Abscondita: Carte d'artisti
Memorie di una ritrattista
Elisabeth Vigée Le Brun
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 240
Élisabeth Vigée Le Brun (1755-1842) ebbe grandissima fama presso l’aristocrazia europea del suo tempo, di cui fu la più celebrata e richiesta ritrattista. Pittrice ufficiale di Maria Antonietta, a seguito della Rivoluzione francese fu costretta a emigrare presso altre corti europee, riscuotendo successi e onori. Celebre in vita e poi pressoché dimenticata, è tornata in auge quando il movimento femminista ha rivalutato le più emblematiche figure di donne: e certamente Élisabeth Vigée Le Brun è una di loro. «I Souvenirs sono l’autobiografia di un’artista,» scrive Benedetta Craveri nel saggio introduttivo «la storia della sua vocazione, del suo percorso creativo, della sua committenza. Dietro la civetteria di una donna consapevole della sua bellezza e dei suoi successi, avvertiamo una passione totalizzante, sorretta da una grande ambizione e da un’implacabile energia. Questa passione è la pittura. Dipingere è per lei un fatto istintivo, che assorbe nutrimento direttamente dalla vita e, alla fine di queste memorie, sorge il sospetto che sia la vita stessa a essere vissuta in funzione della pittura».
Per un'architettura totale
Walter Gropius
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 192
«Le mie idee sono state spesso interpretate come l'esaltazione della razionalizzazione e della meccanizzazione. È una visione assolutamente erronea di tutti i miei sforzi. Ho sempre insistito sul fatto che l'appagamento dei bisogni dell'animo umano è più importante del benessere materiale, e che il raggiungimento di una nuova visione spaziale è più significativo dell'economia strutturale e della perfezione funzionale. Lo slogan "funzionalità uguale bellezza" è solo parzialmente vero. Quando consideriamo bello un viso umano? Ogni viso è funzionale nelle sue parti, ma solo quando proporzioni e colori perfetti si fondono in un'ideale armonia, esso merita l'epiteto di bello. Lo stesso accade in architettura. Solo la perfetta armonia delle sue funzioni tecniche e delle sue proporzioni può approdare al bello. È precisamente questo a rendere il nostro compito così articolato e così complesso. L'autentica architettura dovrebbe essere la proiezione della vita stessa, e questo implica una conoscenza intima dei problemi biologici, sociali, tecnici e artistici. E tuttavia questo non basta. Per rendere unitari tutti i diversi rami dell'attività umana è indispensabile una forza di carattere che i mezzi educativi possono solo rafforzare, non creare. La nostra meta più alta deve comunque esser quella di formare uomini in grado di tendere alla totalità, anziché chiudersi entro gli angusti limiti della specializzazione. Il nostro secolo ha prodotto il tipo dell'esperto in un'infinità di esemplari: facciamo ora in modo che nascano uomini dall'ampia visione». Con uno scritto di Manlio Brusatin.
Scritti, interviste, testimonianze
Edward Hopper
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 160
Sono qui raccolti i principali scritti di Edward Hopper, unitamente alle sue più significative interviste e alle più importanti testimonianze di coloro che lo conobbero. Sia le sue pagine, sia i racconti di critici e artisti che lo incontrarono – nello studio in Washington Square a New York, oppure a Cape Cod, nella casa affacciata sull’oceano che lui stesso aveva costruito all’inizio degli anni Trenta – restituiscono un ritratto suggestivo e illuminante di uno dei maestri della pittura del Novecento. Hopper si riconferma una figura elusiva ed enigmatica («Non so quale sia la mia identità. I critici ti danno un’identità, e a volte tu gli dai una mano» dichiara lui stesso), ma le sue rare dichiarazioni sono una chiave imprescindibile per conoscerne la personalità, le convinzioni, gli amori intellettuali. Edward Hopper (Nyack 1882-New York 1967) è il maggior esponente del realismo americano del XX secolo. La sua pittura, ispirata alla scena americana, dove compaiono case vittoriane e binari ferroviari, fari sulla costa atlantica e caffè solitari, distributori di benzina e immagini di strade cittadine, è al tempo stesso quotidiana e metafisica. La sua opera, come è stato detto, è un’icona del mondo contemporaneo.
Scritti d'arte (1959-1981)
Vincenzo Agnetti
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 240
Il volume, curato da Federica Boragina, raccoglie per la prima volta gli scritti d’arte di Vincenzo Agnetti, fra i maggiori protagonisti dell’arte concettuale del Novecento. I primi scritti di Agnetti risalgono alla fine degli anni Cinquanta, periodo in cui partecipa al contesto artistico milanese delle neoavanguardie: testi critici dedicati ai maggiori protagonisti del tempo, fra cui l’amico Piero Manzoni e, negli anni a seguire, Enrico Castellani, Fausto Melotti, Paolo Scheggi e altri. Accanto agli scritti «per gli artisti», considerevole è la produzione di scritti «sull’arte» comparsi, a partire dagli anni Settanta, sulle principali riviste dell’epoca: «Domus», «Data» e «Flash Art». Si tratta di contributi dedicati al panorama artistico coevo, letto con profetico intuito e rara lucidità; ma anche di scritti di natura teorica da considerarsi parte integrante delle opere stesse. La selezione è accompagnata da note critiche che restituiscono il contesto nel quale i testi hanno preso forma e lasciano emergere la diretta derivazione e la ricorrenza fra gli scritti e le opere di Agnetti, da leggersi come elementi di un unico sistema. Con uno scritto di Marco Meneguzzo.
La seconda vista. Aforismi e altri scritti
Franz Marc
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 144
La vocazione filosofica, per non dire teologica, di Marc riaffiora anche nei suoi scritti, che affrontano l’arte soprattutto dal punto di vista dei significati. I suoi interventi possiedono una riconoscibilità “cronologica”: se nei primi c’è un’eco precisa delle vicende artistiche contemporanee, negli ultimi, soprattutto quelli risalenti al periodo della guerra, il discorso si fa teorico, perfino metafisico. Le sue riflessioni riguardano sempre il fine generale della ricerca espressiva, non sono mai sulla pittura, ma sull’arte. Del resto lui stesso sostiene che un quadro è prima di tutto un’idea: «Chi oggi dipinge artigianalmente, nella vecchia accezione, dei quadri, solo quadri, non ha niente a che vedere con l’arte». Anche dove il tema si fa più circostanziato (come, ad esempio, quando Marc delinea un rapporto tra gli impressionisti, Cézanne e Picasso) la narrazione risulta sempre oracolare e visionaria. E la visionarietà, tradotta in un linguaggio che oscilla tra la liricità espressionista e il sermone, è la caratteristica fondamentale del discorso di Marc. «Non vedrò la Terra Promessa» aveva scritto Cézanne nelle sue ultime lettere. Marc, invece, nel «Purgatorio della guerra» non fa che progettare il futuro dell’arte europea, della coscienza europea. Di quel futuro voleva essere, era convinto di poter essere, uno degli artefici. Per questo, quanto può esservi di eccessivo e di apocalittico nelle sue pagine estreme, quanto dei fraintendimenti militaristici è rimasto impigliato in alcune sue righe, gli si condona facilmente, pensando a come la sua stessa vicenda esistenziale avrebbe presto soffocato quelle speranze. A pochi profeti è stato dato, come a Franz Marc, di dimostrare personalmente il fallimento delle proprie profezie.
Ligabue
Cesare Zavattini
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 144
"La poesia è lì, da leggere, da inghiottire; si intitola «Ligabue»; racconta di un pittore, un grande pittore, ma anche dell’uomo bizzarro e sventurato che quel pittore era; racconta di quel pittore e di quell’uomo, ma anche del poeta che ne parla, e di come questo poeta sia tentato di identificarsi con quel pittore; racconta del poeta che parla e che è tentato, ma anche dell’uomo che questo poeta è; racconta del pittore e del poeta e del loro essere bizzarri e sventurati o bizzarri e tentati, ma anche del tempo in cui hanno vissuto e vivono, dei loro quadri e delle loro poesie, di che cos’è un quadro, di che cos’è una poesia... Sfido chiunque a raccontare tutte queste cose insieme, a farci sentire che sono vere, a farci capire quanto contano o dovrebbero contare per ciascuno di noi, senza essere un poeta e senza scrivere una poesia." (Dall'introduzione di Giovanni Raboni). Con uno scritto di Marco Vallora.
Il realismo. Lettere e scritti
Gustave Courbet
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 160
Le lettere e gli scritti di Gustave Courbet (1818-1877) – l’esponente più autorevole del movimento realista in pittura, e l’ardente rivoluzionario che pagò con la prigione e l’esilio il suo sostegno alla Comune del 1860 affogata nel sangue dalle forze reazionarie – sono magistralmente tradotti da Ernesto Treccani, originalissimo pittore e fine letterato, che scrive: «Sono molti gli artisti, i critici e gli scrittori, contemporanei e posteriori a Courbet, che non gli hanno mai perdonato d’esser stato un comunardo, di aver difeso la libertà repubblicana, di aver lottato e pagato per questo. Sono passati gli anni, e la gloria di Courbet si è fatta più grande: la sua arte ha finito con l’imporsi a tutti, il suo vigoroso realismo, a tanta distanza di tempo, ha finito con l’essere universalmente accettato e osannato. E tuttavia l’ostilità verso Courbet continua; non c’è occasione infatti di cui certa critica non approfitti per rimproverargli le sue tesi tendenziose. Tale critica, in sostanza, non potendo più abolire l’opera del Maestro di Ornans, cerca almeno di abolire l’uomo Courbet, di abolire la sua vita e tutto ciò in cui egli ha creduto e per cui ha lottato e duramente pagato. In altre parole fa l’elogio dei quadri rifiutando le ragioni per cui quei quadri meravigliosi sono nati, e le idee, le passioni, gli ideali di cui sono nutriti». Idee, passioni e ideali di cui sono intrisi gli scritti e le lettere che qui presentiamo. Con uno scritto di Deianira Amico.
Il «Festino degli dèi» di Giovanni Bellini
Edgar Wind
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 144
«Senza dubbio il Festino degli dèi occupa una posizione unica tra le opere di Bellini. Terminato all'età di circa ottant'anni, è uno dei suoi rari quadri con divinità pagane. Nel dipinto tali divinità appaiono piuttosto bizzarre, in parte eleganti e in parte rozze, e decisamente non olimpiche. Se non fosse per alcuni inconfondibili attributi — come la verga di Mercurio, il tridente di Nettuno, il serto di spighe di grano nei capelli di Cerere, o l'asino accudito da Sileno - potremmo ritenere che si tratti di una brigata di contadini intenti a godersi con aria sonnolenta una ‘fete champêtre’. [...] Ma se il soggetto è eccezionale nell'arte di Bellini, tale rappresentazione eccentrica delle divinità pagane non è affatto unica nel suo tipo. Pertiene a un genere letterario e pittorico particolarmente caro agli umanisti del Rinascimento, consapevoli che gli stessi antichi avevano trattato i loro soggetti sacri con ironia. I poemi omerici offrivano modelli di stile faceto, oltre che eroico; e lo stesso valeva per Ovidio e Apuleio. Nella disputa tra Democrito ed Eraclito, il tragediografo Seneca dava la palma alla risata. L'ampio consenso intorno a questa lezione durante il Rinascimento è attestato dall'entusiastico revival di Luciano. Ridere con indulgenza degli dèi pagani divenne un segno della grazia umanistica, trasmessa dai poeti agli scrittori.»
Moda futurista. Eleganza e seduzione
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 224
“«Moda futurista» non si limita ad una ricostruzione storica della moda del futurismo, a raccontare o descrivere avvenimenti ed episodi collegati alle ardite creazioni sartoriali dell’avanguardia marinettiana. Attraverso la collazione a livello cronologico di manifesti teorici, di proclami, delle stroncature e di testi anche erotici e pruriginosi legati al vestiario futurista, affronta l’analisi del linguaggio letterario e comportamentale fondato su modelli e prototipi di abiti creati esclusivamente da stilisti e da artisti futuristi prestati al mondo della moda. Questa ricerca non verte né sull’aspetto decorativo dell’abito futurista, né sul suo linguaggio, e quindi sulle tendenze dello stile futurista, bensì sulla traduzione dell’uno nell’altro e viceversa, con il riconoscimento del fenomeno della moda del futurismo quale efficace sistema di significazione: un sistema di senso entro cui si producono le raffigurazioni culturali ed estetiche del corpo rivestito secondo i princìpi creativi del futurismo. L’abito futurista è descritto nei suoi dettagli artistici, tecnici e sartoriali, analizzato nel suo contesto e studiato per il suo potere di significazione simbolica, sociale, ideologica, creativa e al tempo stesso erotica. Per questo il vestito futurista è letto e interpretato in qualità di eccezionale strumento di comunicazione, di habitus, di dress code e di objet d’art diventato, al tempo stesso, uno speciale oggetto d’uso quotidiano.” (Guido Andrea Pautasso)
Raffaello. Il trionfo di Eros
André Chastel
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 144
André Chastel (1912-1990) ha dedicato all’arte di Raffaello una serie di studi nel segno di una lettura erotica, riuniti in questo volume. Lo storico francese illumina il motivo che ha guidato l’arte dell’urbinate: l’idea dell’umanità sub specie amoris. Idea che l’artista mutua dagli umanisti frequentati a Urbino e alla corte di Leone X, dove venivano rielaborati i temi neoplatonici del Convito ficiniano. Dal rapporto tra le aspirazioni umanistiche della corte papale e le conquiste formali cui Raffaello perviene a Firenze, studiando Leonardo e Michelangelo, nasce l’arte classica del Rinascimento; l’arte di Raffaello diviene espressione perfetta dell’anima riconciliata nell’accordo tra Amore divino ed Eros terrestre. Scrive Chastel: «Raffaello trascendeva l’umano per la sua perfezione d’uomo e d’artista, per la perfezione dell’“arte e dei costumi insieme”. Nacque la leggenda che il quadro destinato a Santa Maria dello Spasmo (ora al Prado) non giunse a Palermo se non dopo un salvataggio che aveva tutti i caratteri del miracolo. Allorché Raffaello morì, il Venerdì Santo del 1520, l’ambasciatore della duchessa di Mantova non esitò a parlare di un segno del cielo simile a quello che accompagnò la morte di Cristo: il palazzo del papa si squarciò e per poco non crollò. Vasari non troverà altra espressione per presentarlo che quella di dio mortale sceso in terra, il dio della “grazia”, Eros fatto pittore».
Il Novecento italiano
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 208
Che cos’è stato il «Novecento» alle sue origini? Soprattutto un sogno: il sogno di un Rinascimento del XX secolo, di un’avanguardia riconciliata con la tradizione, di una classicità moderna. Quello che stupisce nella vicenda dei sette artisti – Sironi, Funi, Bucci, Dudreville, Malerba, Marussig, Oppi – che nel 1922 iniziarono a riunirsi con il critico Margherita Sarfatti nella Galleria Pesaro, a Milano, è la loro tensione visionaria. Nessuno di loro si poteva considerare famoso. Nessuno aveva ricevuto grandi riconoscimenti, nessuno ricopriva ruoli accademici. Eppure pensavano di ricostruire l’arte italiana. Il loro progetto ambiva a ristabilire il «primato», come allora si amava dire, della nostra arte e si accompagnava al miraggio di un’Italia nuova. Il «Novecento» si chiamò subito italiano, perché affondava le radici in una sensibilità nazionalista che la guerra mondiale e la vittoria stessa, per «tradita» che fosse, avevano alimentato. Del resto quasi tutti i «sette» avevano combattuto al fronte e visto cadere tanti loro compagni: Boccioni, Sant’Elia, Erba, Camona e altri ancora. Il sogno, e il bisogno, di una rinascita si radicavano anche in quella drammatica esperienza. Nell’ambito del classicismo che in quegli anni si diffonde in Europa, e nell’ambito stesso del classicismo italiano, che costituisce una parte rilevante di quello europeo, il «Novecento» rappresenta una voce originale per specificità di pensiero: un pensiero di cui questo libro raccoglie le tracce, recuperando testi e testimonianze soprattutto dei primi anni Venti.
La danza della morte
Hans Holbein
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2024
pagine: 176
Intorno al 1522, Tommaso Moro riflettendo sulla Danza della Morte della cattedrale di Saint Paul concludeva che nell'immaginazione dello spirito del credente nulla è più potente della sua stessa fantasia: «Se la parola morte non soltanto si ode, ma la si lascia penetrare nei nostri cuori con fantasia e profonda immaginazione, percepiremo così che l'osservazione della Danza della Morte dipinta in Saint Paul ci ha procurato una commozione mai provata prima, sentendoci toccati e sconvolti dall'impressione di quell'immagine nei nostri cuori. E nessuna meraviglia. Perché quei dipinti esprimono soltanto la figura raccapricciante dei nostri corpi morti fatti di ossa e di carne corrotta. Pensiero davvero spaventoso. Tuttavia né la loro visione, né quella dei teschi nell'ossario, né l'apparizione di un vero fantasma generano la metà del terrore rispetto alla nostra radicata fantasia della morte nella sua natura, alla vivida immaginazione coltivata nel nostro stesso cuore». Dinanzi a osservazioni come quelle di Tommaso Moro, Hans Holbein rivendicava il valore spirituale dell'arte. La sua ambizione fu soprattutto quella di ideare nuovi mezzi figurativi per ispirare una profonda pietà. E il suo ciclo di incisioni della Danza della Morte dimostra che riuscì nell'intento. Con un commento di Ulinka Rublack.