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Donzelli: Virgolette

Il giglio nel campo e l'uccello nel cielo. Discorsi (1849-1851)

Il giglio nel campo e l'uccello nel cielo. Discorsi (1849-1851)

Søren Kierkegaard

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2011

pagine: 159

Il volume raccoglie nove discorsi religiosi che Kierkegaard pubblicò tra il 1849 e l'agosto 1851, nell'ultimo periodo della sua attività letteraria. Quello che ne viene fuori è un "altro" Kierkegaard, ma non un Kierkegaard minore, bensì un Kierkegaard a partire dal quale bisognerà rileggere la sua intera opera. Questi discorsi vogliono essere semplicemente "cura dell'anima", cura della sofferenza, possibilità di indicare una via d'uscita dalla disperazione del vivere. Così i primi tre, che vanno sotto il titolo de "Il giglio nel campo e l'uccello nel cielo", sono un elogio del silenzio, dell'obbedienza e della gioia che dobbiamo imparare dal giglio e dall'uccello di cui ci parla il Vangelo. Il silenzio come condizione per smorzare il ritmo incalzante delle parole e delle preoccupazioni, l'obbedienza come capacità di "prestare ascolto". Infine la gioia, quel movimento con cui si getta via da sé ogni pena e che deve essere possibile qui e ora nella vita. Negli altri discorsi si discute la compassione, quindi il perdono, infine l'amore, l'amore di Cristo che offre riparo di fronte all'ansia di autodistruzione. Insieme al significato religioso, quel che resta è il messaggio di una filosofia che torna a Socrate. Una filosofia che non vuole decostruire, ma "edificare", ossia tentare di costruire una casa senza sofferenza, o almeno con minore sofferenza.
19,00

La malattia per la morte

La malattia per la morte

Søren Kierkegaard

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2011

pagine: 211

Lazzaro, l'amico di Gesù, è malato. Marta e Maria, le sorelle, lo mandano a dire a Gesù. "Signore, ecco, il tuo amico è malato". Udendo quelle parole, Gesù dice: "Questa malattia non è per la mor-te, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato" (Giovanni 11,4). Lazzaro però morì, dunque la sua malattia era mortale. Eppure quella malattia non fu per la morte, non fece il gioco della morte, perché divenne fonte di fede. Se quella malattia non è per la morte, c'è nella nostra epoca una malattia che sia per la morte? C'è, risponde Kierkegaard, ed è la disperazione. La disperazione è il peccato dell'uomo contro il mondo, contro gli altri, contro Dio. E la malattia dello spirito, del sé, la malattia che fa desiderare la morte pur tenendo sempre in vita, pur condannando sempre alla vita. Per questo la disperazione è per la morte, è a servizio della morte senza essere mortale, fa vivere la morte senza concedere la morte. La malattia per la morte, pubblicata nel 1849, è una fenomenologia della disperazione, e descrive una parabola che va dalla disperazione che non sa di essere tale alla disperazione che sa se stessa e sfida il mondo e Dio. È il capolavoro di Kierkegaard, in cui i fili della sua riflessione psicologica, teologica e filosofica trovano la più alta e compiuta formulazione.
19,00

Condizioni politiche e amministrative della Sicilia

Condizioni politiche e amministrative della Sicilia

Leopoldo Franchetti

Libro: Copertina morbida

editore: Donzelli

anno edizione: 2010

pagine: 221

Uno dei più alti esempi di indagine sociale della cultura italiana dell'Ottocento e il primo e più rilevante luogo d'origine di due cruciali "questioni" che tuttora connotano il dibattito civile sull'Italia contemporanea: la questione meridionale e la questione mafiosa. A questo ammontano le pagine che il giovane Franchetti scrisse alla fine del suo viaggio in Sicilia nel 1876, insieme a Sidney Sonnino. La realtà isolana era allora, infatti, al centro dello scontro politico in quanto luogo di massima tensione sociale e di più acuta recrudescenza delittuosa, tanto da indurre l'istituzione di una Giunta parlamentare d'inchiesta. Fu in questo contesto che i giovani Franchetti e Sonnino decisero di recarsi in Sicilia per condurre un'inchiesta privata, che non fosse vincolata dagli equilibri e dalle contingenze che potevano condizionare la Commissione ufficiale: insieme visitarono la regione e scrissero poi separatamente i due volumi dell'inchiesta (Franchetti sulle condizioni politiche e amministrative, Sonnino sui contadini). Il liberale Franchetti riteneva che la questione sociale, irresponsabilmente sottovalutata dalla classe politica governativa, avesse caratteri di estrema drammaticità, soprattutto nel Mezzogiorno. Il suo testo finisce così per fissare i caratteri essenziali di un giudizio sulle peculiarità della realtà meridionale che ha assunto con il passare del tempo la forza di una "verità indiscussa". Introduzione di Paolo Pezzino.
18,00

Movimenti religiosi e sette ereticali nella società medievale italiana

Movimenti religiosi e sette ereticali nella società medievale italiana

Gioacchino Volpe

Libro: Copertina morbida

editore: Donzelli

anno edizione: 2010

pagine: 265

Attraverso l'analisi dell'eresia dei patari, delle esperienze dei valdesi, del grande movimento francescano e di altri fenomeni religiosi che caratterizzano l'Italia tra l'inizio del secondo millennio e il Trecento, l'autore mette sotto osservazione le trasformazioni dell'intera società medievale. Si tratta di un cambiamento radicale di indirizzi sociali e politici, di uno straordinario scontro di poteri tra coloro che attraverso l'innovazione, religiosa forzarono i termini dei vecchi assetti e rapporti di forza, e coloro che rappresentarono le istanze di controllo, di ordine, di gerarchizzazione. Entro un simile scontro di poteri e di ispirazioni, che coinvolge la sfera religiosa così come l'ambito istituzionale e civile, si evidenziano "le sorgenti dello spirito individualistico che costituisce il segno distintivo dell'epoca nuova", quel "nuovo sentimento della natura e dell'uomo" che non solo conferisce un ritmo "più gagliardo" al sentimento religioso, ma intride di sé tutta la vita civile. La storia delle eresie attrae dunque lo studioso della società medievale per un complesso di motivazioni, che vanno ben oltre la specifica valenza religiosa: essa è, in realtà, storia di competizioni guelfe e ghibelline, storia di conflitti tra papi e imperatori, storia di modificazione della proprietà e del potere, storia di costituzione di Stati.
19,00

Il crepuscolo di Bisanzio

Il crepuscolo di Bisanzio

Ivan Djuric

Libro: Copertina morbida

editore: Donzelli

anno edizione: 2009

pagine: 412

La fine dell'impero romano d'Oriente si è caricata, nei secoli, delle valenze evocative proprie delle date epocali. Non solo: attorno al declino di Bisanzio si concentrano gli stereotipi storiografici di un "senso comune" che vede nel bizantinismo il male del più esasperato politicismo, la decadenza dello spirito pubblico e della lotta politica nelle spire della logica del tradimento. Una deformazione prospettica diffusasi lungo tutta l'età moderna, che ha proiettato all'indietro i caratteri dell'ultima Bisanzio: un mito a suo modo volgare che il libro di Ivan Djuric consente di tradurre nella ricchezza interpretativa e documentaria di uno studio storico di grande acume, che lucidamente conduce al cuore del mondo politico, religioso e diplomatico della Costantinopoli al suo tramonto: come scrive lo stesso Djuric, è la storia della fine di "un impero che non c'è". Già infatti alla fine del XIV secolo Bisanzio non è più padrona del proprio destino, costretta a fare i conti con il declino del suo prestigio, con la miseria delle città, con l'indebitamento dello Stato e la dipendenza economica dalle potenze mediterranee, con i conflitti interni alla famiglia regnante, con le mutilazioni territoriali e l'inevitabile decentralizzazione. Infine con i turchi: tutto ciò scandisce il tramonto fino alla definitiva caduta nel 1453, e si erge prepotentemente a sfondo storico degli sforzi di Giovanni VIII Paleologo di contrastare un destino forse non del tutto scritto.
19,50

I classici dell'urbanistica moderna

I classici dell'urbanistica moderna

Libro: Copertina morbida

editore: Donzelli

anno edizione: 2009

pagine: 302

Se osservando la superficie del territorio contemporaneo come un palinsesto possiamo descrivere le tracce delle modificazioni che generazioni e generazioni vi hanno apportato, leggendo i libri che compongono la biblioteca degli urbanisti è possibile ricostruire il depositarsi di diversi saperi che incontrandosi hanno dato origine all'urbanistica moderna. Leggere, o rileggere, i libri degli urbanisti, quelli scritti da urbanisti e che appartengono alle loro metaforiche biblioteche, aiuta a riconoscere e rinnovare le tradizioni che hanno contribuito alla formazione della disciplina. Questo è il senso che il volume vuole suggerire. Ma non solo. Esso, proponendo differenti esercizi di lettura di testi appartenenti a diverse tradizioni urbanistiche del Novecento, indica una delle possibili strade per una più profonda comprensione della città moderna e contemporanea, evitando al tempo stesso la "tirannia del momento". Le riletture non vanno interpretate come sostitutive di prime e dirette letture, esse non intendono ostacolare l'incontro con il libro, dando l'illusione di poterlo conoscere senza averlo letto. In fondo nessun libro che parla d'un libro dice di più del libro in questione. Queste "recensioni inattuali" vogliono piuttosto far sì che il testo lo si vada a cercare o a ritrovare negli scaffali delle biblioteche o delle librerie, nel caso fortunato in cui qualche editore, in modo lungimirante, abbia continuato a farlo vivere.
18,00

La ragion di Stato

La ragion di Stato

Giovanni Botero

Libro: Copertina morbida

editore: Donzelli

anno edizione: 2009

pagine: 218

Dalla metà del XIX secolo, quando Burckhardt e Meinecke impostarono una nuova fondamentale stagione di studi di storia del pensiero politico, "La ragion di Stato" di Botero - qui riprodotta dalla prima edizione del 1589 - è sempre stata letta all'interno di un percorso interpretativo tutto teso a cercare le origini del pensiero politico moderno. Se "Il Principe" di Machiavelli ha rappresentato, da questo punto di vista, il paradigma della politica moderna, altri testi, pure assai importanti, ma giudicati carenti o incompiuti nel percorso verso la modernità, sono diventati secondari, per non dire marginali. È il caso di tutta la trattatistica sulla ragion di Stato, e in generale di molte riflessioni sulla politica in antico regime. Oggi è la crisi stessa della modernità a produrre un diffuso ripensamento, a indurre una reinterpretazione dell'ancien regime e delle sue culture politiche 'iuxta propria principia'. Ecco allora riemergere con forza il testo di Botero e la sua convinta asserzione di un'arte dello Stato imperniata fondamentalmente sulla virtù, su una ripetizione dell'ordine impresso da Dio alla natura anche nell'ambito delle società umane. Ricostruire in questa nuova luce critica il senso e la fortuna del testo di Botero significa quindi riprendere una riflessione sui caratteri della politica meno condizionata dallo schematismo storicistico che l'ha fin qui caratterizzata.
16,00

Mito e religione in Grecia antica

Mito e religione in Grecia antica

Jean-Pierre Vernant

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2009

pagine: XIII-80

Il mondo greco antico ci consegna, tra i tanti, un interrogativo appassionante. La sua religiosità appare densa e complessa e, allo stesso tempo, profondamente distante da quella che caratterizza le nostre società contemporanee. In questo piccolo ma intensissimo affresco d'insieme, uno dei più grandi studiosi dell'antichità va al cuore del problema. Lo storico della religione greca - ci ammonisce Vernant - deve navigare in mezzo a due scogli. Bisogna guardarsi dal rischio di "cristianizzare" la religione dei Greci, interpretandone i pensieri, i comportamenti e i sentimenti nel quadro di un modello buono per il credente di oggi, per il quale la salvezza personale, in questa vita e nell'altra, è garantita solo da una Chiesa che gli conferisce il rango di fedele. Ma, d'altro canto, la religione dei Greci non può essere ridotta a un insieme di "credenze primitive" o di pratiche "magico-religiose". Le religioni antiche non sono ne meno ricche spiritualmente, né meno complesse intellettualmente di quelle contemporanee. Semplicemente, sono diverse. Il compito dello storico è scoprire quanto vi possa essere di specifico nella religiosità dei Greci e quali siano le analogie con gli altri grandi sistemi politeisti e monoteisti che regolano i rapporti degli uomini con l'aldilà.
13,00

Individualismo democratico. Emerson, Dewey e la cultura politica americana

Individualismo democratico. Emerson, Dewey e la cultura politica americana

Nadia Urbinati

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2009

pagine: XL-199

Al principio del nuovo millennio si assiste a un energico ritorno dell'individualismo democratico, una delle più audaci espressioni della cultura politica moderna. Cresciuta nell'America dell'Ottocento grazie a personalità come Emerson, Whitman e Thoreau, quando la democrazia non era ancora una realtà acquisita, questa idea si impose ben presto come alternativa al razionalismo e all'utilitarismo e diede i suoi frutti con il pragmatismo di Dewey. Per la sua forte tensione etica si distinse dalla tradizione liberale, dalla quale ebbe origine. Per la sua attenzione al valore della dimensione privata della vita individuale si distaccò dalla tradizione repubblicana, della quale la nuova nazione americana era imbevuta. La sua idea fondamentale è che lo Stato costituzionale sia il punto di partenza grazie al quale il sistema politico e la società civile possono svolgere un'opera positiva di stimolo dell'individualità. In questo senso, la democrazia supera l'atteggiamento negativo verso la politica proprio del liberalismo, giacché propone a ciascuno di prendere parte, a suo modo e con responsabilità, alla costruzione di una prospettiva di miglioramento per se e gli altri, attraverso le leggi, la cultura, la partecipazione politica e il giudizio pubblico. La fragilità della democrazia, che e anche il suo fascino e la sua forza recondita, sta in questa dimensione più che politica, nell'avere non altro fondamento se non la credenza e la pratica di vita di ciascuno.
17,50

Storia dell'utopia

Storia dell'utopia

Lewis Mumford

Libro: Copertina morbida

editore: Donzelli

anno edizione: 2008

pagine: 225

L'uomo cammina con i piedi in terra e la testa per aria; e la storia di ciò che è accaduto sulla terra, la storia delle città, degli eserciti e di tutte quelle cose che hanno avuto corpo e forma, è solo una metà della storia dell'uomo". L'altra metà è rappresentata proprio dall'utopia. "Utopia - dice Lewis Mumford nella prefazione del 1922 - può derivare dalla parola greca "eutopia", che significa il buon posto, o dall'altra parola greca "outopia", che significa nessun posto". Ed è lo stesso Mumford a chiarire il contesto intellettuale da cui questo suo lavoro ha tratto origine: "Poco dopo la prima guerra mondiale, mi rendevo conto che l'entusiasmo del grande XIX secolo era giunto alla fine. Quando ho iniziato ad esaminare storicamente le utopie, intendevo chiarire che cosa in esse fosse andato perduto e definire che cosa fosse ancora valido. Fin dal principio ero conscio di una virtù che era stata inspiegabilmente trascurata: le opere classiche degli utopisti trattavano sempre la società come un tutto unico e tenevano conto dei rapporti esistenti tra funzioni, istituzioni e fini dell'uomo. La nostra civiltà ha poi diviso la vita in compartimenti. Sono giunto dunque a considerare il pensiero utopista come l'opposto dello spirito unilaterale, partigiano, specialistico". Di questo bisogno di scenari non angusti, che si ripropone oggi come un'esigenza forse troppo trascurata, discute l'introduzione di Franco Crespi, sull'inattuale attualità dell'utopia.
15,00

Rifare la filosofia

Rifare la filosofia

John Dewey

Libro: Copertina morbida

editore: Donzelli

anno edizione: 2008

pagine: 165

Il compito, l'oggetto e le questioni precipue della filosofia emergono dalle tensioni e dai travagli della vita collettiva in cui essa nasce, e i suoi problemi specifici variano con i cambiamenti sempre in atto, portando talvolta a una crisi e a un punto di svolta nella storia", scriveva così John Dewey nell'introduzione a questa vera e propria summa del suo pensiero. Pubblicato nel 1919, il testo fu riproposto venticinque anni dopo, con una lunga introduzione in cui l'autore ribadiva la necessità di una riforma radicale della riflessione filosofica: una ricostruzione capace di tener conto, e di ricondurre nel campo umano e morale, l'enorme potenzialità del metodo empirico che ha portato al successo delle scienze naturali. Contro tutti i detrattori della scienza, Dewey mostra che è proprio da un esame dei procedimenti dell'analisi scientifica che possiamo ricavare i nostri ideali democratici. Per questo egli propone, anche in filosofia, un atteggiamento sperimentale. Il suo modello per la discussione pubblica democratica è quello di una comunità di ricercatori scientifici sinceramente impegnati a risolvere un problema. In effetti, nella scienza l'intelligenza e la qualità delle soluzioni dei problemi emergenti sono direttamente collegate alla democraticità della ricerca, cioè alla possibilità da parte di tutte le persone coinvolte di scambiarsi informazioni e avanzare critiche e considerazioni in modo libero e aperto.
14,50

Novecento. I tempi della storia

Novecento. I tempi della storia

Libro: Copertina morbida

editore: Donzelli

anno edizione: 2008

pagine: 249

Uno e molteplice, il Novecento si chiude sollecitando i contemporanei a una riflessione che va al di là delle scadenze del calendario. Difficile dire se si sia trattato di un periodo omogeneo e dotato di autonoma identità; se sia stato - come si dice - un'epoca della storia del mondo. Alla terribile grandiosità degli eventi che lo hanno scandito, e che da un lato hanno unificato, dall'altro frantumato la storia del genere umano, si è unito il moltiplicarsi dei punti di vista, delle discipline, dei criteri interpretativi, il diversificarsi delle emozioni e delle memorie. Crisi della linearità, crisi dell'idea stessa di un filo rosso omogeneo e "progressivo". Sovrapposizione dei tempi, degli spazi e dei contesti. I saggi qui raccolti percorrono i grandi temi e i differenti campi di questa complicata vicenda, ma convergono tutti sulla domanda finale. Ha un senso, che senso ha, quanti sensi può avere, la storia del Novecento? Coordinate da Claudio Pavone, si alternano in queste pagine le riflessioni di alcuni tra i più autorevoli storici contemporaneisti. A chiusura del volume una conversazione tra Claudio Pavone e Vittorio Foa: una testimonianza e una riflessione sui nodi cruciali del controverso "secolo breve".
16,50

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