Robin Edizioni: Libri per tutte le tasche

Nessuna parola è stata scritta a caso, ogni verso è in simbiosi con il successivo, portandolo all’origine di ciò che si vive. Ogni metafora costituisce un punto dal quale prendere spunto, per andare oltre la semplice realtà. È un viaggio dentro il quale ogni persona può ritrovare qualcosa del suo vissuto, percependo il mondo da orizzonti diversi, dove ogni forma di pensiero è contraddistinta dalla propria individualità.

Una raccolta di poesie che ha come tema centrale l’amore inteso come componente importante della vita e soprattutto come esperienza sensuale e intellettuale di conoscenza – di sé e del mondo – di autodeterminazione e indipendenza, scevro da tabù e condizionamenti sociali.

Una raccolta di poesie che esplora temi profondi e personali attraverso varie esperienze quotidiane e riflessioni filosofiche. La struttura del libro è caratterizzata da componimenti che spaziano tra l’ironico e il malinconico, spesso intrecciando elementi autobiografici con riferimenti culturali e letterari. Le poesie trattano argomenti come la lettura e il tempo, il desiderio di libertà e avventura, l’insofferenza verso le convenzioni sociali e il confronto con la morte e la memoria. Il linguaggio è accessibile ma ricco di immagini suggestive e trasporta il lettore in un viaggio emotivo che oscilla tra l’intimità dei ricordi e l’universalità delle esperienze umane. Ogni poesia si presenta come un microcosmo, un frammento di vita che invita alla riflessione sul significato del vivere e del sentire. Il titolo stesso suggerisce una dimensione musicale e narrativa, con il “Blues” che evoca sia un genere musicale malinconico sia uno stato d’animo riflessivo. La raccolta sembra voler celebrare la bellezza e la complessità della vita quotidiana, riconoscendo al contempo la presenza ineludibile della sofferenza e della nostalgia.

L’amore non può essere che carnale, perché solo attraverso la carne esso può arrivare a depositarsi nei sedimenti dell’anima di modo da non venire mai dimenticato. 1 poesia al giorno per 30 giorni di tenerezza e passione, vissuti disperatamente fin dentro le viscere, divorandosi la pelle e il cuore.

"Credere in qualcosa, qualunque cosa; gli uomini cercano disperatamente un appiglio, per quanto folle e improbabile, per non combattere il Nulla a mani nude". Realtà e finzione si fronteggiano in questi racconti, che riscrivono in chiave dissacrante storie bibliche e temi religiosi. Ironia e divertissement, sulla scia di una consolidata tradizione letteraria, nascondono in realtà una serissima riflessione sui miti della fede.

"Ho perso mamma. Ma non è del mio dolore che ti voglio parlare. Voglio dirti dell’amarsi, del prendersi cura di sé stessi come corpi viventi. Vorrei parlarti della sua inquietudine, della forza, forse della rozzezza, colle quali ha spalato i gradini della sua esistenza. Della sua immarcescibile fede in Lui. Del suo aggrapparsi al filo sottile, ma indistruttibile, della sopravvivenza alla quotidianità. Del suo sentirsi gettata nel mondo. E del suo attaccamento alle minuzie più insignificanti, agli attimi più comuni dell’ora vissuta. Si è amata. Ha amato la vita. La sua vita. Le si è aggrappata fino all’ultimo istante."

"Il Paradiso ha certamente due vulcani, un nastro verde intenso che svolazza, ampio cobalto con velieri dondolanti. Spero abbia anche posti per mangiare altri dagli anfratti dove spacciano carni rosse puzzolenti. Nell’emporio per comprare dei biscotti avverto un rovistare tra i pacchetti. Alla mia voce, l’indiano in affido, un po’ sorpreso, un po’ indignato: «Un topolino, insomma, cosa mai?»".

In un susseguirsi di racconti noir e grotteschi, da una città degli Stati Uniti, Dante Bonsanti, nato a Firenze, scrive delle lettere a sua moglie senza mai ricevere una risposta. Perché? La città citata dall’uomo, in calce alle sue lettere, è Baltimora dove sono sepolte le spoglie dello scrittore Edgar Allan Poe. Sarà il Preambolo al termine delle succitate lettere di Dante a svelare l’arcano mistero.

Questo testo è un prosimetro composto da quarantanove testi; tre in prosa e quarantasei in metrica. L’opera è divisa in quattro sezioni: la prima, “Le Età”, tratta la vita nella sua convenzionale divisione, la quale scinde la vita nell’adolescenza, nella maturità, nella senilità per giungere infine al culmine con la morte. “Stornelli serali” si prefigge di raccontare varie storie di uomini creando un immaginario confortevole, come se appunto fossimo radunati intorno ad un fuoco ad ascoltare dei vecchi stornelli. “Liriche” affronta il tema amoroso nelle sue disparate e vane contraddizioni, spaziando così in qualsiasi meandro del cuore umano. Compie innumerevoli voli per poi riatterrare alla conclusione che al dolore umano altra soluzione non c’è, se non amare. La quarta sezione, “La Campagna”, si basa sul tema politico e sociale. Si irradia nella narrazione un coacervo di eventi e dinamiche umane, con il solo obiettivo, se tale lo si può definire, di mostrare come tanta potenza derivi e conviva con una necessaria fragilità.

Questa raccolta è frutto di un lungo lavoro di gestazione. Accompagna il suo autore da diversi anni, seguendone i passi, testimoniandone la crescita: facendo affiorare, cioè, la traccia di un cammino, lo sviluppo di un carattere. Il titolo allude alla figura di Mercurio, dio del mutamento e della dialettica, protettore della parola e degli scambi, dei ladri e dei commerci. L’aggettivo che ne deriva sta dunque a indicare il rapido incedere nel mondo, lo stravolgimento fulmineo, l’effervescente mutevolezza delle emozioni e della coscienza. Mercuriale è il divenire. È il vento che si poggia sui corpi: talvolta sfiorandoli appena, talvolta modellandoli con forza. Mercuriale è lo sguardo del poeta, leggero e avido allo stesso tempo.

Questa auto-antologia costituisce una collezione di componimenti affiorati attraverso un esercizio di emersione dettato da una pratica propriamente “umana” basata su ciclici tentativi di immersioni ed escursioni. Per questo motivo la poesia qui riportata tenta di contenere estremi diametralmente complementari. Da un lato vi è la volontà di esporre ciò che non è visibile dalla superficie, anche a costo di misurarsi contro voragini barometriche che costringerebbero qualsiasi subacqueo avventore a mettersi a repentaglio di rischi di vario genere metaforico. Dall’altro, allo stesso tempo, si mantiene integra la consapevolezza di dover restituire ogni temporaneo ricavato al suo anfratto di appartenenza poiché, altrimenti, non vi sarebbe per questi organismi sottomarini alcuna prospettiva di sopravvivenza (e di significato) altrove.

Carol e Bertò si ritrovano a indagare insieme per la terza volta. Stavolta si tratta di due omicidi avvenuti in una villa nell’Agro Pontino, scoperti a distanza di dieci anni uno dall’altro. Il caso del Cavalier Spiga era stato rapidamente risolto con la scoperta del colpevole e la condanna della complice, ma il ritrovamento di un cadavere porterà a rimettere tutto in discussione e a porsi nuove domande. Carol e Bertò, con approcci diversi ma complementari, affrontano l’indagine navigando tra vecchi e nuovi rancori, cercando di capire quanto accaduto partendo dalla ricostruzione dei luoghi, riannodando i fili sottili che legano passato e presente. Tra tanto male e dolore, per fortuna, a pochi passi c’è il mare.