Questo libro nasce dall’amicizia profonda tra l’autore, Anacleto Verrecchia, e Giuseppe Prezzolini, due uomini, come si diceva un tempo, “tutti d’un pezzo”, intransigenti, onesti fino alla crudeltà e al tempo stesso generosi. Le pagine che Verrecchia ci riporta nascono dai frequenti incontri con Prezzolini, gli scambi di pensieri e opinioni, lettere... Qui scopriamo l’uomo di genio che ha attraversato il Novecento della cultura, conosciuto tutti, mantenendo quel rigore morale e la capacità di essere al centro del dibattito senza strillare o spintonare, con l’eleganza sia formale sia di “penna” che gli era propria. Un uomo di genio conserva sempre, in sé qualche cosa di fanciullesco che ne accresce il fascino. Ciò dipende dal fatto che le grandi intelligenze conservano fino all’ultimo la facoltà di meravigliarsi dinanzi alle cose, ossia dinanzi ai fenomeni, grandi o piccoli che siano. E proprio questo, che è alla base della vera disposizione alla filosofia, si notava di primo acchito in Prezzolini, dalla cui penna era uscita una sentenza bella e profonda nello stesso tempo: «Quando la curiosità dello spirito cessa, la cultura è morta». Egli sapeva trasformare in problema filosofico anche la quotidianità o meglio la generalità dei fenomeni. Insaziabile di conoscenza e spronato dal demone che gli urgeva dentro, viaggiò molto per terra e per mare, respirando aria nuova e spiegando appieno la propria individualità. Questo gli permise di acquistare uno stile di vita internazionale, che lo distingueva immediatamente. Non aveva nulla della figura tipica del dotto italiano, che di solito è piuttosto provinciale, sedentario, spocchioso, maldestro nel muoversi sulla scena del mondo e spesso incapace di spiccicare una parola straniera. Prezzolini, invece, si muoveva con disinvoltura, aveva molta eleganza nei modi e parlava più lingue. Nei dotti, di solito, si trova più scienza che sapienza. Non così in Prezzolini, la cui sapienza affiorava anche nei discorsi occasionali. Quella sua testa, che non si era mai piegata dinanzi a nessuno e che continuò a rimanere sempre diritta, era un esempio vivente di fierezza e di dignità. La sua conversazione infondeva energia, ma toglieva anche le illusioni: era la voce di un saggio che conosceva a fondo gli uomini e il mondo. Parlava per esperienza diretta, perché nel corso della sua lunghissima vita aveva avuto modo di conoscere tutta la fauna politica e letteraria del secolo. Era, insomma, un testimone oculare, i cui giudizi stridevano incredibilmente con la storiografia o meglio con la tromboneria ufficiale. Prezzolini diceva che la vera cultura è un fatto personale e non scolastico: «Non si diventa colti, ma lo si desidera, o si è spinti a diventarlo per una forza interiore. L’altra cultura, appiccicata o forzata, sia per programma, sia per obbligo, sia per guadagno non dà mai buoni frutti. Se nasce dal vostro essere, bisogna che si conservi sempre in unione con quello, e continui a trarne l’inspirazione. Non può essere imitazione, o interesse, o obbedienza. L’idea di cultura è un’idea attiva, non passiva».
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Giuseppe Prezzolini. L'eretico dello spirito italiano
Titolo | Giuseppe Prezzolini. L'eretico dello spirito italiano |
Autore | Anacleto Verrecchia |
Argomento | Poesia e studi letterari Letteratura: storia e critica |
Collana | Il sogno di Gutenberg, 35 |
Editore | Luni Editrice |
Formato |
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Pagine | 160 |
Pubblicazione | 09/2024 |
ISBN | 9788879848473 |
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