunti contributi del vicino territorio Lucense, un rappresentante del quale è nel Comitato di Redazione. Il Giornale trae le sue radici dalle componenti culturali più rappresentative dell’Ottocento e Novecento spezzino e ligure, nel momento della grande crescita demografica e quindi anche del bisogno di consapevolezza storico-culturale, che si esprimeva nella ricerca e riflessione sul proprio passato. Infatti la prima serie della testata fu fondata nel 1909 dal sarzanese Achille Neri e dallo spezzino Ubaldo Mazzini e la rivista fu poi edita, come seconda serie, nonostante la guerra, fino al 1923 ad opera, oltre che del Mazzini, di Giovanni Sforza. Essa raccoglieva inoltre, in quel processo naturale di emancipazione e crescita territoriale dell’epoca, la tradizione di una precedente pubblicazione, con numerosi contribuiti lunigianesi, ma stampata a Genova dal 1874 al 1898: il Giornale Ligustico di Archeologia, Storia e Letteratura, con la condirezione di L. Tommaso Belgrano e di Achille Neri e sotto l’egida della Società Ligure di Storia Patria, divenuto dal 1900 Giornale Storico e Letterario della Liguria, sovvenzionato ed edito dalla Società di Incoraggiamento della Spezia, per cui possiamo in realtà considerare una tradizione editoriale, sia pure con qualche soluzione di continuità, di 126 anni. Come matrice della pubblicazione possiamo anche riconoscere il Giornale Ligustico di Scienze Lettere Arti, pubblicato a Genova fra il 1827 e il 1838, una pubblicazione legata all'ambito erudito del primo Ottocento. Parallelamente alla rivista, dal 1950 la Sezione Lunense ha curato anche la pubblicazione di monografie nella Collana Storica della Liguria Orientale (nove volumi) e di atti di convegno, nazionali e internazionali. Con fotografie e rilievi.

