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Pensieri nella quiete

Pensieri nella quiete
Titolo Pensieri nella quiete
Autore
Argomento Narrativa Narrativa classica (prima del 1945)
Collana Sol Levante, 95
Editore Luni Editrice
Formato
Formato Libro Libro: Libro in brossura
Pagine 208
Pubblicazione 03/2025
ISBN 9788879849265
 
19,00

 
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"Pensieri nella quiete" o "Tsurezuregusa", capolavoro della letteratura giapponese, è una raccolta di 243 capitoli oscillanti fra le poche righe e le poche pagine, in forma di riflessioni filosofiche sulla vita quotidiana, di usanze e di cerimonie della corte imperiale, di esempi di illustri personaggi, di emozioni che si provano alla vista delle bellezze naturali che il monaco buddhista Yoshida Kenkō descrisse nella solitudine del suo eremo. Scritto tra il 1319 e il 1331, è stato sempre letto e apprezzato dai giapponesi e ha contribuito ad acuire la loro innata sensibilità estetica tanto che ancora oggi, il modo di costruire le loro case e i loro giardini è modellato sugli insegnamenti di questo libro. Nel prologo Kenkō dice di aver iniziato a scrivere “assurdi pensieri, non avendo altro da fare”, ma il motivo principale che lo spinse a scrivere fu la compassione per le sofferenze dei suoi contemporanei e la volontà di mostrare loro una via di salvezza nell’insegnamento buddhista. Pensieri nella quiete può essere considerato come il diario del suo cammino interiore di monaco, di poeta e di scrittore; appartiene al genere letterario zuihitsu (“seguire il pennello”) che esprime con brevità e semplicità le impressioni e i sentimenti del momento. I suoi erano non soltanto i sentimenti di monaco buddhista, ma anche di poeta e di uomo di corte: con stile originale ed elegante, egli parla della bellezza della danza e della musica, delle gioie della vita di famiglia, del fascino femminile e dell’uomo pazzamente innamorato, della giovinezza e della vecchiaia, della costruzione di una casa e del suo arredamento, della scelta delle piante e dei fiori per un giardino. Questo alternarsi del ricordo dell’impermanenza di tutte le cose e della morte imminente, nonché dell’urgenza della pratica della Via, con l’invito a gustare le gioie che la vita ci offre ogni giorno nella contemplazione delle bellezze naturali, sembra contraddittorio e incoerente; si ha l’impressione che Kenkō, pur avendo lasciato il mondo con il sincero desiderio dell’Illuminazione, nella solitudine del suo eremo, rimpianga i piaceri mondani. Ma più che di contraddizione e di incoerenza si potrebbe parlare di una sua “via di mezzo” tra un facile edonismo e una dura disciplina ascetica e, pur mancandogli la radicalità dello Zen e il coraggio dei samurai, praticò la compassione nella ricerca sincera della pace del cuore e dell’armonia con tutti gli esseri, teso tra l’ottimismo della religione shintoista, fondato sulle realtà terrene, e il pessimismo del messaggio buddhista tutto teso verso l’aldilà.
 
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