La nostra epoca è orfana del progresso. Fino alla seconda guerra mondiale il paradigma dominante era che l'avvenire avrebbe aperto le porte a un vero e proprio paradiso in terra. Erano pochi i filosofi, i politici o gli artisti a non credere che il futuro sarebbe stato inevitabilmente migliore del presente: si pensava che le guerre sarebbero scomparse; che la politica avrebbe riformato la società e abbattuto le disuguaglianze economiche e sociali; che la tecnica avrebbe sconfitto la miseria e la medicina tutte le malattie. Quanti sarebbero disposti a sottoscrivere un'utopia del genere, oggi che il sol dell'avvenire ha lasciato il passo alla disillusione della realtà? Filosoficamente squalificato il progressismo si è ridotto ad un insieme di buoni sentimenti, luoghi comuni e sterili slogan attraverso i quali si celebrano genericamente la «modernizzazione» e l'«innovazione», lo «sviluppo» e la «crescita». Ciò che persiste dell'utopia progressista è un calderone ideologico di grande povertà concettuale che funziona perlopiù come codice propagandistico dei professionisti della politica e della finanza.
La fine del progresso
| Titolo | La fine del progresso |
| Autori | Pierre-André Taguieff, Alain Gras |
| Traduttore | G. Giaccio |
| Collana | Matrici |
| Editore | Diana edizioni |
| Formato |
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| Pagine | 77 |
| Pubblicazione | 11/2017 |
| ISBN | 9788896221273 |

