Libri di Fausto Baldassarre
De Sanctis Francesco da Morra Irpina: lettere edite e inedite. Volume Vol. 2
Fausto Baldassarre
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 148
«I funerali di Francesco De Sanctis si svolsero in Napoli, il 4 gennaio 1883… Il carro funebre era tirato da dieci cavalli bardati, portanti ognuno sulla gualdrappa la stella d'Italia: il cocchiere e i palafrenieri avevano le coccarde di colori abrunate. La bara era ornata di ghirlande e corone tra cui alcune simboleggiavano la Camera, il Senato ed i principali municipi d'Italia… Il funerale di De Sanctis rappresentò per l'Italia un lutto nazionale, ma per Napoli fu un evento solenne, grandioso, eccezionale… Ma il saluto più simpatico, più affettuoso, più travolgente a Francesco De Sanctis lo die' l'anima di Napoli che avvertì col suo popolaresco, ma sicuro intuito, che non s'era spenta solo una fulgida luce intellettuale, ma era venuto meno un gran cuore, sicuro e schietto, aperto a tutti i palpiti, a tutti gli entusiasmi. Il povero Don Vito [dal quale noi carissimo figlio discendiamo], fratello del defunto, piombato da Morra a Napoli per rappresentare in qualche modo la famiglia d'origine, guardava (mi diceva Benedetto Croce) attonito e stupefatto la fiumana popolaresca, il mareggiare delle corone e delle insegne, dei vessilli e dei gagliardetti, e ripeteva trasecolato: 'Vi' che t'ha saputo fa' Ciccillo'… La frase di Don Vito sarebbe piaciuta al De Sanctis assai più del librone e della tomba che lo scultore Belliazzi gli approntò, con quella manierata freddezza che era nello stile del tempo, nel recinto degli uomini illustri a Poggioreale». Questa è la narrazione di Edmondo Cione. E' proprio vero che la morte svela la vita. Francesco De Sanctis è il mio compagno di viaggio. Segreta guida. Conforto. Il suo grande dolore, la sua resistenza: mai la resa. La sua forza è gioia di vita. Meraviglioso: quel guardare il cielo, quel saper vedere dentro, fuori e lontano. Caro Francesco ha lasciato in me luminose tracce. Con questo libro ho cercato di liberare il Nostro dai paroloni dei 'dottoroni' da ciò che il critico di Morra ha sempre combattuto. A tal proposito ricordo l'indignazione di zio Paolo De Sanctis, fratello di mia nonna, che nell'ascoltare i comizi dei politici di turno contestava il De Sanctis ideologizzato. Il Nostro antenato è straordinaria testimonianza di vita, di speranza. Ha conosciuto la notte oscura del carcere, la solitudine dell'esilio, non si è lasciato però travolgere dalla disperazione. L'esperienza del dolore gli ha dato sempre più forza. Ha lottato contro l'aridità e la desertificazione delle emozioni. Questo libro, caro Francesco, nasce dall'amore paterno. Tu, studente, in dialogo immaginario con l'antenato. Un dialogo che tocca con passione, essenzialità, chiarezza i temi della vita, dell'arte, della politica. Ricordo: avevo dieci anni. Indossavo il vestito della prima comunione. Con la littorina nella stazione di Montefalcione raggiunsi Morra. Linea ferroviaria Rocchetta S.Antonio, voluta dallo stesso De Sanctis. Mio padre mi affidò all'amico ferroviere. E suvvia!, inizia il mio viaggio. I miei occhi di bambino andavano man mano scoprendo la verde Irpinia, la nuova luce di Morra, tutti i luoghi desanctisiani, la sua casa, il focolare domestico, la culla di ferro, dove sono nati i nostri antenati. Custode di memorie mia madre. Zio Mimì: quest'ultimo straordinario narratore, capace di sintesi fulminanti. Di nonna Teresa Francesca De Sanctis ho un vago ricordo. Austera, vestita di nero sulla soglia della casa mi guardava dall'alto. Così la ricorda l'immaginetta: 'visse fra i riflessi del genio'. Figlio, scorrendo l'albero genealogico, vediamo che noi discendiamo dal fratello di De Sanctis, Vito (1824-1889), dal figlio Carlo (1854-1952) e dalla nonna Maria Francesca (1884-1954). Vito seguì il generale Pepe a Venezia e dopo l'impresa per diverso tempo fu in prigione a Brindisi e il fratello Francesco lo soccorse inviandogli sei ducati al mese. Ma l'aiuto è soprattutto spirituale.
De Sanctis Francesco da Morra Irpina: lettere edite e inedite
Fausto Baldassarre
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 112
«I funerali di Francesco De Sanctis si svolsero in Napoli, il 4 gennaio 1883… Il carro funebre era tirato da dieci cavalli bardati, portanti ognuno sulla gualdrappa la stella d'Italia: il cocchiere e i palafrenieri avevano le coccarde di colori abrunate. La bara era ornata di ghirlande e corone tra cui alcune simboleggiavano la Camera, il Senato ed i principali municipi d'Italia… Il funerale di De Sanctis rappresentò per l'Italia un lutto nazionale, ma per Napoli fu un evento solenne, grandioso, eccezionale… Ma il saluto più simpatico, più affettuoso, più travolgente a Francesco De Sanctis lo die' l'anima di Napoli che avvertì col suo popolaresco, ma sicuro intuito, che non s'era spenta solo una fulgida luce intellettuale, ma era venuto meno un gran cuore, sicuro e schietto, aperto a tutti i palpiti, a tutti gli entusiasmi. Il povero Don Vito [dal quale noi carissimo figlio discendiamo], fratello del defunto, piombato da Morra a Napoli per rappresentare in qualche modo la famiglia d'origine, guardava (mi diceva Benedetto Croce) attonito e stupefatto la fiumana popolaresca, il mareggiare delle corone e delle insegne, dei vessilli e dei gagliardetti, e ripeteva trasecolato: 'Vi' che t'ha saputo fa' Ciccillo'… La frase di Don Vito sarebbe piaciuta al De Sanctis assai più del librone e della tomba che lo scultore Belliazzi gli approntò, con quella manierata freddezza che era nello stile del tempo, nel recinto degli uomini illustri a Poggioreale». Questa è la narrazione di Edmondo Cione. È proprio vero che la morte svela la vita. Francesco De Sanctis è il mio compagno di viaggio. Segreta guida. Conforto. Il suo grande dolore, la sua resistenza: mai la resa. La sua forza è gioia di vita. Meraviglioso: quel guardare il cielo, quel saper vedere dentro, fuori e lontano. Caro Francesco ha lasciato in me luminose tracce. Con questo libro ho cercato di liberare il Nostro dai paroloni dei 'dottoroni' da ciò che il critico di Morra ha sempre combattuto. A tal proposito ricordo l'indignazione di zio Paolo De Sanctis, fratello di mia nonna, che nell'ascoltare i comizi dei politici di turno contestava il De Sanctis ideologizzato. Il Nostro antenato è straordinaria testimonianza di vita, di speranza. Ha conosciuto la notte oscura del carcere, la solitudine dell'esilio, non si è lasciato però travolgere dalla disperazione. L'esperienza del dolore gli ha dato sempre più forza. Ha lottato contro l'aridità e la desertificazione delle emozioni. Questo libro, caro Francesco, nasce dall'amore paterno. Tu, studente, in dialogo immaginario con l'antenato. Un dialogo che tocca con passione, essenzialità, chiarezza i temi della vita, dell'arte, della politica. Ricordo: avevo dieci anni. Indossavo il vestito della prima comunione. Con la littorina nella stazione di Montefalcione raggiunsi Morra. Linea ferroviaria Rocchetta S.Antonio, voluta dallo stesso De Sanctis. Mio padre mi affidò all'amico ferroviere. E suvvia!, inizia il mio viaggio. I miei occhi di bambino andavano man mano scoprendo la verde Irpinia, la nuova luce di Morra, tutti i luoghi desanctisiani, la sua casa, il focolare domestico, la culla di ferro, dove sono nati i nostri antenati. Custode di memorie mia madre. Zio Mimì: quest'ultimo straordinario narratore, capace di sintesi fulminanti. Di nonna Teresa Francesca De Sanctis ho un vago ricordo. Austera, vestita di nero sulla soglia della casa mi guardava dall'alto. Così la ricorda l'immaginetta: 'visse fra i riflessi del genio'. Figlio, scorrendo l'albero genealogico, vediamo che noi discendiamo dal fratello di De Sanctis, Vito (1824-1889), dal figlio Carlo (1854-1952) e dalla nonna Maria Francesca (1884-1954). Vito seguì il generale Pepe a Venezia e dopo l'impresa per diverso tempo fu in prigione a Brindisi e il fratello Francesco lo soccorse inviandogli sei ducati al mese. Ma l'aiuto è soprattutto spirituale. Infatti da Cosenza, febbraio 1850, il Nostro così scrive al fratello: «Tu non ti devi avvilire.
De Sanctis spiegato a mio figlio. Nel bicentenario della nascita (1817-2017) del padre della letteratura italiana
Fausto Baldassarre
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2016
pagine: 112
"Don Ciccillo", per la storia Francesco De Sanctis è il suo compagno di viaggio. Segreta guida, conforto, dell'autore, uno dei massimi filosofi viventi. Egli stesso scrive nella dedica al figlio: "Il dolore di De Sanctis, la sua resistenza, mai la resa; la sua forza è gioia di vita. Meraviglioso: quel guardare il cielo, quel saper vedere dentro, fuori e lontano. Caro Francesco, De Sanctis, ha lasciato in me luminose tracce. Con questo libro ho cercato di liberare il Nostro dai paroloni dei 'dottoroni' da ciò che il critico di Morra ha sempre combattuto. A tal proposito ricordo l'indignazione di zio Paolo De Sanctis, fratello di mia nonna, che nell'ascoltare i comizi dei politici di turno contestava il De Sanctis ideologizzato. Il Nostro antenato è straordinaria testimonianza di vita, di speranza. Ha conosciuto la notte oscura del carcere, la solitudine dell'esilio, non si è lasciato però travolgere dalla disperazione. L'esperienza del dolore gli ha dato sempre più forza. Ha lottato contro l'aridità e la desertificazione delle emozioni. Questo libro, caro Francesco, nasce dall'amore paterno". Baldassarre è anche autore di film e documentari.
L'amico di mio padre. Il ritorno di Carlo Nazzaro. Lo scrittore e il medico di Chiusano San Domenico
Fausto Baldassarre
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2016
pagine: 96
Sono spaccati di vita spesso inediti su un grande giornalista di due grandi quotidiani napoletani Il Roma, Il Mattino, raccontati da uno dei maggiori filosofi italiani, Frausto Baldassarre, che lo ebbe per vicino di casa... "Mia madre raccontava: "Quando i contadini portavano quei funghi profumati, freschi appena raccolti sulla montagna, nei boschi, nelle selve di Chiusano, tuo padre invitava a pranzo Carlo Nazzaro. Si ritrovavano così questi due grandi amici e trascorrevano ore liete, gustavano i cibi, amavano discutere, anche del peso della vita, ma con "leggerezza", stavano insieme fino a tarda ora. Era questa vera amicizia. Ricordo la bella festa del battesimo di tuo fratello Modestino. A casa c'era tutta la famiglia Nazzaro. Padrino s'intende: lo scrittore. Di Chiusano conservo in me un bel ricordo: la gente, il senso dell'accoglienza, dell'ospitalità, quelle belle passeggiate a l'Acqua Lemma. Che buona gente i Chiusanesi! Entravano in cucina: Signò tenìti poco fuoco e portavano la legna, le fascine".
Napoli sempre mia. Il Novecento napoletano di Carlo Nazzaro
Fausto Baldassarre
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2016
pagine: 96
Fu editorialista del Mattino e direttore del Roma, scrisse decine di volumi sulla città, il cuore, il ventre della Napoli degli anni Cinquanta e non solo. Lui, che era nato a Chiusano, divenne artefice della napoletanità nel raccontare i vicoli, il ragù, gli scugnizzi. L'autore Fausto Baldassarre si supera nella splendida forma letteraria storica e filosofica costruita intorno ad una delle massime figure della letteratura italiana, Carlo Nazzaro, che hanno fatto la storia d'Italia nel Sud Semprevivo. E, sempre vivo, è Carlo Nazzaro in questo agile volumetto che si avvale della presentazione di uno dei maggiori meridionalisti e filosofi campani, quale è Enrico Dell'Orfano.
Irpinia nel Rinascimento. Pittori, poeti, ciarlatani
Arturo Bascetta, Fausto Baldassarre
Libro: Copertina morbida
editore: ABE
anno edizione: 2016
pagine: 160
Nuovi documenti provenienti dai faldoni dei notai del 1500 degli Archivi di Stato impreziosiscono queste 160 pagine in un viaggio attraverso curiosità, mura e porte costruire dai principi Caracciolo nel loro feudo di Avellino. Cadono le fantasie su castelli mai costruiti, cunicoli mai scavati. È un libro di storie vere, con i cognomi delle famiglie nobili, con le cronache del tempo. È un altro volto del Rinascimento, scrive il meridionalista e autore Fausto Baldassarre nella sua preziosa presentazione, coi volti inediti dei poeti napoletani scoperti su una tela.

