Guanda: Biblioteca di scrittori italiani
Canti. Volume 2
Giacomo Leopardi
Libro: Copertina rigida
editore: Guanda
anno edizione: 2021
pagine: 512
Da A Silvia al Sabato del villaggio, dal Pensiero dominante a La ginestra, questo secondo volume leopardiano rinnova, entro un contesto storico-culturale segnato dal felice riconoscimento di un Leopardi pensatore, la mai sopita vitalità poetica dei Canti. Uno dei dati caratterizzanti dell'annesso commento è la valorizzazione dell'intera tradizione esegetica, a cominciare dai suoi "padri fondatori" (tra i quali primeggia l'ancora imprescindibile Straccali) sino agli ultimi notabili interpreti. Alcune loro soluzioni, via via richiamate nel corso dell'annotazione, convivono vitalmente e si fondono con le nuove acquisizioni. Tra le quali si segnalano, in particolare, le note concernenti il settore delle correzioni e delle varianti, sistematicamente perlustrato; nonché le indicazioni riconducibili al capitolo dell'intertestualità, già folto di per sé, ma arricchito da altri richiami (ivi incluse le numerose auto-riprese dai pueriliae dalle traduzioni giovanili): il tutto, comunque, passato al vaglio di un'"attendibilità leopardiana", contro l'uso indiscriminato e recente delle concordanze elettroniche. Il duplice carattere, rivalutativo e innovativo, sottolineato per la parte annotatoria, si riflette negli stessi "cappelli" introduttivi, vere e proprie reinterpretazioni dei vari testi poetici, in consonanza con le importanti risultanze della recente letteratura leopardiana; ma non ignare, a loro volta, degli apporti di un'imponente trafila critica, a partire dal grande De Sanctis.
Canti corsi
Niccolò Tommaseo
Libro: Libro rilegato
editore: Guanda
anno edizione: 2020
pagine: 1088
I Canti Corsi di Niccolò Tommaseo costituiscono il secondo dei quattro volumi dei "Canti popolari toscani corsi illirici greci", la cui edizione è stata avviata dalla Fondazione Bembo nel 2017 con i Canti Greci e che rappresentano l'espressione più alta e complessiva, in Italia, della scoperta del popolo e del mito del popolo. Mentre l'anacronistica restaurazione dell'Antico Regime ormai vacilla, la nuova cultura romantica, esplorando aree periferiche, scopre un mondo nuovo, di popolazioni la cui voce non ha mai trovato spazio entro la tradizione elitaria delle aristocrazie europee. Di tal genere è il mondo rude e primitivo della Corsica, ammirato da Tommaseo perché arcaico e fedele a un codice di valori tradizionali che nulla hanno a che fare con la cultura alta che egli giudica fiacca, sofisticata, priva di vitalità. In Corsica, con l'aiuto dell'amico Salvatore Viale, Tommaseo si procura trascrizioni di testi; nello stesso tempo compie gite, cioè fa ricerca sul campo esplorando di persona la Corsica interna, descrivendone i luoghi e tesaurizzando amorosamente lessico, toponimi, peculiarità fono-morfologiche e fraseologia, nonché usi costumi e tradizioni locali utili per formare il tessuto connettivo fornito dalla sua prosa. Complessivamente Tommaseo mette in scena, come farà poi Verga con "I malavoglia", una inquietante «insurrezione lirica dei primitivi» e nello stesso tempo fornisce un documento della propria complessa, multiforme e sempre affascinante personalità. Il presente volume riproduce, con pochi ma necessari emendamenti, la stampa ottocentesca dei "Canti popolari", corredandola di un commento molto ampio e minuzioso, indispensabile per intendere la lingua così come i riferimenti storici, culturali e antropologici evocati dallo scrittore. Un attento e accurato lavoro di indagine è stato dedicato anche ai personaggi spesso poco o per nulla conosciuti e ora ricostruiti nella loro fisionomia e ai toponimi che la curatrice ha indagato con attenzione.
La Gerusalemme liberata travestita in lingua milanese. Testo milanese e italiano
Domenico Balestrieri
Libro: Libro rilegato
editore: Guanda
anno edizione: 2018
pagine: CXLI-1488
Nell'ambito delle traduzioni dialettali di classici italiani, latini e greci, il primato spetta alla «Gerusalemme Liberata» di Torquato Tasso, che già nel Seicento fu tradotta integralmente in quattro dialetti: bolognese (1628), bergamasco (1670), napoletano (1689), veneziano (1693); nel 1737 si aggiunge il calabrese e nel 1755 il genovese. Traduzione significava in realtà «travestimento», cioè trasposizione su un registro comico-realistico: la trama del poema restava invariata, ma lo stile subiva un abbassamento, con l'obiettivo di un rovesciamento deformante e parodico dell'originale. Domenico Balestrieri avvia la versione milanese nel 1743, in coincidenza con la rinascita a Milano dell'Accademia dei Trasformati, di cui fu tra i rifondatori; la porterà a termine nel 1758 e la pubblicherà nel 1772 col patrocinio di Carlo de Firmian, ministro plenipotenziario della Lombardia austriaca. Nella sua «Gerusalemme» il registro giocoso e comicizzante è prevalente, ma non uniforme, e vi è spazio anche per il serio e il patetico; essa costituisce l'esito più alto nella tradizione dei travestimenti dialettali, dei quali il Balestrieri rinnova e aggiorna lo statuto stilistico alla luce di una raffinata sensibilità poetica.
Canti greci
Niccolò Tommaseo
Libro: Copertina rigida
editore: Guanda
anno edizione: 2017
pagine: 849
Ammirati da Pier Paolo Pasolini come una delle più belle opere della letteratura italiana del pieno Ottocento e amati senza riserve da poeti come Giovanni Pascoli e Gabriele d'Annunzio, i Canti Greci di Niccolò Tommaseo intesero esprimere la freschezza della poesia autenticamente popolare, perseguendo un progetto culturale che fu senza dubbio uno dei più intensamente romantici della nostra letteratura. Lo scrittore dalmata compose un libro che ordinava e riorganizzava in quattro ampie parti (l'Amore, la famiglia, la Morte, Dio) la raccolta di "Chants populaires de la Grece moderne" pubblicata a Parigi da Claude Fauriel nel 18 24-18 2 5, arricchendola però di nuovi canti e di traduzioni straordinariamente suggestive, in cui la cultura raffinata si incontra e si fonde con i versi della tradizione. La presente edizione, corredata dal puntuale commento di Elena Maiolini e da un ricco apparato di indici, riproduce fedelmente l'unica curata da Tommaseo, pubblicata a Venezia nel 1842 quale terzo volume dei "Canti popolari toscani corsi illirici greci". Ripercorrendo e sottolineando i contorni di un'irripetibile combinazione di tradizioni linguistiche e culturali dell'Europa mediterranea, i Canti popolari di Tommaseo si presentano dunque come la migliore e più completa risposta del loro autore al programma letterario e civile annunciato l'anno precedente, con la pubblicazione delle Scintille: ravvivare una cultura stanca e sazia, promuovendo la conoscenza affettuosa dei popoli mediterranei attraverso un riconoscimento reciproco e una collaborazione tra italiani (corsi inclusi), greci e slavomeridionali.
Canzoniere
Michelangelo Buonarroti
Libro: Copertina rigida
editore: Guanda
anno edizione: 2015
pagine: 311
Verso la metà del Cinquecento Michelangelo lavora a comporre un Canzoniere selezionandone i testi all'interno della sua già consistente produzione poetica. Pur non essendo giunto a una forma definitiva, tale Canzoniere rivela quindi, nel suo organico complesso, una precisa volontà d'autore: esclusi i componimenti di matrice realistica, viene prediletta la forma del madrigale (anche del sonetto, ma in misura molto minore) e ammessa soltanto l'ispirazione amorosa. Forza positiva e negativa allo stesso tempo, Amore non solo petrarchescamente "arde et agghiaccia", ma salva e condanna: le antitesi e le contraddizioni, che Michelangelo trovava in Petrarca ricomposte per mezzo della parola poetica, permangono invece in queste rime con tutta la loro drammatica radicalità. La poesia michelangiolesca riduce al minimo il lessico e lo sottopone a un intenso processo di tipo sperimentale: il ritorno quasi ossessivo sugli stessi temi è il tentativo di saggiare le molteplici potenzialità semantiche del sintagma o della singola parola. Michelangelo recupera materiali della tradizione lirica e li piega alle proprie esigenze fino a renderli irriconoscibili, di fatto stravolgendo, attraverso il filtro della propria irrequieta sensibilità, il codice linguistico che gli proviene da Petrarca e dal petrarchismo. In questa chiave va interpretata, e valutata, anche l'oscurità di tanti componimenti, che è la spia linguistica del labirinto in cui l'io si trova costretto, fra contraddizioni e ripensamenti.
Teatro comico
Pietro Aretino
Libro: Copertina rigida
editore: Guanda
anno edizione: 2014
pagine: 700
Il corpus comico aretiniano - tra i più rilevanti del teatro rinascimentale italiano per varietà tematica e sperimentazione stilistica - abbraccia un lungo arco cronologico, toccando fasi diverse della vicenda letteraria ed esistenziale dell'autore. Le commedie presentate in questo volume segnano il traumatico distacco dall'ambiente romano negli anni immediatamente precedenti il Sacco del 1527: si tratta della "Cortigiana", composta nel 1525 a Roma e poi radicalmente riscritta quasi dieci anni dopo a Venezia in vista della stampa, e del "Marescalco", in cui precipitano le esperienze vissute alla corte gonzaghesca di Mantova, presso la quale Aretino soggiornò tra il 1525 e il 1527.
Rime eteree
Torquato Tasso
Libro: Copertina rigida
editore: Guanda
anno edizione: 2013
pagine: 380
Sezione tassiana delle "Rime de gli Academici Eterei", l'antologia pubblicata nel 1567 in occasione del terzo anniversario dalla nascita dell'Accademia degli Eterei fondata a Padova da Scipione Gonzaga, le rime raccolte in questo volume costituiscono la prima significativa tappa della travagliata storia redazionale ed editoriale delle rime di Tasso, che si concluderà negli anni Novanta con la progettata e solo in parte realizzata edizione in tre parti curata dall'autore. Si tratta di un selezionato canzoniere nel quale alla prevalente ispirazione amorosa che detta le rime dedicate alla giovinetta ferrarese Lucrezia Bendidio si affiancano alcuni componimenti autobiografici e celebrativi (indirizzati tra l'altro a Scipione Gonzaga e a Leonora d'Este). Ma la silloge non è solo la testimonianza di un apprendistato: essa assume immediatamente uno spiccato valore di manifesto di poetica e di stile e illustra felicemente 'in re' la già notevole capacità del giovane Tasso nel gestire l'eredità dei classici antichi e quella del petrarchismo settentrionale, con in testa i modelli forti di Bembo e soprattutto Della Casa (senza però dimenticare la lirica del padre Bernardo), ma anche con aperture nei confronti della poesia dell'Italia meridionale. Ne emerge l'idea di una poesia attenta al nuovo ma che si pone allo stesso tempo come erede di una tradizione lirica alta, non priva di risvolti anche filosofici nel dominante platonismo che era tra l'altro cifra fondamentale dell'Accademia.
Frontiera. Diario d'Algeria
Vittorio Sereni
Libro: Copertina rigida
editore: Guanda
anno edizione: 2013
pagine: 429
Se ancora è possibile che negli ultimi decenni del '900 ci siano state voci intimamente "classiche", tra quelle dei poeti che furono protagonisti del secondo dopoguerra, allora è indubbio che una di queste voci (e forse proprio la più tersa e indimenticabile) sia stata quella di Vittorio Sereni. E quindi nella certezza di questa possibile "classicità" sereniana che la presente edizione propone congiuntamente le prime due raccolte del poeta di Luino, come tappe fondamentali di un percorso che sarà lungo e fecondissimo, ma che proprio da questi testi prende spunto e avvio. Ma due raccolte sono anche due momenti diversi nella storia personale di un poeta; e tra la pubblicazione del libro d'esordio, "Frontiera" (risalente al 1941), e la stampa della raccolta successiva, il "Diario d'Algeria" (1947), trascorsero anni che furono decisivi nella maturazione letteraria di Sereni. Lo scarto temporale tra le due opere fu anzitutto imposto dalla storia: l'entrata in guerra dell'Italia, annunciata il 10 giugno 1940, condusse il poeta lungo le strade di una discesa non solo geografica (dapprima in Grecia, quindi in Africa) ma anche esistenziale, che si concluse solo con la lunga inerzia della prigionia trascorsa in Algeria e in Marocco, vera e propria esperienza limbico-infernale. Se pertanto all'origine del primo libro sembrano esserci elementi sostanzialmente intimi o privati, nel secondo domina invece la dimensione collettiva.
Bucoliche e Georgiche di Virgilio. Traduzioni edite e inedite. Testo latino a fronte
Niccolò Tommaseo
Libro: Libro rilegato
editore: Guanda
anno edizione: 2011
pagine: LXIX-700
Se è vero che la traduzione assume un ruolo di rinnovata importanza nella letteratura italiana tra Sette e Ottocento, il ritorno a Virgilio contrassegna la prima stagione romantica: nelle opere del poeta latino si cercano, mentre tramonta l'astro di Omero, le radici di una nuova idea di poesia (capitale la riflessione di Leopardi da un lato, dall'altro di Manzoni). In questo contesto l'esperienza del Tommaseo assume un ruolo di grande rilievo. Su Virgilio si fonda il primo grande commento dantesco (1837) che segna, con il minuto censimento delle fonti, la riscoperta dell'?autore' di Dante; echi del poeta latino percorrono la prosa diFede e bellezza (1840); riscontri puntuali s'insinuano nelle note aiCanti popolari toscani, corsi, illirici, greci (1841-42), documentando l'incontro di tradizione popolare e di poesia d'arte. Nel grandeDizionario della lingua italiana (1861-74) il poeta latino assume poi (per autorità e numero di citazioni) il ruolo di padre fondatore: modello di una lingua vocata alle vette liriche non meno che alle infinite sfumature dell'uso familiare e parlato (si spiega come l'impresa lessicografica fosse accompagnata e affiancata da un lavorio incessante di traduzione, specie dall' Eneide). La scoperta poetica di un Virgilio? Italiano parte dunque dalle laudes Italiae delle Scintille (1841) e si svolge coerentemente, per approfondite ragioni storiche e culturali, sino agli anni più tardi, trovando nel saggio Concetto storico, civile e morale della poesia di Virgilio, del 1871 (posto in Appendice) la sua sintesi più ricca. Le traduzioni ci trasmettono la voce del poeta latino in una interpretazione di grande suggestione poetica; introduzione e note ci consentono di leggere le ragioni critiche, storiche e linguistiche di questo singolare abito romantico-risorgimentale del poeta mantovano. Per la prima volta vengono raccolti gli esperimenti editi e inediti di Bucoliche e Georgiche: ripercorrendone la storia si entra nell'officina di un grande scrittore dell'Ottocento, nonché autore di un Dizionario che resta, «fra tanti monumenti per lo più orridi sorti in quegli anni, senza dubbio il più valido, forse il solo pienamente degno, che l'Italia abbia eretto alla sua unità» (G. Folena)
Le odi
Giuseppe Parini
Libro: Libro rilegato
editore: Guanda
anno edizione: 2010
pagine: LXIII-302
Ci sono nomi, nella storia della letteratura italiana, di cui non si può fare a meno, perché rappresentano dei punti fermi, dei nodi attorno ai quali si coagulano le esperienze di molti altri scrittori e letterati. Uno di questi è senz'altro Giuseppe Parini, autore del Giorno, venerato da Foscolo e da Manzoni, indimenticabile per la forza della sua satira e per come seppe cogliere, negli anni della Rivoluzione francese, lo spinto dei tempi che andava mutando. Nel 1791, rompendo il lungo silenzio editoriale seguito al Mezzogiorno, il Parini decideva di raccogliere - con l'aiuto del fedele allievo Agostino Gambarelli - tutte quelle odi che in occasioni sparse aveva pubblicato nell'arco di oltre trent'anni. Ne usciva un libro dalla forza inusuale che, pur nella varietà dei temi presentati (civili, etici ed estetici), nel suo insieme rappresentava uno strenuo sforzo di rottura con le abitudini adulatorie e vacuamente celebrative del secolo XVIII. L'autore voleva così consegnarsi al nuovo secolo come fedele cantore di rettitudine, verità e bellezza. In questo commento, l'analisi stilistica e strutturale delle singole liriche ha fornito ragioni per riconoscere nel libro delle Odi così come Dante Isella lo ha restituito nel 1975 - la cifra unica e nuova del Parini. Nell'innovativa complessità sintattica e ritmica, la parola è circuita, isolata: e nell'isolamento recupera novità di suono e una più libera forza significativa.
Poesie
Vittorio Imbriani
Libro: Copertina rigida
editore: Guanda
anno edizione: 2010
pagine: 545
Con la presente edizione si offre al lettore l'intera opera in versi di Vittorio Imbriani, di cui la "Fondazione Bembo" ha già pubblicato le opere in prosa, in tre volumi. Il libro, che comprende sia i testi editi dall'autore, rarissimi e di difficile reperibilità, sia quelli apparsi postumi, numerosi e rivelatori di un'inquieta sperimentazione, è provvisto di un ampio commento, oltre che di una ricca bibliografia e di un'saggio introduttivo, teso alla focalizzazione di una delle esperienze più interessanti di quella raffinata ricerca poetica e metrica che caratterizzò la produzione in versi del secondo Ottocento. Restituite alla loro organicità e accompagnate da un corredo di note esemplare per chiarezza e precisione, le poesie delf'Imbriani possono finalmente rendere giustizia all'integrità del loro aristocratico, eclettico e trasgressivo autore, considerato oggi uno dei narratori più originali e, con il Tommaseo, il più straordinario conoscitore ottocentesco della lingua italiana. I versi, ancora poco noti nonostante i particolari pregi, rivelano innanzi tutto una vocazione anticonformista e polemica e un attivo interesse dello scrittore per la poesia, che percorre significativamente tutto l'arco della sua vita. Riproporli integralmente significa anche fornire lo strumento di una più comprensiva interpretazione della prosa di Imbriani, di cui essi sono il necessario e speculare complemento.
Il torto è 'l diritto del non si può
Daniello Bartoli
Libro: Copertina rigida
editore: Guanda
anno edizione: 2009
pagine: 476
Pubblicato in prima edizione nel 1655, ma ristampato più volte mentre era ancora in vita il suo autore, quindi riproposto in svariate edizioni tra Sette e Ottocento, "Il torto e 'l diritto del non si può" rappresenta una modalità inedita di discussione dei problemi linguistici nel medio Seicento, in quanto si sottrae all'opposizione frontale e manichea tra oppugnatori e sostenitori della Crusca. Facendo appello a quelle stesse autorità (gli autori del Trecento) cui si richiamavano i fiorentinisti, Bartoli discute la norma cruscante (e non solo quella) non già per demolirla, ma per relativizzarla, lasciando al buon gusto di chi scrive un margine di scelta che sembrava negato dal rigore dei "pedanti", dallo "schiamazzar de' grammatici" e da quanti brandivano e menavano il "non si può [...] alla cieca come la mazza di Polifemo".