Sellerio Editore Palermo: La memoria
Atlante degli artisti in affari
Daria Galateria
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2025
pagine: 256
Henry Miller, ingaggiato in California per un romanzo pornografico. Françoise Sagan in Costa Azzurra e l'amicizia con Mitterrand. Katherine Mansfield e la pensione in Baviera che le ispirò il debutto letterario. Gauguin vecchio nelle Isole Marchesi. Il giallo del viaggio di Simenon a Kirkenes, vicino a Capo Nord. La spia Philby, l'amico di Graham Greene, a Beirut. L'apprendistato di Céline a Londra, tra music hall e prostituzione. Philip Roth a una festa sulla spiaggia «al coperto, in febbraio». Orwell a Barcellona nel '37. L'inventore della bomba Oppenheimer fa un campeggio giovanile a Los Alamos. Groucho Marx a Hollywood e il caso Casablanca… In numerosissima galleria, la prosa elegante e naturale come una bella conversazione di Daria Galateria fissa in un fermo immagine personalità eminenti delle lettere, delle arti e della storia, e le ritrae in viaggio per affari, nei luoghi d'occasione ma fatali, e nelle singolarità di tempo in cui un attimo, trascorso, per motivi professionali, fuori luogo, può coincidere con il destino intero di una vita. Una sterminata erudizione sul personaggio capace di sorprenderlo di fronte alle ironie delle circostanze. In un primo capitolo, come un'introduzione a queste preziose rievocazioni, Daria Galateria spiega come, oltre il Grand Tour del Settecento e prima dell'odierno turismo di massa, il viaggio è stato, nelle memorie di grandi scrittori otto-novecenteschi, un «viaggio di lavoro».
I girasoli ciechi
Alberto Méndez
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2025
pagine: 280
Pubblicato in Spagna nel 2004, poco prima della morte del suo autore, I girasoli ciechi ha la forza e la visione di un libro meditato per tutta la vita: la sua perfezione letteraria, l'umanità struggente dello sguardo e il sentimento poetico che lo attraversa, ne hanno fatto un caso editoriale, un bestseller salutato da importanti premi e riconoscimenti, traduzioni in molti paesi, una versione cinematografica. I protagonisti di questo libro sono sconfitti che, come girasoli ciechi, hanno rinunciato a cercare il sole. Ed è la sconfitta, lo splendore e la grazia dell'abbandono, a tenere unite le quattro vicende de I girasoli ciechi, ambientate nell'immediato dopoguerra in Spagna: un capitano dell'esercito vittorioso di Franco decide di arrendersi ai repubblicani, ormai sbaragliati, nell'ultimo giorno del conflitto; un giovane poeta fugge in montagna con la fidanzata incinta e affronta una vertiginosa storia di solitudine e di morte; un prigioniero, che sta per essere giustiziato, cerca di posticipare la propria fine inventando una vita di onore e coraggio per il figlio del colonnello dal quale dipende la sua sorte; un religioso, ossessionato dalla moglie di un intellettuale repubblicano che vive nascosto in un armadio, scatena la disgrazia di una famiglia. «I documenti sui quali lavorano gli storici promettono e a volte permettono di dare la certezza, la verità è altra cosa», scrive Adriano Sofri nella Nota che chiude il volume. E così tutto ciò che è narrato in questo libro è vero, ma nulla di ciò che viene detto è certo: perché oltre gli orrori e le paure, al di là delle sofferenze e dei drammi, dopo ogni guerra civile resta soltanto la necessità di ricordare ciò che sappiamo. Con una prosa scarna e poetica, densa e tagliente, questi Girasoli ciechi raccontano un dolore inafferrabile ed eterno, che contiene la vergogna, lo sconforto, e infine il seme della resistenza, del riscatto e della lotta per un futuro diverso: un canto triste e superbo alla dignità.
Proust, romanzo familiare
Laure Murat
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2025
pagine: 304
«Come fa Proust ad affascinare i suoi lettori, senza distinzione di classe, raccontando microscopiche peripezie dell’alta società parigina?». E perché la ricorrente lettura della Recherche, l’analisi proustiana dell’aristocrazia «faceva luce sul mio ambiente d’origine più dell’esperienza personale vissuta dall’interno»? Due domande che si inseguono e si scambiano i ruoli dentro le pagine di questo romanzo familiare: ricostruzione di memorie e sentimenti legati a un’infanzia-adolescenza cresciuta tra gente titolata, domestici e governanti, in cui quello che si doveva imparare non poteva essere insegnato. Una ricostruzione che è insieme altro. Senza netto confine, si mescola con l’analisi del metodo Proust, il meccanismo crudele messo in atto per muovere un mondo di pure forme in cui ogni personaggio vivo che c’è dietro alla fine si rivela tutto il contrario di come sembrava («Dietro il sadico, si scopre il tenero. Dietro l’uomo di mondo, lo zotico. Dietro una leggendaria duchessa, una donna ordinaria. Dietro un uomo virile, un effeminato». Insomma: dietro il nobile, l’ignobile). E si mescola ancora con un’esplorazione sociale, eseguita indirettamente sprofondando negli intrecci tra persone vere e personaggi inventati che legavano i fili della grande ragnatela alla famiglia principesca dell’autrice.
Grazie, Jeeves
Pelham G. Wodehouse
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2025
pagine: 368
«L'umorismo si basa sull'imprevisto, e man mano che la conoscenza avanza la nostra capacità pregressa di sorprendere il prossimo è destinata a svanire. Sono pochi, pochissimi, gli umoristi che sopravvivono al tempo, e che fanno ridere a decenni dalla loro morte: e fra questi il posto d'onore, mi dispiace per gli altri ma nemmeno troppo, va di diritto all'autore del romanzo che avete fra le mani», sottolinea Marco Malvaldi nella Nota che apre il volume. E a ragione. L'umorismo di Wodehouse, infatti, è un flusso continuo, rigo dopo rigo, non è fatto di battute e di trovate, ma è la messa in scena di un mondo immaginario in cui ognuno, ogni evento e ogni oggetto è disposto in modo tale da far ridere. Dei due protagonisti assoluti, il narratore Bertram «Bertie» Wooster è il comico, colui che agendo da par suo mette le cose in quel modo ridicolo; Jeeves, invece, è colui che ride, è complice del lettore, benché appaia impassibile, perché i suoi interventi, riparatori di quella che sarebbe ogni volta una rovina collettiva, sono come un commento, di benevolo e segretamente divertito distacco - a cominciare dal suo linguaggio tanto preciso, colto e raffigurativo quanto è approssimativo, immaginoso e ammiccante quello del suo datore di lavoro Bertie. In Grazie, Jeeves tutto è messo in moto, come sempre, da un atto benintenzionato e scervellato del nobile Bertie. Un suo amico d'infanzia non trova il co raggio di dichiararsi alla sua amata e così Bertram, per aiutarlo, pensa di farlo ingelosire. Ne segue una catena di disastri, a ognuno dei quali pone rimedio il maggiordomo Jeeves, usando il semplice buonsenso intelligente, che manca completamente al ceto di dame e gentiluomini del suo padrone. Attorno a Bertie e Jeeves si muove una galassia di individui goffi e improbabili: l'amico fidanzato Chuffy, proprietario dell'enorme tenuta dove Bertie si è ritirato provvisoriamente per esercitarsi al banjolele; Pauline Stoker, la fidanzata, ferita nello strabordante orgoglio; Mr Stoker, padre di Pauline, rozzo miliardario americano; Sir Roderick Glossop, psichiatra e spasimante della zia di Chuffy; Seabury e Dwight, due bambini pestiferi e odiosi; lo zelante sergente Voules e il suo corruttibile agente Dobson; e poi l'ubriacone e manesco Brinkley, il nuovo maggiordomo assunto da Bertie dopo l'imprevedibile licenziamento di Jeeves con cui si apre il romanzo. Tra sentimenti sublimi e baruffe, eredità e compravendite, incendi, rapimenti e fughe, effrazioni e arresti, sbornie e pantomime, solo l'intervento dell'impeccabile Jeeves potrà riportare l'equilibrio nel caos. E risanare, forse, la frattura tra Bertie e il suo amato maggiordomo.
Tutti i miei fantasmi
Uwe Timm
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2025
pagine: 328
Uwe Timm, come un Philip Roth tedesco, riesce a fissare sulla pagina un'epoca, una generazione, un popolo, senza mai alzare il racconto oltre l'orizzonte delle storie private, dei personaggi incontrati. Siamo nel dopoguerra, a metà degli anni Cinquanta, il padre dell'autore è un pellicciaio che, pur amando i libri, ritiene che il figlio debba proseguire la sua attività, e lo arruola quattordicenne, appena finite le medie, come apprendista in un laboratorio di pellicce. È qui, nella grande bottega del signor Levermann, a metà tra il pregiato artigianato e la manifattura industriale, che avviene la crescita del protagonista-narratore negli anni che corrono dall'adolescenza all'università. Un apprendistato che attraversa i segreti e le insidie di quest'arte, e le pagine dedicate alla precisione del mestiere sono una esaltazione del lavoro dell'artigiano come processo che genera significato: «Voglio descrivere tutto ciò in modo dettagliato perché il lavoro si sta estinguendo o si è già estinto». Ascolta le storie dei colleghi: il vecchio socialista Kruse, per cui «il lavoro politico e le doti di artigiano sono un tutt'uno»; il giovane Erik che ha attraversato l'America come Jack Kerouac e che lo introduce al jazz; Johnny- Look col suo tenero rispetto per gli animali finiti in pelliccia, verso di loro «l'obbligo di trasformare la vita in bellezza»; il gigantesco Jensen che lo infila nel divertimento di espedienti avventurosi. E poi tanti altri tipi umani, ognuno animato da un contagioso fermento, per finire con la piccola Lilith, la movimentata sessualità che è come un congedo verso gli anni Sessanta dell'università. Cosa ha imparato da tutti loro? Oltre al mestiere, oltre ai libri, alle poesie, alla grande letteratura, Uwe ha appreso cosa significhi conservare e tenere in vita la memoria di una generazione che ha attraversato il dolore del Nazismo ma ha consegnato ai suoi figli un desiderio travolgente di vita e di esperienze nuove. I suoi fantasmi sono stati gli spiriti che lo hanno trasportato dalle rovine di città vuote di speranza a un'epoca di ricostruzione, ricostruzione di se stessi e dei legami sociali. Con "Tutti i miei fantasmi" Uwe Timm si conferma come uno degli scrittori maggiormente capaci di traghettare con profondità e delicatezza il racconto del Novecento nel nostro secolo.
Una variazione di Kafka
Adriano Sofri
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2024
pagine: 288
In occasione dei cento anni dalla morte di Kafka la nuova edizione accresciuta, con un'Appendice di oltre 60 pagine, dell'appassionata indagine con cui Adriano Sofri entra con la lente del detective e l'abilità del critico filologico dentro La metamorfosi. A un bilancio dell'accoglienza del «giallo filologico», si è aggiunta qui una spericolata lettura allo specchio delle storie di famiglia di Gregor Samsa e Aldo Moro, e del racconto che sarebbe stato il primo capitolo di America: Il fuochista, e l'incontro col ragazzo Karl Rossmann, a confronto con il nostro incontro di operai e studenti. Tutto comincia da un errore di stampa, troppo strampalato per richiamare l'attenzione. Cent'anni dopo, l'autore di questo libro lo trova troppo strampalato per non richiamare l'attenzione. Dunque va a rintracciarne l'origine, da una lingua all'altra, da una traduzione all'altra, da una edizione all'altra de La metamorfosi, il racconto «perfetto» di Kafka, del 1915, con il folgorante incipit in cui una mattina Gregor Samsa si trova trasformato in un enorme insetto, mentre il mondo intorno è immutato. E man mano Sofri è sempre più preso dal dubbio che l'errore strampalato non sia un errore, ma una variazione introdotta da Franz Kafka, per migliorare, sia pure con una sola parola, il suo racconto. Finché trova un paio di rimandi testuali, nel diario di Kafka e nelle sue lettere alla fidanzata Felice, che (secondo lui, naturalmente) forniscono la prova certa della sua ipotesi. Non era un errore di stampa, né quello di un redattore editoriale, ma una deliberata correzione di Franz Kafka. Che cos'è una parola? Eh, si fanno guerre per un paragrafo, diceva Voltaire del suo tempo, e nel nostro si fanno guerre ancora più barbare per un versetto. Quella di Kafka non è una scrittura sacra se non nel senso più laico: nel senso letterario. E l'autore si aspetta che lettrici e lettori trovino appassionante il racconto di questa imprevedibile ricerca così come l'ha trovato appassionante e imprevisto lui. E ne ricevano lo stimolo per una ulteriore lettura de La metamorfosi.
Vi scriverò ancora
Andrea Camilleri
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2024
pagine: 528
"Sono tanti i modi in cui possono essere accolte le giovanili lettere familiari di Andrea Camilleri. Uno però trascende tutti gli altri. È il modo di lettura di un oroscopo: di una osservabile configurazione astrale disegnata dai segni zodiacali e dai pianeti, metaforicamente trasposti nelle lettere che fanno sistema e determinano i pronostici sul maturo inventore del commissario Montalbano, sapiente lettore degli stessi libri preferiti dall'ancora inconsapevole scrittore di lettere; e di quell'irresistibile folletto chiamato Catarella, incarnazione di una plateale gestualità e teatrale comicità già portate in scena negli sketches improvvisati da Camilleri nelle sue carte messaggere. Il Camilleri dell'epistolario è un infervorato studente fuorisede. Vive a Roma. È un borsista dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica. Ha due insigni maestri, Silvio d'Amico e Orazio Costa. Fa subito amicizia con Vittorio Gassman, giovane attore del teatro di posa. Lui studia regia teatrale. È un moderno Robinson Crusoe, che di continuo deve inventarsi un alloggio sempre provvisorio, le suppellettili necessarie, tutti i gesti della giornata tra il lavaggio della biancheria e la ricerca di un ristorantino alla portata delle sue tasche semivuote, nonostante le sollecite sovvenzioni di una famiglia tutt'altro che ricca. In casi estremi può sempre contare su qualche generoso buffet da assaltare, magari in compagnia di una attricetta dell'Accademia e intonando «inni di guerra» condivisi dagli invitati più illustri: fra i più insospettabili, scrittori come Moravia o attori già affermati come Massimo Girotti. C'è qualcosa di picaresco nella narrazione epistolare, spesso autoironica e spettacolare: anche nel caso di quel convulso correre, qua e là, senza sosta, alla ricerca di un lavoretto. E intanto Camilleri studia, studia, studia. Pubblica poesie, racconti, articoli. Scrive soggetti per il cinema e per la radio. Si propone come regista. Riesce a collaborare con l'Enciclopedia dello spettacolo. E fa incontri strabilianti, come una volta accadeva ai cavalieri erranti. Conosce, insieme a Jean-Paul Sartre, il grandioso e canagliesco Jean Genet: scrittore e drammaturgo, ladro, cinico, generoso e argutamente spiritoso. Camilleri chiede il recapito all'ospite. Si sente rispondere che l'indirizzo più si- curo è, ovviamente, il carcere. Camilleri è giovane, giovanissimo. Ama il teatro. E come regista ha capacità anche rabdomantiche. Fa sgorgare l'acqua, dove tutti vedono solo cespugli secchi e pietrame. Annusa nell'aria, pure. Capta il vento che arriva. Anticipa i tempi, mettendo in scena autori ancora non sperimentati in Italia. Si chiamano Ionesco e Beckett. Sono gli anni 1957- 1958. Gli capita di cercare un attore all'altezza della parte. Non riesce a trovarlo. Gli piace azzardare. E decide di sostituire l'attore con un manichino. Il successo è strepitoso." (Salvatore Silvano Nigro)
I figli del duca
Anthony Trollope
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2024
pagine: 1016
Nell'ultimo romanzo del «ciclo Palliser» continuano le vicende di Plantagenet Palliser Duca di Omnium e della sua famiglia. Pagine che confermano la struttura perfetta dei romanzi di Trollope che sono insieme saga familiare, romanzo di formazione, satira sociale, critica del potere nelle sue degenerazioni, con lo splendore della Londra vittoriana sullo sfondo. Lo scrittore, tra i grandi vittoriani, più fluviale in tutto (per il procedere della sua prosa, per la mole delle opere, per la vastità dei temi), il meno giudicante e forse il più romanzesco, grazie al numero di storie e personaggi che si distendono, si annodano, ritornano sottintesi, riprendono da dove eravamo arrivati. Anthony Trollope è tutto questo, e con I figli del duca chiude il Ciclo Palliser, o Ciclo Politico, incentrato nella Londra metropoli della grande aristocrazia dominante. Plantagenet Palliser, Duca di Omnium, è all'apice del suo splendore. Ora, però, è morta Glencora, la sua sposa, dama contraddittoria e brillante come un colore acceso quanto lui è stabile, coscienzioso e grigio. E il duca si scopre fragile, spaesato, un inetto in un ambiente che dovrebbe sovrastare per l'immensa ricchezza e il rango preminente. Il severo Henry James scriveva che nessuno come Trollope «riusciva a sentire tutte le cose del quotidiano oltre che vederle». Nei suoi romanzi l'ovvio si rivela per ciò che realmente è per chi lo vive: unico, misterioso, stupefacente. Così per il Duca di Omnium la condotta sconsiderata dei figli squarcia le sue convinzioni. Il primogenito, Silverbridge, si è candidato tra le file dei conservatori, nonostante la loro famiglia sia da sempre liberale. Il figlio più piccolo, Gerald, è dedito al gioco d'azzardo e si è fatto espellere dal college. E l'unica femmina, Mary, si è innamorata irrimediabilmente di un parvenu senza rango né patrimonio. Le deprecabili scelte degli eredi fanno vacillare la visione dell'esistenza del duca, lo espongono a vergogna e lo costringono a specchiarsi nelle proprie contraddizioni. Trollope non salva nessuno; non ci sono eroi tra coloro che non hanno ereditato altro che la vocazione a «sperperare patrimoni e reputazione». Si salva qualche personaggio femminile, a cui è affidata, pur nella frustrante impotenza della loro sorte sociale, tutta l'inquietudine di un'epoca. Eppure, a risaltare è la meravigliosa riscoperta della lettura calma e appagante. È «un viaggio meraviglioso in compagnia del più amabile dei narratori generosamente dotato di acume e di umorismo» scrive Rossella Cazzullo nella sua Notizia. «L'autore crea e popola un mondo di ampiezza e varietà tale da soddisfare i gusti più esigenti; intreccia vicende pubbliche e storie private, ritrae la vita di campagna e quella della metropoli, parla di potere, politica e amore, presenta personaggi credibili e umanissimi che non di rado sfuggono alle pagine per prendere residenza tra i nostri ricordi».
Babbo Natale giustiziato
Claude Lévi-Strauss
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2024
pagine: 120
Torna in una nuova edizione con una Nota inedita di Gianfranco Marrone il saggio divertente e arguto dell'antropologo francese Claude Lévi-Strauss che, a partire da un incredibile fatto di cronaca, ricostruisce le origini, i simboli e i rimandi che si celano dietro la figura di un personaggio quasi divino. «Babbo Natale è vestito di scarlatto: è un re. La sua barba bianca, le sue pellicce e i suoi stivali, la slitta sulla quale viaggia evocano l'inverno. Incarna l'aspetto benevolo dell'autorità degli anziani. Ma in quale categoria bisogna collocarlo dal punto di vista della tipologia religiosa? Non è un essere mitico, poiché non c'è mito che renda conto della sua origine e delle sue funzioni; e non è nemmeno un personaggio di leggenda, poiché non è collegato a nessun racconto semistorico. Appartiene piuttosto alla famiglia delle divinità. È la divinità di una sola fascia di età della nostra società e la sola differenza tra Babbo Natale e una vera divinità è che gli adulti non credono in lui, benché incoraggino i propri figli a crederci. Babbo Natale è dunque, anzitutto, l'espressione di un codice differenziale che distingue i bambini dagli adolescenti e dagli adulti». Nel Natale del 1951, sul sagrato della cattedrale di Digione, un fantoccio di Babbo Natale viene impiccato e poi bruciato, per manifestare agli occhi di tutti i bambini il rifiuto, da parte del clero, della «paganizzazione» della festa cristiana. Lévi-Strauss, fondatore dell'antropologia culturale e padre nobile dello Strutturalismo, trasse dalla notizia l'occasione per questo saggio, straordinario per intelligenza e ironia. Uno scritto intensamente divertente, perché fa rivolgere - divergere, appunto - lo sguardo da Babbo Natale, figura abituale e innocente, alle sue profondità di significato più recondite, arcaiche e perenni. Partendo dalle «coerenti illogicità» di questo culto - prima di tutto il fatto di essere forse l'unica credenza in cui gli adulti non credono pur spingendo i bambini a crederci - Lévi-Strauss scava in questa divinità dei non-iniziati, ovvero i bambini, che li demarca e li riunisce periodicamente agli iniziati. Perché cosa sono i bambini fin da sempre, e i loro riti di passaggio, e i morti, e i vivi-morti, nelle rappresentazioni incise nelle culture umane? L'episodio di Digione diventa così un momento di riflessione sulla categoria sociologica e antropologica che Gianfranco Marrone, nella sua Introduzione, chiama «natalizzazione». Categoria che, come mostra Antonino Buttitta nello scritto che chiude il volume, viene ricompresa all'interno delle tradizionali simbolizzazioni del «contratto sociale» iniziatico tra i vivi e i morti.
Animali in giallo
Andrej Longo, Alicia Giménez-Bartlett, Marco Malvaldi, Gaetano Savatteri, Simona Tanzini, Luca Mercadante, Samantha Bruzzone
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2024
pagine: 384
Animali assassinati o assassini; bestie domestiche, di allevamento o di laboratorio; macchine semoventi come voleva Cartesio o persone antropomorfizzate; usati come copertura di misfatti o bersaglio di delitti; esempio di una natura violentata o membri effettivi dell'antropocene; sono l'Altro del crimine, l'innocenza assoluta. I sette splendidi tori da corrida sono stati fucilati con tiro preciso per mascherare l'omicidio del loro guardiano o è il contrario? Questo è il dilemma di Marta e Berta Miralles, le disparate sorelle poliziotto di Alicia Giménez-Bartlett, con cui inizia questa raccolta di racconti. Saverio Lamanna è alle prese con il grosso Socrate, un altro povero cane garrotato, e una signora scomparsa: piste che permettono all'ironico Gaetano Savatteri, il creatore della coppia Lamanna-Piccionello, di imbastire un giallo brillante. Domenico Cigno, giornalista molto sovrappeso nato dalla penna di Luca Mercadante, fa il suo esordio in questa raccolta (e un nuovo romanzo uscirà presto per i nostri tipi): un bracciante senegalese è morto nel casertano, dilaniato da un branco di cani, il «Mucchio randagio», o così sembra; si apre la caccia e, dietro il massacro annunciato, Cigno con inutile pietà scopre un'altra verità. Una scia di morti sbranati indica al candido e sveglio agente Acanfora - il detective napoletano di Andrej Longo - un'ipotesi di strana vendetta. Un asino e una capra, il primo placido e l'altra birichina come natura comanda, osservano l'inchiesta della giornalista Viola - la protagonista dei gialli scritti da Simona Tanzini affetta da un pittorico disturbo della percezione -; lei scava in un odio antico, finito nel sangue per bizzarre cause naturali. Una specie di racconto della camera chiusa è quello di Marco Malvaldi e Samantha Bruzzone: mentre la chimica Serena è in Giappone in viaggio di piacere, la sua amica poliziotta Corinna la coinvolge da lontano in un caso di omicidio dentro un laboratorio, perché Serena sa di veleni, precisamente di «batracotossine». Nella Casa di Ringhiera, protagonista ambientale delle ciniche storie condominial-criminali della penna di Francesco Recami, una massaggiatrice cinese è stata dilaniata da una forza sovrumana: il commissario Ametrano pensa a un gorilla o a un orangotango come nel racconto di E. A. Poe, in mancanza di altre soluzioni. Il sentiero che questa nuova raccolta di racconti in giallo cerca di percorrere è quello del detective messo di fronte, mentre affronta un mistero criminale, a un mistero ancor più grande e affascinante: il rapporto tra gli uomini e gli altri animali.
Panorama
Tommaso Pincio
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2024
pagine: 344
"Una rapporto epistolare interrotto, una donna improvvisamente scomparsa, il vuoto determinato dall'assenza. Nasce così questo romanzo che attraverso la voce raffinata e malinconica di Tommaso Pincio ci fa guardare il mondo, presente e futuro, senza alcuna retorica, scoprire paure e fragilità, speranze e disillusioni. Tutto in questo libro è una dichiarazione d'amore: alla letteratura, alla lettura, alla vita che sempre sorprende, all'atto stesso di amare. «Per circa quattro anni ho avuto un rapporto epistolare con una ragazza fuori del comune. Lettrice vorace ma senza particolari ambizioni letterarie, era piena di stranezze e sofferenze ma anche molto affascinante. Panorama ha cominciato a nascere nel momento in cui lei, senza preavviso, ha disattivato il suo profilo. Da un giorno all'altro scomparve dalla mia vita e io ho provato un vuoto, un'angoscia inaspettati. Dopo qualche settimana pensai che un modo di elaborare questo insolito lutto fosse quello di scrivere un racconto su di lei ma nel quale io non comparissi». Così ha raccontato Tommaso Pincio rivelando nella realtà di eventi personali l'origine di Panorama, uscito nel 2015 per NN Editore e diventato presto un caso editoriale e un libro di culto. Da quella realtà personale sono scaturiti vicende e personaggi di una storia vertiginosa. Ecco allora Ottavio Tondi, la sua ossessione per la lettura come implacabile e marginale ragione di vita, il suo talento speciale «nel non incidere sulle cose», il conflitto col padre, fino alla piega inattesa dell'esistenza: l'incontro con il direttore editoriale di una importante casa editrice, la lettura di manoscritti su manoscritti, poi il successo improvviso, i bestseller, il potere di decidere della fortuna di un romanzo, i festival letterari tra l'adorazione del pubblico e l'invidia di molti. Ed ecco Maddalena, con cui Ottavio avvia una relazione in cui convivono molte cose, «forse perfino l'amore». E Ligeia, che conosce sul social network «Panorama», con la quale per quattro anni si manda messaggi. Le ore trascorse in una utilitaria, a vagare sul grande anello che circonda la città, e il silenzio di un letto vuoto e disfatto, o di risposte che non arrivano. Mentre il tempo tutto travolge e trasforma, e i libri diventano una passione clandestina e pericolosa. Questa nuova edizione contiene anche l'opera di uno dei suoi personaggi, Acque chete di Mario Esquilino, irreperibile per anni perché autoprodotta. Accompagnati dalla voce raffinata e malinconica di Pincio nelle pagine di Panorama guardiamo il mondo, presente e futuro, senza alcuna retorica, scopriamo paure e fragilità, speranze e disillusioni. Tutto in questo libro è una dichiarazione d'amore: alla letteratura, alla lettura, alla vita che sempre sorprende, all'atto stesso di amare."
Storia di Venezia. Dalle origini al 1400. Volume Vol.
John Julius Norwich
Libro: Libro in brossura
editore: Sellerio Editore Palermo
anno edizione: 2024
pagine: 560
«A Venezia più che in qualsiasi altro luogo al mondo il tutto è più grande della somma delle singole parti». Con questa premessa, lo storico J.J. Norwich invita a leggere il suo racconto della magnifica città di Rialto (in questo primo volume, dalla controversa fondazione fino all'età d'oro) partendo dall'immediato incanto che Venezia imprime in quanto tutto unitario, completa realizzazione dei secoli. Una storia in cui ogni evento è coniugato con il suo spazio, una chiesa, un monumento, un simbolo d'arte. La cui cifra è quella di un'impressione di grandezza, di laboriosa resistenza fatta di opere oltre che di armi, di novità nella forma istituzionale e nel rapporto dei cittadini con il potere. Quali i caratteri fondativi di questa unicità? La Repubblica di Venezia seppe restare veramente indipendente e ferma in se stessa per più di mille anni, più di qualsiasi altro governo. I suoi cittadini mantennero sempre il sospetto, «una fobia per il più tenue sintomo di culto della personalità». Si tenne impermeabile alle correnti epocali che potessero minacciare il suo ordine repubblicano, immune dall'«incubo delle confuse lotte politiche dell'Italia medievale». E «rimase apparentemente estranea al sistema feudale». Imbevuta ben presto di un senso basilare di equilibrio nella forma di governo. La ricostruzione corre tra dogi, fatti bellici, organizzazione civica, espansione urbanistica, opere d'arte cittadine, artisti, innovazioni economiche. La prosa è garbata e piana come una colta conversazione. Norwich precisa sempre che il suo modo di fare storia non è erudito e non ha la pretesa di uno studio accademico. Ma questa rinuncia non è un abbandono della saggezza dello studioso che evita di scadere nel romanzesco, nel sensazionalismo, nella banalizzazione. Così Norwich ha inventato una storiografia che si fa racconto, sempre ricca di documenti e competente, capace quindi di rendere familiare a ognuno la cultura del passato, il metodo rigoroso di comprendere gli eventi, la visione storica della realtà.