Racconti: Racconti
Otto uomini
Richard Wright
Libro
editore: Racconti
anno edizione: 2020
pagine: 320
Un uomo non ancora uomo che per diventarlo decide di comprarsi una pistola. Un uomo che per sopravvivere si finge donna delle pulizie in una casa di bianchi. Un uomo che per scappare dalla polizia si nasconde per giorni nelle fogne cittadine. Un uomo enorme, un marinaio, che affittando sempre la stessa camera in un ostello di Copenhagen terrorizza per anni il suo ospite. Un uomo che ha visto un’esondazione, un altro che uccide la propria ombra… In questa raccolta mai pubblicata in Italia Richard Wright ci insegna cosa significa essere uomini, e neri, nell’America e nel mondo di ieri – ma anche e soprattutto di oggi.
Cose impossibili di tutti i tipi
John McGahern
Libro
editore: Racconti
anno edizione: 2020
pagine: 250
È stato per molti critici il Čechov irlandese, per la sua abilità nel tratteggiare la dura vita rurale in racconti illuminati da una grazia cupa. D’altra parte, alla penna aveva sempre alternato la zappa, lavorando come contadino nella sua fattoria. Autore pluripremiato e considerato tra i grandi di sempre nella terra di Joyce e Beckett, in Italia sono stati pubblicati tre dei suoi romanzi: "Il pornografo" e "Moran tra le donne" (Einaudi), e "The Dark" (Minimum Fax), bandito dalla censura nell’allora bigotta Irlanda.
Coriandoli il giorno dei morti
B. Traven
Libro: Libro in brossura
editore: Racconti
anno edizione: 2019
pagine: 211
L'autore di questo libro, la didascalia «B. Traven», altri non è che una congettura. La teoria più accreditata lo ritiene il giornalista e anarchico tedesco Ret Marut, un'altra lo individua nell'attore Otto Feige, ma c'è chi ha sostenuto fosse il suo agente Hal Croves, la sua traduttrice Esperanza López Mateos, il comunista Linn Gale o il fotografo Traven Torsvan. Ciò che si sa è che volle e riuscì a mantenere l'anonimato, che si trasferì in Messico diventando famoso negli Stati Uniti grazie a Humphrey Bogart e alla trasposizione cinematografica del suo "Tesoro della Sierra Madre", e che per i patiti delle biografie aveva inventato una formula: "Se l'uomo non può essere conosciuto attraverso le sue opere, allora o l'uomo non vale niente o non valgono niente le sue opere. Se vogliamo tener fede al suo monito, non ci rimane che far così". Introdotti, curati e illustrati da Vittorio Giacopini, i racconti contenuti in "Coriandoli il giorno dei morti" ci parlano di un occidentale affascinato, immerso e rapito da una cultura spontanea, quella messicana, che è antica e meticcia, assediata e impermeabile all'uomo bianco, deliziosamente volgare, a tratti terribilmente violenta, ma anche attraversata da una saggezza quasi sempre imperscrutabile e a suo modo esilarante. È una cultura dove i binocoli hanno poteri magici, dove i tradimenti vengono ripagati col sangue, rappresentata da banditi armati di machete, indios che assomigliano a imperatori e galeotti che si affidano ai santi. Il lettore in cerca d'autore è avvertito: a forza di cercare Traven, o chi per lui, non potrà far altro che perdersi nel folto della giungla, ritrovandosi al massimo con un asino o un fantasma. A quel punto dovrà scegliere se scappare senza risposte o sentire su di sé il fascino e l'inadeguatezza di una logica diversa, una festa da giorno dei morti.
La mia guerra segreta
Philip Ó Ceallaigh
Libro: Libro in brossura
editore: Racconti
anno edizione: 2019
pagine: 312
Quando Robert Culper, uno spacciatore di mezza tacca, viene prelevato da misteriosi agenti federali e si ritrova a Guantànamo, torturato da musica death metal e deprivazioni sensoriali solo per essersi lasciato andare a commenti spregiativi postcoitali durante il crollo delle Torri gemelle, non sa ancora che la sua vita sta per cambiare per sempre. La guerra che ha combattuto tutta una vita — un conflitto a bassa intensità contro una normalità strisciante, i vialetti con l'auto parcheggiata e il prato ben rasato — sta per essere persa una volta e per tutte. Philip Ó Ceallaigh torna a scrivere di uomini stanchi di essere cinici, solitari sbriciolati di ogni certezza che percorrono le strade brulicanti del Cairo o i disabitati boschi transilvani armati solo di scarponi e del desiderio di trovare un angolo di mondo dove non essere più raggiunti. Il racconto è la speciale forma di questo viaggio, una forma di esplorazione del reale e delle sue estensioni, condotta con mano sicura da chi è a suo agio sia nella satira del romanzo sapienziale à la Coelho sia in un tour de force letterario ambientato tra i signori della guerra georgiani. Il consiglio è di infilare il vostro paio di scarponi più resistenti e seguire le tracce dello scrittore irlandese.
La felicita è come l'acqua
Chinelo Okparanta
Libro: Libro in brossura
editore: Racconti
anno edizione: 2019
pagine: 212
L'acqua non disseta e non bagna, piuttosto si disperde in rivoli fra le mani; è la felicità, passeggera e per questo preziosa, raccontata nelle moderne fiabe africane di Chinelo Okparanta. Leggendo le sue storie cí immergiamo, accompagnati da una lingua lirica e una cadenza folclorica, in un nuovo mondo sorretto da parole antiche, ascoltate di sottecchi mentre si cucina un riso jollof, tuonate da pulpiti, o peggio ancora mai pronunciate e sepolte in un quotidiano limaccioso e misterico, riaffiorando in superficie, annaspando per trovare l'aria. Una società rigidamente patriarcale in cui le donne sono disposte a tutto pur di sbiancarsi la pelle nel tentativo impossibile di assomigliare alle modelle lattiginose di Cosmopolitan, oppure vengono ripudiate dai mariti ed etichettate come mgbaliga, «botti vuote», quando non riescono a fare figli. Un mondo ancestrale di pozioni sciamaniche che danno la morte e di una nuova ricchezza che avvelena i pozzi e i parchi gioco. "La felicità è come l'acqua" è anche una controstoria orale in cui la Shell e le perdite di greggio nel delta del Niger possono essere il salvacondotto per raggiungere un amore lontano, una donna che vive negli Stati Uniti tanto idealizzati. Eppure la Nigeria, impersonata da un padre manesco, è capace di inseguire una bambina e sua madre fin nella sofisticata Boston, dentro gli alloggi universitari in cui convivono africani, caraibici e indiani, tutti muniti di un prezioso visto di studio che vale bene qualche livido e occhio nero.
A casa quando è buio
James Purdy
Libro: Libro in brossura
editore: Racconti
anno edizione: 2019
pagine: 128
Chissà che non siano le stesse ordalie dell'autore, quelle di un disperato che barricato dentro una cabina telefonica cerca qualcuno a caso a cui poter raccontare una storia, la sua, fatta di una moglie stanca di topi, pappa d'avena e appartamenti fatiscenti. James Purdy del resto ha faticato a incontrare il gusto del grande pubblico e il suo seguito è sempre stato costituito da un manipolo di devoti ben nascosti. Fuori da tutti i giri e alieno alle mode letterarie, come scrive Giordano Tedoldi nella postfazione a questo libro, Purdy non ha fatto parte nemmeno di una controcultura; piuttosto è sempre e" stato contro la cultura stessa. I racconti contenuti in "A casa quando è buio" sembrano confermare questa sua tensione verso un'aporia finale, una continua evocazione di spettri e assenze attraverso la parola e il simbolo. La scrittura di Purdy è cava, i suoi sono sempre incontri mancati e su di essi aleggia incombente un senso di minaccia. Dialoghi platonici irti di "non sequitur" che indagano il baratro, il cuore oscuro dell'uomo, la sua vulnerabilità, e i desideri che si agitano sotto maniere e abiti inappuntabili. Non sappiamo se sia Mr Diehl, oscenamente bagnato come un tritone, a impartire una lezione alla povera Polly, ma leggendo la storia di questo alterco a bordo piscina la nostra quiete è incrinata. Quando due amici discettano a pranzo di un collega culturista il realismo borghese è solo apparente e il quotidiano sconfina nell'onirico. Un attraversamento che diventa definitivo nell'ultima storia di questa raccolta, un sermone all'umanità firmato da Lui in persona.
Novelle disincantate
Jacques Bens
Libro: Libro in brossura
editore: Racconti
anno edizione: 2018
pagine: 152
Il lettore di questo libro si troverà di fronte a meccaniche di precisione, piani studiati al dettaglio, abilità speciali e divinazioni — miracoli! — tutti immancabilmente destinati a risultati imprevisti o casuali, insoddisfazioni, semifallimenti, scappatoie e talvolta persino inconcludenti relazioni amorose. Al pescivendolo Barthélémy, per esempio, capita di inventare il moto perpetuo; ma come dimostrarlo? Non è detto che il riconoscimento sia degno dell'impresa. E anche Medardo, il campanaro di San Quintino, sapeva trasformare l'acqua in vino con uno starnuto, ma poi si è domandato: siamo sicuri che mi convenga sbandierarlo ai quattro venti? Evidentemente il talento non vale niente senza la testa, la fortuna, o senza delle buone ragioni per usarlo. Per dire, forse l'ingegner Berlancourt avrebbe riconquistato sua moglie scappata col meteorologo, se si fosse trattenuto dal muovere le sue orecchie. A pensarci bene c'entra spesso una donna in queste storie... non è che sono loro a mettere il bastone fra le ruote? Che poi, se è sempre Jacques Bens a scrivere, che gli costava dargli una mano in più a questi suoi uomini disincantati? Certi personaggi hanno il destino segnato, sembra dirci l'autore. E fra le scienze inesatte la letteratura è in assoluto la peggiore.
Un attimo immobile
Eudora Welty
Libro: Libro in brossura
editore: Racconti
anno edizione: 2018
pagine: 188
Quando il bandito James Murrell e il predicatore Lorenzo Dow finiscono per incontrarsi dopo una cavalcata furiosa sulla Pista di Natchez si apre al lettore un momento simbolico. Davanti a loro appare un terzo uomo, l'ornitologo Audubon, tutto assorto nei suoi disegni e nella contemplazione della natura, ed è come se il bene e il male arrivassero improvvisamente a una resa dei conti. Quale verità attende loro, e noi che li osserviamo col fiato sospeso? In "Un attimo immobile" ci sembra di ascoltare gli umori e le agitazioni di un'autrice in nuova tensione — una Eudora Welty più che mai devota alle descrizioni. Questo Sud abbandona il grottesco di "Una coltre di verde" per ripiegarsi su di sé, in una continua trasfigurazione dei luoghi e dell'anima. Osserviamo le stagioni cambiare di fronte agli occhi dei protagonisti, i fiumi rallentare, ingrossarsi, esondare, mentre la scrittura tenta un'impossibile fotografia dell'attimo. Talvolta nell'immagine si scorgono persino gli spiriti del passato: l'infanzia degli Stati Uniti, animata dai complotti di Burr, ma anche quella della piccola Josie e del suo sogno d'amore in una burrascosa notte di equinozio. Forse le paturnie della scrittrice e dei tre personaggi del racconto hanno solo una verità a cui chiedere ragioni: il tempo, contraddittorio e divino, a cui questo libro sembra rendere omaggio.
Ovunque sulla terra gli uomini
Marco Marrucci
Libro
editore: Racconti
anno edizione: 2018
pagine: 135
Le vicende del protagonista di Bocca d’Arno e della sua ebbra discesa in acqua, quelle di Gombo e Tuya e del loro simulacro d’amore, o di Rema e Manuelita e del loro vincolo segreto, resteranno impresse per molto tempo nelle orecchie del lettore; perché questo libro si apre come un carillon di melodie memorabili anche se in continua e incessante variazione. Da ogni angolo del globo ci arrivano storie, miti, diari e confessioni che mai lasciano schiudere interamente i loro luoghi d’origine prima che la pagina venga recitata. Ovunque sulla terra gli uomini è anzi un borgesiano atlante di esseri immaginari le cui geografie rivelano tanto quanto nascondono. Nella prosa di Marrucci sembra infatti non aprirsi alcuno scenario che scavalchi o anticipi l’evocazione letteraria in sé; come se il lettore assieme alla voce narrante partecipasse all’apparizione dell’universo in cui pure si ritrova, frase dopo frase, parola dopo parola. L’invito è dunque ad ascoltare i riverberi, perché giunti all’epifania finale, cristallina, si ha comunque la sensazione di aver gravitato attorno a una resistenza sempre impermeabile alla parola: un nucleo indicibile – bestiale e istintivo, spirituale e immateriale – a cui i protagonisti e il lettore finiscono per dedicarsi anima e corpo.
Fantasie di stupro
Margaret Atwood
Libro: Libro in brossura
editore: Racconti
anno edizione: 2018
pagine: 303
Ma si può avere una fantasia di stupro? Quattro colleghe giocano a carte durante la pausa pranzo e conversano sull'ossessione delle riviste rosa per un certo tipo di fantasie, quelle che prevedono l'irrompere in casa di uno sconosciuto fascinoso ma violento. Mentre le due bionde, una receptionist e un'archivista, ammantano di romanticismo questa fantasticheria tutt'altro che innocua e Sondra tace perché forse qualcosa da dire lo avrebbe, Estelle confessa i suoi sogni, quelli in cui si serve soltanto dell'ironia per dissuadere gli stupratori goffi, maldestri e profondamente umani che la molestano. «Nelle mie fantasie finisce sempre che mi dispiace per lui, insomma, dev'esserci qualcosa che non va in loro.» La vittima considera a loro volta vittime i carnefici, del resto «come potrebbe un uomo fare una cosa del genere a una persona con cui ha appena chiacchierato a lungo, una volta che capisce che anche lei è un essere umano, che anche lei ha una vita, non riesco a immaginare come possano andare fino in fondo, sai? Insomma, so che succede ma non lo capisco, questa è la parte che proprio non riesco a capire».
Il vizio di smettere
Michele Orti Manara
Libro: Libro in brossura
editore: Racconti
anno edizione: 2018
pagine: 170
Qualche tempo fa l’autore di questo libro si è chiesto a chi assomigliassero i propri personaggi. Quale carattere fosse possibile tratteggiare oltre le loro differenze di genere, età, orientamento sessuale e modo di raccontarsi. Intravedeva qualcosa, un’immagine composita. Alcuni di loro risultavano irretiti in grattacapi che l’autore stesso non avrebbe mai saputo risolvere, mentre altri sembravano annegare in un bicchier d’acqua: era possibile che, pur ricamando diverse sintassi, componessero un’unica trama? Perché a sentire di una madre intenta a tappare ogni spiraglio di luce per far dormire il figlio, e di una donna braccata dal proprio assicuratore, si era pronti a ipotizzare la stessa categoria d’ossessione. La stessa materia oscura a tenere unite le confidenze di un adolescente in attesa del migliore amico e la parabola di Wali Gupta, il colpevole uomo delle pulizie in attesa dei padroni di casa. Di cosa era fatto questo collante, una comune dif denza nei confronti del futuro? Forse, si è risposto l’autore, ma più quel leggero panico che ci prende quando crediamo ci sia qualcuno a scrivere i nostri passi, come un assassino inseguito dalla propria missione. Non è tanto il fastidio per i li, quanto le poche aspettative riposte sulla clemenza del burattinaio. È qualcosa di indefinibile, per cui si finisce sempre sul bancone del bar a prestare l’orecchio ai deliri di una vecchia, o sul divano di casa a dar retta a un gatto smorfioso. Un po’ come tifare per la tartaruga, e quella sua cocciuta lotta contro Achille. L’autore se l’è chiesto varie volte chi o cosa fosse questo volto nascosto, e ogni tanto ha pensato di aver riconosciuto qualcuno. Dopo un po’, però, non sapendo bene come porre la questione, ha deciso di smetterla con questo vizio di farsi domande, e si è rimesso a scrivere.
Non chiamarmi col mio nome
James Purdy
Libro: Libro in brossura
editore: Racconti
anno edizione: 2018
pagine: XII-223
James Purdy e la sua scrittura rimangono un rebus oggi come ieri. Amato da autori che non potrebbero essere più diversi - tra gli altri Jonathan Franzen, Gore Vidal e David Means che firma l'introduzione a questo libro -, non ha mai incontrato il favore del grande pubblico né lo ha mai ricercato. Forse proprio perché non l'abbiamo capito meriterebbe ancora un'altra chance per confonderci e sviarci, per mostrarci come la letteratura possa ancora essere un oggetto misterioso che prescinde da regole di scrittura fissate come fossero le tavole del tempio. La prosa di Purdy potrebbe suonare anacronistica, con le sue didascalie, il suo marchiano "tell don't show", questi personaggi che fulminano a bruciapelo gli interlocutori con domande sul senso delle cose, stridenti nella loro chiarezza e crudeli nel loro essere stralunate. I neon di un cinema notturno piuttosto equivoco squillano "uomini uomini uomini", e nella sala buia qualche marchettaro è intento a conoscere col tatto corpi e fremiti propri e altrui. Così come gli Holden efebici che perlustrano gli anfratti più bui di un parco sordido varcano quel territorio di confine che è l'omosessualità, allo stesso modo la lingua di Purdy sta e si misura fra ciò che dice e ciò che esclude dall'esser detto, ciò che rimane fuori ma soprattutto sotto l'abito di parole confezionato da questo formalissimo sarto letterario. Sotto una spessa patina di urbanità e manierismi, pulsa una voragine di desiderio e gli interpreti azzimati e ossequiosi di queste turpitudini mai esibite, ma solo ruminate e vissute, hanno un'onomastica e una "quirkiness" tutta dickensiana. Nell'America che ha fatto una patologia della sua purezza, Purdy si prende il rischio di addossare la colpa alle vittime, con una prosa perturbante che non disvela e non smaschera, ma anzi fa più buio quando ci sono tutte le luci accese.

