«Crediamo di conoscere ciò che è terribile. Invece non capiamo niente. Non capiamo l’eternità della fame. Il vuoto. L’assenza. Il corpo che si consuma. La parola «niente». Noi non conosciamo i campi» (Georges Perec). Non c’è pietà e non ci sono spiegazioni in questo testo, non c’è nemmeno una lingua codificata o tantomeno letteraria per dire i campi. Qui la lingua è una parte del corpo ed è usata come tale, nella sua miseria, impotenza, malattia; ma anche nel suo ruolo biologico primario: esprimere l’istinto di sopravvivenza della specie umana. Ecco perché Robert Antelme non «racconta» soltanto l’odissea di un gruppo di deportati politici, l’itinerario sfibrante da Buchenwald a Gandersheim a Dachau, l’abbrutimento fisico e morale, il confronto quotidiano con un’alienità distruttiva e potenzialmente senza fine. Queste pagine scritte sono voce, voce allo stato puro. Accanto ai libri di Primo Levi, il libro unico che è “La specie umana” resta fra le testimonianze più radicali e più alte della letteratura concentrazionaria.
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La specie umana
| Titolo | La specie umana |
| Autore | Robert Antelme |
| Curatore | Domenico Scarpa |
| Traduttore | Stefania Ricciardi |
| Argomento | Narrativa Narrativa moderna e contemporanea (dopo il 1945) |
| Collana | Letture Einaudi |
| Editore | Einaudi |
| Formato |
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| Pagine | 496 |
| Pubblicazione | 11/2025 |
| ISBN | 9788806261214 |

