Libri di Walter Vettori

Il direttore di una banca di San Gimignano viene preso in ostaggio da una banda di rapinatori. I carabinieri, dopo poco, lo trovano privo di vita con il foro di un proiettile in fronte. La circostanza appare subito strana: perché ucciderlo? Era realmente solo il direttore della banca o dietro la facciata si nascondeva qualcosa di diverso? Gli inquirenti di San Gimignano cercheranno di scoprire la verità aiutati dall’amico netturbino Galliano.

Hasim Ylmaz esce dal carcere di San Gimignano dopo quindici anni di detenzione per l'omicidio della moglie. Ha con sé un paio di Ray-Ban ed un cofanetto di madreperla nel quale, a suo dire, sono contenute le ceneri del padre. Dopo qualche giorno, viene trovato cadavere nella sua abitazione dalla quale è sparito il cofanetto. Ma veramente conteneva le ceneri del padre? Tutto ruota intorno all'oggetto che passerà di mano in mano fino ad arrivare in quelle del maresciallo Lanfranchi, ma ancora una volta quando tutto sembra fermo ad un punto morto, sarà l'intuito del netturbino Galliano, amico del Lanfranchi, a dipanare la complicata matassa.

Un libro per chi crede nel potere terapeutico della scrittura e nella forza salvifica dei ricordi. Tra storie di ciclismo, di biliardo e di caccia, passando per il resoconto di brutte cadute e incidenti drammatici, ma anche per flashback di avventure amorose più o meno fugaci, come in un flusso di coscienza l’autore ci fa entrare nella sua vita e racconta di sé, della sua famiglia, dei suoi amici più cari e di coloro che hanno fatto la storia del suo paese, San Gimignano, negli ultimi sessant’anni. E questo gli permette di riavvicinarsi al babbo - venuto a mancare troppo presto - e di vedere con occhi diversi un rapporto che per certi versi è sempre stato conflittuale. Durante le ultime ventitré notti trascorse insieme, padre e figlio si mettono a nudo e hanno la possibilità di conoscersi meglio e, soprattutto, di attenuare il dolore e la sofferenza della malattia con la forza dell’amore e con il sollievo che solo i buoni ricordi possono infondere.

La pietra di San Martino conferma la vocazione profonda sottesa alla poesia di Walter Vettori: il canto, come già in "Settantotto giri", si fa narrazione, i versi si dispiegano in forma di racconto, delineano figure e vicende che si ritagliano uno spazio entro un preciso contesto storico (dal 1943 al secondo Dopoguerra) e che divengono, a loro volta, storia, tessere di una memoria individuale e collettiva. A ricomporre, se compito della poesia è anche quello di restituire unità a ciò che si è disperso in frammenti irrelati, l'immagine di una città e dei suoi quartieri, luoghi mitici come la Portèla e il borgo di San Martino, il cui fascino è già nei nomi, così familiari e nello stesso tempo così lontani dalla banalità del presente.

"Piove sullo scorrere sonnacchioso dei Navigli, che dai miei bulbi oculari cola unendosi al rosso guasto delle mie mani, schiacciate fra un fragile vetro e la sua bianca polvere. Piove su questo sferisterio e i suoi attori sfiatati; i capezzoli delle signore si sono ritirati alle tenebre dei loro occhi spenti, mentre il viso celestiale dell'assessore partecipa ad una gara di bon-ton con il suo ventre gonfio di maleolenti sogni. Piove sui versi dei poeti affogati nei Navigli, sulla 'energia per la morte', sul cemento che nutre il pianeta e il mio conto in banca."