In un celeberrimo passo di Tristi Tropici, Claude Lévi-Strauss offre una mirabile descrizione della condizione dell'antropologo: “la brutalità dei cambiamenti ai quali si espone produce in lui una specie di disancoramento cronico: mai più si sentirà a casa sua in nessun posto, rimarrà psicologicamente mutilato”. Questa situazione di fecondo disagio, prologo all'impresa interpretativa, fotografa nitidamente la “postura antropologica”: tensione positiva che spinge a non fermarsi alla superficie delle cose e a mettere in discussione ciò che appare ovvio e familiare. La “casa” di cui parla l'etnologo francese, infatti, non è soltanto lo spazio fisico temporaneamente abbandonato per un altrove da scoprire, bensì il modo di pensare irrimediabilmente scosso da quel si agita fuori dal nostro giardino. L'antropologia notoriamente si nutre del confronto con l'altro. Chi sia quest'altro, dove stia e come debba essere conosciuto sono nodi che la disciplina tenta di sciogliere fin dalla sua origine. La progressiva ridefinizione del proprio oggetto e la costante rimodulazione del proprio sguardo la distinguono da altri saperi; soprattutto la rendono particolarmente adatta a cogliere le dinamiche centrifughe della contemporaneità con gli strumenti di cui dispone: griglie interpretative elastiche abbastanza da abbracciare l'affascinante complessità del mondo. Se c'è un tema dirimente oggi, questo è il modo in cui costruiamo il rapporto con la diversità: con le altre società umane e non umane; con l'ambiente. Far luce sul senso di questa relazione – indagandone presupposti, meccanismi e ricadute – è forse il compito più urgente che l'antropologia, scienza eccentrica e senza “casa”, è chiamata ad affrontare, nella consapevolezza che le categorie danno forma al mondo e ciò nondimeno restano costruzioni storiche, contingenti. Come scriveva un altro celebre antropologo, Clifford Geertz: “la nebbia cala molto prima di giungere a Calais”. Fuor di metafora: individuare nette linee di frattura tra identità e alterità, per quanto apparentemente naturale, è un'operazione culturale (e politica). Mai del tutto trasparente. Mai del tutto innocente. Mai del tutto scevra da pericoli. Provare ad orientarsi, per quanto possibile, in questa “nebbia” è l'obiettivo dei saggi raminghi presentati in questo volume.
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Antropologia a tutto campo. Discorsi sulla contemporaneità
Titolo | Antropologia a tutto campo. Discorsi sulla contemporaneità |
Autore | Dario Inglese |
Argomento | Società, scienze sociali e politica Sociologia e antropologia |
Collana | Dialoghi |
Editore | Edizioni Museo Pasqualino |
Formato |
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Pagine | 160 |
Pubblicazione | 01/2024 |
ISBN | 9791280664808 |
€19,00
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