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ABE: Rudimenti di storiografia

La Basilicata federiciana nella toponimia medievale: rudimenti di storiografia sveva. Origini e aspetti pregiuridici del territorio

La Basilicata federiciana nella toponimia medievale: rudimenti di storiografia sveva. Origini e aspetti pregiuridici del territorio

Antonio Vito Boccia

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2025

pagine: 262

Con la struttura e con la forma di questo saggio, che ha ad oggetto uno studio sulla nascita dell'assetto moderno della Basilicata, viene presentata anche un'indagine approfondita sull'origine delle città lucano-basilicatesi e sulla determinazione dei confini della stessa regione, così come la conosciamo oggi. Nell'ambito di tali ricerche, finalizzate a ricostruire una storia che è ancora pressochè inedita, è stata messa in rilievo l'identità medievale del coronimo Basilicata, per come è risultato sia in base alle poche fonti primarie esistenti, che all'analisi toponimica: alla luce delle considerazioni contenute nel testo si vedrà che è lecito parlare di genesi 'sveva' della regione. Fermo restante il contenuto scientifico e il carattere argomentativo dell'opera, inoltre, vengono esposte una serie di tematiche di carattere storico-giuridico, unitamente ad altre di carattere linguistico, per quanto è possibile attraverso modalità divulgative. Sia le citazioni bibliografiche, sia quelle di archivio - se ritenute indispensabili - sono infatti presenti e vengono accennate ed inserite nel corpo del testo, mediante dei richiami volutamente sintetici (e non a piè pagina). Si deve poi segnalare il vasto utilizzo della 'toponimia', come principale metodo di ricerca: si tratta, com'è noto, di una scienza ausiliaria che risulta essere fondamentale per lo studio della storia del territorio, soprattutto in assenza di specifiche indagini archeologiche e di penuria archivistica. Essa, pur facendo parte della linguistica, intrattiene rapporti indispensabili con gli studi storici: infatti, riesce a rappresentare la significativa resistenza - sui luoghi - di veri e propri 'fossili linguistici', i quali possono fungere da guida, fornendo molto spesso adeguati e obiettivi riscontri, laddove (come nel periodo tardo antico e alto medievale) le fonti documentarie di primo grado sono molto scarse. A proposito di fonti d'archivio, dobbiamo ricordare che, perseguendo l'abitudine inveterata di cancellare una storia scomoda, fatta soprattutto di una presenza religiosa "concorrenziale" nel Mezzogiorno (parliamo di obbedienza 'ortodossa'), la chiesa cattolica - anche se involontariamente - ha grandemente contribuito a rendere poco leggibile l'epoca in esame, distruggendo il culto ortodosso e, vieppiù, i testi ad esso legati. A ciò si aggiunga la dispersione di una gran parte del patrimonio laico e, in particolare, di quello codicistico greco-medievale appartenente alla corte di Federico II, che venne improvvidamente donato da Carlo D'Angiò al papa e che, quindi, alla metà del Tredicesimo secolo fu trasportato in quello che sarebbe diventato l'archivio 'segreto' vaticano. Alcuni di questi codici si sono salvati e fanno parte del nucleo di partenza della raccolta vaticana, ma devono essere ritenuti come materiale archivistico disorganico e non perfettamente catalogato (inoltre, sono scarsamente studiati). Si specifica, infine, che pur non avendo una vocazione manualistica, il libro - grazie all'analisi di alcuni manoscritti medievali (soprattutto cronache e atti giuridici) - offre uno spaccato di storia del diritto vigente nel Mezzogiorno d'Italia, all'indomani dell'anno Mille.
35,00

Rudimenti di storiografia longobarda: il ducato di Napoli nella toponomastica

Rudimenti di storiografia longobarda: il ducato di Napoli nella toponomastica

Antonio Vito Boccia, Gennaro De Crescenzo

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2024

pagine: 128

Dal punto di vista politico-istituzionale al duca spettavano compiti relativi agli aspetti militari e fiscali, al vescovo quelli relativi agli aspetti liturgici e quelli relativi alle strutture ecclesiastiche e ai monaci e alle monache quelli relativi all'assistenza, alla carità e alla organizzazione rurale alla base dell'economia del tempo. Di primo piano, allora, il ruolo del monachesimo locale che, attraverso i suoi enti di diverse dimensioni, gestiva un potere importante una volta decaduti gli ospedali municipali e "laici" fin dalla metà del V secolo. Anche in questo aspetto emerge una caratteristica che rappresenta forse un "unicum" tra le città del tempo: Napoli, pur nella sua autonomia rispetto a Bisanzio, operò una fusione tra la cultura greca delle sue radici e quella latina. Erano diverse e consistenti, del resto, le comunità ellenofone in tutta la Campania ed era diffuso dappertutto un senso di rispetto e ospitalità verso queste persone che richiamavano, per tanti aspetti, elementi dell'antica Magna Grecia. In questo senso pesava la consolidata tradizione dei traduttori presso gli Scriptoria napoletani e anche quella delle letture e dei canti in greco nelle cerimonie più solenni (uso presente solo a Roma a quel tempo) in un bilinguismo che conteneva implicazioni originali, articolate e affascinanti. Sorprende, come detto in precedenza, il mancato approfondimento di quello che alcuni studiosi hanno giustamente definito "particolarismo napoletano", un aspetto sinonimo di una dinamicità e di una originalità con pochi precedenti almeno in Italia. Tra altre fonti, la Cronaca di Partenope sostiene la tesi delle sei chiese greche presenti in città e si registra anche una singolare tradizione: la mattina del sabato santo, i primiceri/responsabili di queste chiese erano tenuti a recarsi al duomo per cantare o leggere sei lezioni greche e, a Pasqua, assistere il Cimiliarca (ministro di culto) e cantare il Credo in lingua greca e secondo il rito dei Greci con la riproduzione di alcuni atti comici o facezie dette in latino volgare "squarastase". Napoli fu capace, così, di diventare e restare un simbolo della grecità ma una grecità letta, vissuta e realizzata attraverso la latinità con la creazione di nuovi modelli istituzionali, liturgici, linguistici e politici. In questo rivestirono una grande importanza le scelte "autonomistiche" e accentratrici da parte dei duchi, forti di un senso di appartenenza di grande rilievo culturale. E questo discorso si lega profondamente ai fattori locali "identitari" che spesso vengono richiamati (in qualche caso per condannarli o per negarli) anche in tempi recenti. Napoli, allora, come capitale culturale e, in seguito, politica di un intero territorio destinato, nei secoli, ad espandere i suoi confini ben oltre quelli della "città-stato-signoria" ducale. La storia del ducato, allora, diventa paradigmatica e anche coerente con la storia di una identità che parte dalle radici greche, passa per quelle latine e diventa, poi, tra i Normanni e i Borbone, la base di una "nazione napoletana" che spesso ancora oggi fornisce spunti per dibattiti vivaci e utili. Perciò ci pare molto significativo un documento nel quale il duca Sergio IV concede diversi beni e privilegi al monastero di San Gregorio «affinché le Sacre Vergini potessero pregare per i loro donatori e per la salute della patria». Questo testo intende rappresentare un primo tentativo di ricostruzione complessiva dell'ormai dimenticato periodo alto-medievale, vissuto dalla città di Napoli. Forse per le obiettive difficoltà di reperire fonti, noi oggi ci troviamo di fronte a un autentico paradosso: conosciamo di fatti la storia della Napoli greca e di quella romana, ma sul cosiddetto "ducato di Napoli" (definizione che utilizzeremo solo per esigenze di sintesi e semplificazione) - peraltro un periodo complesso e lungo oltre seicento anni (VI-XII secolo) - le ricerche e gli approfondimenti sono sempre stati limitatissimi.
44,00

La divisio ducatus e il catepanato Italia. I Bizantini padroni del Principato di Benevento Nova

La divisio ducatus e il catepanato Italia. I Bizantini padroni del Principato di Benevento Nova

Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2022

pagine: 96

L'originario litorale di un corno e un'isola sono l'Italia dell'Esperia. L'Urbe Latina, detta anche solo Urbe dagli scrittori latini, è confusa spesso dai con un'altra capitale, che è Urbe Roma, dagli stessi scrittori romani. In un discorso così semplicistico in verità le difficoltà aumentano nella ricerca dei luoghi dell'antico Latum dell'Atense di Teate, ma Bascetta, in questa nuova collana sui luoghi originari dell'Italia prima dei Normanni, ci presenta un'Apulia inattesa, inaspettata. Senza arenarci abbandoniamo dunque momentaneamente Plinio per dedicarci a Servio, lo storico del poeta Virgilio. Servio, chiaro fin da subito, riapre egli stesso la questione del doppio Lazio: Latium duplex est. E questo ancora ai suoi tempi. Infatti, a suo stesso dire, si aveva un Latium a Tiberi, presso Fundi, e l'altro presso il Velturnu, definito Vecchio Latio, fra cave e monti, in origine abitate dai Casci (Osci), aggiungendo che il Latio dell'agro di Lauro dove fosse sbarcato di Enea fu quello abitato dai Latini. E Bascetta, in questa collana aggiornata, ridisegna la geografia storica da zero, partendo dal Promontorio detto Iapygia, che scorre per l'Italia lunghissimo nel mare, per risalirlo e giungere subito all'Esperia, sul confine del L'Atense latino dell'Atinate, l'Universo di Enea scomparso, perché distrutto dalle fiamme eruttate dalla stella. L'Esperia era proprio un litorale, il futuro agro Troiano, quello inghiottito dalla lava che generò l'orto del male oro...
25,00

L'era della «Recuperazione» nella nuova Amalfi del Duca. Il Decennio dei Salernitani di Palinuro dal 1101 al 1111
35,00

Il trono di Puglia di Rogerio Borsa. Barulo di Civitate distrutta dal sisma del 1088

Il trono di Puglia di Rogerio Borsa. Barulo di Civitate distrutta dal sisma del 1088

Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2021

pagine: 128

Le complesse vicende del periodo normanno di Rogerius (detto anche Ruggiero, ma non è un Altavilla) cadono, una dopo l'altra, nella nuova collana di ABE, a cominciare da questo volume. Bascetta snocciola, in maniera viscerale, luoghi, fatti e volti che si riprendono la scena dopo la morte di Roberto il Guiscardo dei «Magnifici». A guidare i «Guiscardelli» c'è l'erede Rogerio Borsa, Duca di Puglia, che litiga col fratellastro Boemondo, strappandogli dalle mani la corona di Re, spinto dalla madre salernitana. La Principessa Sichelgaita non vuole lasciare il Regno di Puglia che si sta costruendo sul Gargano per Salerno e avvia una guerra infinita fra i due consanguinei, sposata dal Gran Comes degli Altavilla. Finirà che sarà il terremoto del 1088 a distruggere la costruenda reggia di Borsa, nell'Urbe S. Maria Beroli della Basilica di San Giovanni, capitale dell'antico Principato della Pentapoli di Arechi II. Borsa farà le valige lasciando tutto nelle mani dello Zio Ruggero Altavilla, scelto dal papa a Marchio, cioè a Vicario della Chiesa nella antica sede consolare dei Romani e dei Franchi, che fu S. Maria in Teate. Il trono di Urbiniano di Uniano non nascerà mai, perché si chiamerà Urbiriano di Iriano la vicecapitale di Pavia, il Principato del Regno della Longobardia di Ruggero I della stirpe degli «Altavilla». Lo zio di Borsa gli aveva usurpato di fatto il nascente Regno di Puglia, rispedendolo esiliato a Salerno, espropriandolo del Ducato dove fece nascere la Marca di S. Pietro a Ripalta della Serra. Spinto dall'Imperatore, come accadeva ai tempi di Carlo Magno, fu pronto alla scena fu un altro nipote, Roberto dell'Aquila della linea dei «Loritelli», a cui l'Altavilla aveva ucciso il padre, pronto a vendicarsi e a liberare l'antica Trinità dei Campi Marini, nella Sabina di Torre Maggiore. Il suo interesse e quello dell'Imperatore fu di riportare il trono nella Villa Magna di San Michele Arcangelo del Monte Gargano, di fronte all'isola di Diomede, dove sbarcò Enea e dove nascerà il Regno di Puglia.
35,00

L'età dei comuni a Civitate Beneventana. Il ridimensionamento del Sannio nei confini del 1101

L'età dei comuni a Civitate Beneventana. Il ridimensionamento del Sannio nei confini del 1101

Arturo Bascetta

Libro

editore: ABE

anno edizione: 2021

pagine: 112

Il Principato del Regno Longobardo di Pavia fu nella Contea delle Isole Tremiti e fu detto Principato Italia anche dopo il suo fondatore, Arechi II, vicario dei Carolingi a San Giovanni del Monte Gargano. E tale rimase, sotto i Francofoni, sulla medesima via Francigena che conduceva all'Urbe dedicata alla Vergine Maria. Il territorio fu poi compreso nel Giustizierato di Roberto Loritello, che sedette nella Gran Contea di Siponto e affidò Lesina al suo Alarino, sempre in nome dell'Imperatore e del Papa. Quando gli accordi saltarono, il pontefice fece nascere la Marca di Puglia a Urbiriano del Guiscardo, fra i ruderi dell'antica Teate del consolato latino, e l'Imperatore ripristinò il Castellovetere di Troia a Urbiviano, la vicaria Ecana alla Ripalonga delle monache sofiane, fra i ruderi dell'antica Teano Apula canosina. È questa la brillante sintesi dell'ultimo volume di Arturo Bascetta che riporta ogni personaggio, normanno, greco, o bizantino che sia, nel suo legittimo territorio, seguendone spostamenti, espropri, soprusi. Qui nasce un altro viaggio nella ex Longobardia Meridionale che ora possiamo affermare essere stata contesa da due schieramenti, che ne procurano viceregni diversi. Essi furono sedi di due capitali: Civitatense, che era latina, salernitana e papalina; e Troia, che era romana, beneventana e imperiale, vicine fra loro, ma distinte, nel 700 come ancora nel 1101. Padrone di Monte Sant'Angelo, però, fu sempre Borsa, in nome di un solo Regno di Puglia, quello dei pii, martiri e pellegrini della Croce. Per il figlio legittimo del Guiscardo non esistevano né papi e né imperatori, di cui si servì con destrezza e abilità, così come essi avevano fatto anni addietro, quando giunsero dalla Sarmazia, anteponendogli i crociati della Normandia.
35,00

L'antica Esperia, universo di Enea «l'Atum» Italia dal 950 a.C. al 100 d.C.

L'antica Esperia, universo di Enea «l'Atum» Italia dal 950 a.C. al 100 d.C.

Sabato Cuttrera

Libro

editore: ABE

anno edizione: 2021

pagine: 208

L'originario litorale di un corno e un'isola sono l'Italia dell'Esperia. Urbe Latina detta anche solo Urbe dagli scrittori latini, è confusa spesso dai con un'altra capitale, che è Urbe Roma, dagli stessi scrittori romani. In un discorso così semplicistico in verità le difficoltà aumentano nella ricerca dei luoghi dell'antico Latio, ma l'Autore, in questa nuova collana sui luoghi antichi dell'Italia prima dei Normanni, ci presenta un'Apulia inattesa, inaspettata. Senza arenarci abbandoniamo dunque momentaneamente Plinio per dedicarci a Servio, lo storico del poeta Virgilio. Servio, chiaro fin da subito, riapre egli stesso la questione del doppio Lazio: Latium duplex est. E questo ancora ai suoi tempi. Infatti, a suo stesso dire, si aveva un Latium a Tiberi, presso Fundi, e l'altro presso il Vulturnu, definito Vecchio Latio, fra cave e monti, in origine abitate dai Casci, aggiungendo che il Latio dell'agro di Lauro dove fosse sbarcato di Enea fu quello abitato dai Latini E l'Autore ricomincia proprio da zero, dal Promontorio detto Iapygia che scorre per l'Italia lunghissimo nel mare, per risalirlo e giungere subito all'Esperia, sul confine del Lato antico dell'Universo di Enea distrutto dalle fiamme eruttate dalla stella. L'Esperia era proprio un litorale, in agro Troiano, inghiottito dalla lava, che generò l'orto del male oro: la Daunia. Questi gli argomenti con note in latino: I Latini primi abitatori dell'agro Laurentia dove approdò Enea fondando Uria-Troia a Laurolavinio, Urbe dei Latini dell'isola di Diomede. Urbe Troia di Enea fu in agro Lauro dei Monti Casci del Vulturnu in Latio antico (Sicilia liviana). Pachynum, Lilybaeum e Pelorum: le città sui tre lati di Trinacria, la grande isola fra Austrum, Africam e Mare Tyrrhenum che degradavano a Capo Aetna. L'Insulam di Syracusae, Ortux dei Greci, chiamato Ortigia dai Romani e infine Isola di Delos che non era la vera Delos di Creta. L'ex Messapia (Calabria) di Tarento Brundisio col Golfo di Oppido Laconu e l'ex Messapia Apula (Iapygia) di Peucentia in Agro Sallentino con Oppido Tarento Uria. L'Esperia: Noba Orbe Carthagine a Poenorum occupata dai Siculi, al confine con il Latium Antiquo dell'Universo di Enea distrutto dalle fiamme eruttate dalla stella L'isola Italia della stella di fuoco di Selva Sorori, Regno di Hesperio sul fiume Padus sommerso dalla lava dell'Heridano rientra in Magna Grecia con i Calcidesi che vi fondano la prima Kyma. L'originario litorale di un corno e un'isola sono l'Italia dell'Esperia, mentre Orbe Carthagine a Poena fu distrutta dalla lava e rifondata a Cuma. L'Italia dell'Hesperia assorbita dai Greci vide la nascita di Cuma proprio sull'isola Euboea alla foce del Vulturno nel territorio del Latio antico. I Galli spinti verso l'Ausonia perché cacciati dalla Sicilia, dove viene fondata Urbe Roma, alla foce della Colonia Hadria dei fiumi Hadriatico, salendo per il territorio dei Piceni, oltre Castello Novo di Hadria e i fiumi Batinu, Vomano, Albula.
35,00

Arechi II principe di Carlo Magno. Il consolato carolingio della Via Francigena

Arechi II principe di Carlo Magno. Il consolato carolingio della Via Francigena

Arturo Bascetta

Libro

editore: ABE

anno edizione: 2021

pagine: 128

Lo sbarco dei Longobardi sul fiume Aquilone di rimpetto alle Tremiti, il Regno di Milano, il Ducato Foroiuliense a Nuvla Uria, la Marca Samnia di Gisulfo II a Prata Flaminia, la Vicaria Portuense di Re Desiderio a S. Sofia Vetere, il Ducato di Arechi fra Vena Ventara e Vena Acquosa, il Consolato di Carlo Magno a Villa Francisca, il Principato di Arechi a Villa San Giovanni. Arturo Bascetta, in questo volume sulle prime vicende storiche dei Longobardi, traccia un profilo concreto delle fondazioni operate dai Beneventani ante «Divisio Ducatus», facendo emergere la centralità dell'antica Prata Gargano. Un viaggio da Uria antica della Campania a Nuvla Yria dei Salernitani, che nasce e si conclude, dopo mille peripezie, nel Principato Beneventano della Villa Magna dei Franchi. Siamo nel «Loco Sano» più sano che la storia ricordi, nelle mura del Palazzo di San Pietro costruito da Tatone fuori l'Urbe sofiana «erga mare», quartier generale sud di Carlo Magno, padrone del Porto di Siponto e della Via Francigena. Ma siamo anche nella vicina Urbe di San Giovanni, sede del Principato del Pentano fondato da Arechi II, fra le sue cinque corti Lucerine, al du qua del Gargano, nella Marca Vaticana della Serra, dove è appena nata la capitale cattolica del futuro Regno di Puglia, nella Basilica di S. Maria dei Martiri di Teate. Quasi una guida, più che un libro, quest'ultima pubblicazione di Bascetta; seppure sia chiaro, come afferma l'autore, che siamo solo ai «rudimenti».
35,00

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