MC: Gli insetti
Questo
Massimo Migliorati
Libro: Libro in brossura
editore: MC
anno edizione: 2022
pagine: 109
L'attenzione riservata da Massimo Migliorati ai minimi eventi quotidiani, ai segni che si incidono nell'aria con il profilo frastagliato delle foglie, si riversa sulla pagina in una serie di singolari epifanie, che sottendono un dolore sordo, ottuso, che presuppone dinamiche di taglio quasi beckettiano. Si tratta di una continua, inesausta interrogazione sulla «solitudine condivisa» che ci fa misurare oggetti che acquistano una valenza incomprensibile. Lungo la dorsale di un «osservarsi e osservare» si forma il disegno di un «patchwork» costituito di «parole malcomprese». Le sezioni della raccolta, intitolata emblematicamente Questo, formano un trittico disposto intorno a un nucleo di immagini che rimandano a lemmi o vocaboli dal forte impatto semantico: agli elementi naturali come rami di gelso, fiocchi di neve, fili d'erba, gocce di pioggia, cristallizzati in una dimensione atemporale, astorica, si contrappone l'inventario di oggetti antipoetici par excellence come la motofalciatrice, una motocicletta dal rombo assordante, un cavatappi. Esemplare al riguardo il gioco degli ossimori che si manifesta mediante la semplice suddivisione di una barra: «ansie/gioie», «utile/disutile» ecc. Si delineano così situazioni la cui redenzione è affidata al «farsi sasso albero animale», descritte con punte di sapienza compositiva che documentano una straordinaria compattezza formale. (p.d.p.)
Catabasi
Beniamino Dal Fabbro
Libro: Libro in brossura
editore: MC
anno edizione: 2022
pagine: 133
La raccolta Catabasi di Beniamino Dal Fabbro uscì originariamente nella collana "Poesia" di Feltrinelli nel 1969, un paio d'anni dopo il suo fondamentale diario "Musica e verità". Suddivisa in quattro sezioni tematiche, tese a formare una sorta di tetralogia che tuttavia ha ben poco di wagneriano, la silloge si configura come l'approdo più significativo di un percorso poetico che annovera prove apprezzabili quali "Villapluvia" (1942), "Epigrammi" (1944) e "Gli orologi del Cremlino" (1959). Singolare figura di intellettuale poliedrico, a tutto tondo, dai tratti sulfurei e démodés, vólti al recupero di una tradizione svincolata dalle derive di manierismo e accademismo, Dal Fabbro con questa sua raccolta realizza un approdo sicuro per i fautori non solo del "bello stile", ma anche della critica radicale a un mondo sempre più invivibile e spietato. Il tono variegato delle sue composizioni, spesso ispirate alla Weltanschauung musicale, passa infatti dall'idillio all'invettiva, non disdegnando la dimensione articolata del poemetto e senza rinunciare ad affondi ora giocosi ora sarcastici che si intridono di un venenum corrosivo. Apprezzata da critici d'eccezione come Raboni, Betocchi e Sereni, la vicenda poetica di Dal Fabbro si esaurisce con la raccolta qui riproposta, corredata da una manciata di lettere inedite, che prefigura quell'oblio volto ad imbozzolare il suo «biografico precipizio», quasi a suggellare in esiti felicemente inattuali un'opera che evita con sdegno le esalazioni pestifere dei nostri giorni. (P.D.P.)
Macchine del diluvio
Stefano Massari
Libro: Libro in brossura
editore: MC
anno edizione: 2022
pagine: 96
È una poesia contratta quella di Stefano Massari, ripiegata intorno a un nucleo di immagini sghembe e ricorrenti che sembrano contrapporsi al mondo delle macchine evocato nel titolo. Non c'è conforto in questi versi, tutto sembra collassato, come se si volesse rimarcare una condizione claustrofobica, di alienato, di scorticato, tesa a creare una pronuncia straniante e vertiginosa che tuttavia conserva i crismi di un'autenticità rara. Non sarà difficile indicare tra i maestri di Massari alcuni autori novecenteschi che hanno esibito la parola alla stregua di un osso, di un referto: da Fortini a De Angelis, passando per Antonio Porta. La nostra epoca peraltro non ha più bisogno di parole e maestri, bensì di un silenzio che arrivi a cancellare tutto il dolore accumulato da un corpo che modula nelle sue dodici morti altrettante resurrezioni. È bandita qualsiasi armonia che non sia quella che si rifà alle dinamiche di una fisicità perduta nell'ingranaggio di un pensiero sclerotizzato, teso ad ammassare, «con gesti di scure e carità», le pagliuzze d'oro e lo sterco, per ricordarci che siamo preda non di un sogno, ma delle «mani imputridite dei mercati».
Elena Nemesi
Rosita Copioli
Libro: Libro in brossura
editore: MC
anno edizione: 2021
pagine: 142
"Come Giacobbe con l'angelo, Rosita Copioli ha ingaggiato da tempo immemorabile una strenua lotta con il personaggio mitologico di Elena, gradualmente depurandolo e depauperandolo di qualsiasi scoria intellettualistica a favore di una più moderna interpretazione delle vicissitudini narrate da Omero e Euripide, senza tuttavia sminuirne il retaggio classico. Tale excursus è sapientemente ricostruito nella nota finale alla pièce teatrale qui presentata, sorta di racconto nel racconto, in cui la poetessa torna a misurarsi con questa figura misteriosa e allusiva, da lei stessa definita un «demone che vive sempre in noi», consapevole dell'intreccio inestricabile tra bellezza e tragedia esplicantesi attraverso una sensibilità di prim'ordine, che ricolloca il personaggio in una dimensione più intimista che sembra stemperare il desiderio di Paride a favore della problematicità di una donna borghese che si misura correntemente con il daimon musicale. In realtà si tratta di un alter ego, di un potenziale autoritratto (con quel qualcosa di sfuggente che si trova in ogni autoritratto), tanto da aver fatto sostenere alla Copioli, in un testo in prosa emblematicamente intitolato Dramma, che «Scrivere il nome di Elena significa aderire alla sua fatalità, qualunque senso abbia». Si può parlare di teatro di poesia, soprattutto in virtù di quel senso di appartenenza a un'era favolosa a cui idealmente si rifà un'intonazione vibratile nella sua compostezza, specchiandosi in una vicenda che si snoda attraverso dialoghi volti ad affrontare la nostra precarietà, ora come allora invisa agli dèi. (p.d.p.)"
Corte della Temperanza
Alessandro Scarsella
Libro: Libro in brossura
editore: MC
anno edizione: 2021
pagine: 82
Si affida a una scrittura polifonica Alessandro Scarsella che ricorda, nella sua tessitura ondivaga, le frequenze di un elettrocardiogramma. Si passa dalle istanze presenti nel poemetto iniziale, in bilico tra elegia e sistematica registrazione di un topos dagli effetti stranianti, alla contemplazione di un «cielo bianco» popolato di ibis e cormorani, dalla ricerca di una dimensione dionisiaca sottesa alle asperità del quotidiano a un dolore primigenio, privo di redenzione. Le sezioni della raccolta si dispongono così in forme sempre mutevoli, tra arcadia e modernismo, disseminate di squarci e crepe che tornano insistentemente a riproporsi lungo mura in cui affiora «a dismisura» un arabesco di graffiti su un fondo di nuvole tiepolesche. Questa hybris si configura mediante un cortocircuito di vicissitudini, sapientemente cadenzate da una sequela di citazioni o criptocitazioni che delineano, con una vena di impalpabile ironia, ora i contorni frastagliati del Verano - dove si rievoca la scomparsa della madre attraverso il filtro delle pratiche burocratiche connesse a tale perdita - ora quelli di un allegorico consesso in cui si prefigurano gli eventi nel baluginio di una «spirale nella sabbia». Tale cornice frammentaria, ellittica, tesa idealmente a rappresentare il senso di precarietà che attanaglia un'esistenza artefatta, si pone in aperta contrapposizione con il recupero di una memoria "classica" espressa attraverso l'uso insistito di endecasillabi arroccati in un contesto deliberatamente prosastico. (p.d.p.)
Ultramodum (la sparizione dell'immanente)
Gian Ruggero Manzoni
Libro: Libro in brossura
editore: MC
anno edizione: 2021
pagine: 82
«Singolare figura di intellettuale "eretico", Gian Ruggero Manzoni si misura da sempre con un'espressione poetica dai toni crudi ed essenziali: si pensi a quella sorta di trittico composto dalle raccolte "Il dolore" (1991), "L'evento" (1997) e "Gli addii" (2003). A proposito di quest'ultimo lavoro un critico finissimo come Paolo Lagazzi dichiarava: «Manzoni ci ricorda anzitutto che non si finisce mai di dire addio; l'addio, a chi amiamo e a ciò che amiamo, è il movimento fondamentale del nostro stare confitti nel tempo». E al tema dell'addio è dedicata anche questa nuova raccolta di Manzoni, Ultramodum (la sparizione dell'immanente) che, fin dal titolo, rivela gli intenti esoterici (i riferimenti all'alchimia, alla numerologia ecc.) e, al contempo, essoterici (la ricerca del sacro, il contrasto fra bene e male). Si tratta di un viaggio metaforico nel nihil del deserto, composto in cinquantacinque tappe, lungo un itinerario impervio che si manifesta attraverso folgoranti prose. Vi si ricostruisce un Oriente onirico e favoloso ma che, nella sua esemplarità, non ha niente di "esotico" e che diviene metafora del nichilismo attuale, di un percorso privato e collettivo in cui non è possibile non riconoscere il sigillo della precarietà che ci attanaglia (si pensi anche al profetico romanzo Il morbo, edito nel 2002). La scrittura di Manzoni si dipana così, tra suggestioni veterotestamentarie e richiami agli autori più compositi (da Pound a Eliot, da Char a Genet), configurandosi come un'esperienza irrinunciabile, toccata dai crismi sempre più rari dell'autenticità.» (p.d.p.)
Le falistre
Marco Munaro
Libro: Libro in brossura
editore: MC
anno edizione: 2021
pagine: 86
Vagano come falistre le parole di Marco Munaro, singolare figura di poeta-editore che sembra aver raccolto l'eredita? di Bino Rebellato, di cui non a caso ha curato in modo magistrale l'opera omnia. A distanza di trent'anni dalla stesura queste sue combustioni liriche, presentate per la prima volta in forma integrale dopo un accurato lavoro di revisione, si configurano alla stregua di un godibile romanzo familiare, costruito intorno a un repertorio fantasmatico costellato di presenze decisive che in realtà sono dolorose assenze. Tali epifanie, caratterizzate da una dimensione memoriale tesa al recupero di un'infanzia anonima e, al contempo, favolosa nelle terre di un Polesine frequentato da fate ed orchi, angeli e demoni, personaggi mitologici e indissolubilmente legati alla terra, si succedono attraverso le cinque sezioni della raccolta come altrettante «scintillografie». A volte basta la pronuncia di un nome scaturito dalle segrete dell'oblio o una «fola» ariostesca rivisitata in una chlebnikoviana «età della latta» ad innescare un cortocircuito dalle valenze quasi oniriche, simile agli esiti del mufaculor, neologismo correlato a un gioco infantile che in se? contiene qualcosa di magico e velenoso. Il dettato di Munaro, che in seguito conoscerà esiti più articolati e complessi, qui si carica di accensioni visionarie fulminee, le cui composite tessere formano un Bildungsroman dai tratti compiuti e potentemente evocativi. (p.d.p.)
Co 'a scùria (A colpi di frusta)
Maurizio Casagrande
Libro: Libro in brossura
editore: MC
anno edizione: 2020
pagine: 146
Nell'atipico dialetto pavano di Maurizio Casagrande non c'è alcun intento di edulcorazione semantica, gli oggetti e le situazioni vengono evocati quasi compiacendosi della loro estrema vulnerabilità in contrapposizione a questa lingua bassa, sgradevole, aspra, cacofonica, lontana mille miglia dai preziosismi adamantini protonovecenteschi. Una "lingua annodata", gracchiante come quella di una cornacchia, che si carica idealmente di umori, di afrori, di fetori (non più "mistici", alla maniera del "revegnente" Rimbaud). Serpeggia in tutta la raccolta il motivo di un'invettiva che raggiunge il diapason della vera e propria imprecazione blasfema che rimanda al modello di Giacomini. La bestemmia è una sorta di intercalare che, dalla lingua parlata alla pagina scritta, acquista paradossalmente una sua profonda dignità, quasi ribaltandosi in espressione ieratica, solenne. Casagrande descrive un mondo popolato da un'umanità eterogenea, errabonda, spesso alla deriva, già incontrata nei versi di Zanzotto e Piva.
La quasi notte
Francesca Serragnoli
Libro: Libro in brossura
editore: MC
anno edizione: 2020
pagine: 82
Si potrebbe parlare di poesia religiosa se non fosse per la spiccata adesione a una realtà articolata e complessa che caratterizza il dettato di Francesca Serragnoli. Questa nuova raccolta comprendente testi scritti nell'ultimo lustro, ripartiti in cinque sezioni composte di una materia rarefatta, quasi impalpabile, per certi versi affine al pugno di liriche donateci da Cristina Campo. Una sorta di preghiera laica, un salmodiare attento e misurato che respinge la dinamica del grido, per accogliere in sé una parola sussurrata a fior di labbra, che ha la compostezza di una rosa coltivata interiormente, con acredine, pazienza, dedizione assoluta. Niente è esibito, tutto è calibrato, raccolto in un suo microcosmo che riproduce «la vita all'altezza della vita». Si tratta di un continuo anelito alla leggerezza, per rivendicare la propria verticalità in un mondo che annienta le nostre aspirazioni più vive e più vere. Versi delicati e tragici, perduti in una dimensione outrée, attraversata da immagini stranianti con il retaggio, allucinato e solenne, dei libri apocrifi. La parola sembra denudarsi, rinunciare a ogni possibile orpello, per stagliarsi nella «quasi notte» in una sorta di indifesa alterità, pudica e impudica.
Archivio del padre
Giancarlo Sissa
Libro
editore: MC
anno edizione: 2020
pagine: 92
"In questo journal, riportato quasi integralmente in una prosa poetica ricca di baluginanti epifanie, si ripercorrono, con stile piano e discorsivo, le vicissitudini legate alla figura paterna in un continuo scambio di ruoli che sconfina in vera e propria immedesimazione: figlio che diventa padre del suo stesso padre, padre che diventa figlio del suo stesso figlio. Il dettato di Sissa non disdegna l'incursione nei territori della deformazione surrealistica, all'insegna di una sprezzatura che richiama Char, Ponge, Saint-John Perse. Tra digressioni e esiti frammentari, si costituisce un «archivio del padre». È una preghiera laica, questa di Sissa, che attualizza il confronto con raffigurazioni già di origine biblica, accentuando la loro natura profetica e visionaria."
A dìr el véro
Andrea Longega
Libro: Libro in brossura
editore: MC
anno edizione: 2020
pagine: 74
"Ha la delicatezza di un vetro lavorato all'aria arroventata di una fornace di Murano la poesia di Andrea Longega. Le sue accensioni liriche si inscrivono entro quel tracciato della poesia antinovecentesca che da Saba arriva a Vivian Lamarque, passando attraverso gli epigrammi folgoranti di Penna. Questa nuova raccolta costituisce il naturale approdo di un percorso fedele a un'idea di poetica lieve, non sapienziale, refrattaria a mode e stilemi di derivazione modernista, con un approccio comunicativo immediato e mai banale. Assistiamo così, dopo le sillogi dedicate alla scomparsa della madre, alla cameriera Caterina e alla scoperta di un'inedita Grecia, a un'altra sequenza di piccoli miracoli espressivi nel dialetto che fu di Giacomo Noventa. Qui si rievocano le figure del padre, della madre (con relativi addentellati sul parricidio e sul matricidio), di alcuni parenti, cadenzandole intorno alle fantasmagorie di un'infanzia felice e, al tempo stesso, avvilente. Un carosello di profili indimenticabili che ci osservano di sottecchi per ricordarci cosa c'è di vero (e di buono) oltre le apparenze."
Al ritmo dell'assenza. Poesie 2011-2015
Cesare Lievi
Libro
editore: MC
anno edizione: 2020
pagine: 122
Questa nuova raccolta di Cesare Lievi, affermato regista teatrale e drammaturgo, si configura come il punto più limpido e terso della sua produzione poetica. Suddiviso in tre parti come in una crocifissione di Francis Bacon, il libro è una sorta di variegato brogliaccio che accomuna presenze che si rivelano in realtà lancinanti assenze. Ne sono mirabile testimonianza le sequenze dedicate alla madre, sul cui pervicace ricordo la raccolta si dipana con punte di icastica esemplarità. Sullo sfondo, meno avvertito ma incombente come un presagio, si incide il cammeo dell'adorato fratello che ha contrassegnato in maniera decisiva l'allure delle sillogi precedenti, apprezzate da un lettore d'eccezione come Raboni. Di fronte all'opera impietosa del tempo non rimangono che fantasime, barlumi, ectoplasmi, il miraggio di un calicantus che si staglia d'inverno contro la cartapesta del cielo o un merlo che saltella quasi incapace di volare, assorbito dall'intento improrogabile di nidificare. Le parole di Lievi trascorrono così, tra canzonetta ed elegia, tra il mondo esaltato dell'eros e quello avvilente del thanatos, in un colloquio ininterrotto con le ombre o con chi ne ha assorbito, impagabilmente, un'eco screziata di vita riflessa.