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Aragno: Pietre d'angolo

Quella cosa priva di nome. La quadratura del cerchio

Quella cosa priva di nome. La quadratura del cerchio

W. Richard Wagner, Federico Capitoni

Libro

editore: Aragno

anno edizione: 2022

Parafrasando una battuta di Victor Hugo sul Rinascimento, disse una volta Claude Debussy che la rivoluzione di Wagner, che si voleva un'alba, era invece un tramonto. Di ogni confine si possono esaltare tanto le costanti che le varianti; ma non c'è dubbio che Wagner abbia salato il sangue a più generazioni di novatori, da Baudelaire a Nietzsche (il quale farà in tempo a cambiare idea; ma anche Debussy era un «bidello del Walhalla» pentito) sino a d'Annunzio, Campana e Joyce. Per un media philosopher come Friedrich Kittler, senza il Gesamtkunstwerk non sarebbero concepibili neppure il progressive rock o la disco. Ma tutta la multimedialità di oggi, in fondo, viene dritta da Bayreuth. I suoi grandi testi teorici sono affetti dalla stessa ipertrofia delle opere di Wagner: momenti splendidi, e interminabili quarti d'ora (per dirla con un altro collega malevolo). Così Federico Capitoni, che tra i saggisti dell'ultima generazione è quello dalla più spiccata vocazione interdisciplinare (illuminando, di questo pensiero, quello che «è vivo» e quello che «è morto»; non senza indicare quanto di ancora-wagneriano alligni nella sperimentazione di oggi), ha pensato bene di "pescare" dagli scritti più agili e d'occasione. Faville del maglio che si rivelano piccoli gioielli. Una volta per esempio, in alternativa alla formula più vulgata (e volgare) di «arte dell'avvenire», Wagner definisce la sua opera «quella cosa priva di nome». Un po' come «il sogno di una cosa» di cui parlava il giovane Marx.
18,00

Due o tre cose sul signor Lu Xun-Cina silenziosa

Due o tre cose sul signor Lu Xun-Cina silenziosa

Carlo Laurenti, Xun Lu

Libro

editore: Aragno

anno edizione: 2021

pagine: 164

«I rivoluzionari sono uccisi dai controrivoluzionari. I controrivoluzionari sono uccisi dai rivoluzionari. I non rivoluzionari o sono presi per rivoluzionari e sono uccisi dai controrivoluzionari, o sono presi per controrivoluzionari e sono uccisi dai rivoluzionari; oppure non sono presi per nulla, e sono uccisi da rivoluzionari e controrivoluzionari»: così suona una noterella di Lu Xun. Una volta Mao ammise che «il santo della Cina moderna», come lo aveva definito alla sua morte, se fosse sopravvissuto sino agli anni Cinquanta avrebbe dovuto incarcerarlo. Ma anche in vita risultava troppo innovativo per i tradizionalisti, troppo legato alla tradizione per le avanguardie. È questo il destino dei grandi maestri d'ironia, capaci di cogliere in ogni cosa il senso del rovescio: Lu Xun ci mostra quanto questo principio, così scomodo nella vita, sia vitale in arte. Nel 1979 gli dedicava la sua tesi di laurea - di stupefacente idiosincrasia, anche per tempi tanto meno sussiegosi dei nostri... - il giovane Carlo Laurenti. Che oggi, con la sua onniscienza del corpus, raccoglie per noi questo erbario di illuminazioni; allora si piccava invece di sottolineare, di quel maestro di modernità, le fondamenta taoiste. Oggi suonerà forse ovvio definire Lu Xun «un ibrido»; altrettanto non si poteva dire, però, una quarantina di anni fa. Il fatto è che «un ibrido», si capisce, è lo stesso Laurenti: inclassificabile erudito di nessuna accademia. Tra saggezza orientale e malizie europee, tra rigore culturale e stravaganza esistenziale, tra passato e presente. Anzi, no: futuro. (Andrea Cortellessa)
15,00

Un appuntamento mancato. Il cervello e la mano

Un appuntamento mancato. Il cervello e la mano

Giulio Paolini, Giorgio De Chirico

Libro

editore: Aragno

anno edizione: 2019

pagine: 104

"Les duels à mort s'intitola un quadro enigmatico del Pictor Ænigmaticus per antonomasia. Che allude forse a una fantasque escrime tutta interiore: quella, nel de Chirico anni Venti, fra il suo «ritorno al mestiere» contro la «dittatura dei modernisti», e la propria vocazione «metafisica», cioè la sua originaria ispirazione "filosofica" e "poetica". Prima che il Pictor quadrasse il suo cerchio, e inventasse l'autoironica Neometafisica dei suoi ultimi anni, nel 1958 si troverà a spiegare le ragioni della propria "svolta" - già esposte in una serie di occasioni polemiche - in una conferenza a Torino (la città d'Italia che più aveva contato nella sua formazione). Quella sera lo ascoltava un giovane destinato a un grande futuro, e che sul momento trovò vergognose le intemerate di de Chirico contro il «partito politico» dell'arte moderna; ma a posteriori Giulio Paolini finirà per far sua, a modo suo, la "metafisica" «ritirata» di quello che finirà per definire il proprio «illustre modello». Comincia così un'avventura, quella del duello a distanza dei due «Grandi Metafisici», che questo libro ricostruisce, accogliendo pure una ricca sezione di d'après del secondo dal primo. Alle considerazioni di Paolini su de Chirico fa riscontro una scelta di testi teorici di quest'ultimo, che mettono a fuoco la relazione fra concetto e tecnica, «cervello» e «mano»: primo «diaframma» che lega fra loro i due artisti. E che si concludono con la trouvaille delle parole dette da de Chirico quella sera a Torino: punto di congiunzione astronomica fra due dei massimi artisti della nostra modernità, che la modernità congiuntamente hanno messo a morte". (Andrea Cortellessa)
20,00

Il fanciullo. Un altro mondo, lo stesso mondo

Il fanciullo. Un altro mondo, lo stesso mondo

Giovanni Pascoli, Maria Grazia Calandrone

Libro

editore: Aragno

anno edizione: 2019

pagine: 90

Umberto Saba diffidava del Pascoli del Fanciullino. E questo, ha spiegato Andrea Zanzotto, malgrado anche a lui appartenesse il mito dell'infanzia: ma troppo bambino, solo bambino Pascoli; laddove il luogo della poesia è quello di una consustanziazione del bambino meravigliato e dell'adulto consapevole. Modello di quest'uomo-bambino, secondo Saba, Dante. "Scorciatoia" proditoria. Eppure, aggiungeva Zanzotto, Dante si è trovato nella condizione unica di creare una lingua, e con essa un mondo. L'«inizio di un nuovo tempo, di una nuova nazione»: che fuoriesce dalla sua opera col «piacere del principio», per dirla sempre con Zanzotto, di un uovo che si schiude. Per questo alla teoria del «cominciamento» che è la Vita Nova si salda la letterale infanzia degli ultimi canti del Paradiso (dove il poeta si paragona a «un fante / che bagni ancor la lingua a la mammella»). Quella «che più non si sa», ha sostenuto Giorgio Agamben in pagine classiche, è una lingua del «puro voler dire», antecedente alla sua dimensione semantica. Questa «lingua morta», «individuale e artificiosamente costruita», è la maggiore eredità consegnataci da Pascoli. E allora non è un caso che qui, insieme a lui, Maria Grazia Calandrone convochi proprio Dante (e Pasolini, e Caproni, sino ad Antonella Anedda e Guido Mazzoni). A una poesia per adulti, che oggi si rivendica, sin dall'inizio lei ha contrapposto una poesia adulta che si rivolge alla nostra infanzia perenne, al nostro «luminoso stupore».
15,00

La plasmabilità artistica del cartone e il suo impiego nella scuola-La maldicente moglie del dottore di via Wilcza

La plasmabilità artistica del cartone e il suo impiego nella scuola-La maldicente moglie del dottore di via Wilcza

Francesco Permunian, Bruno Schulz

Libro

editore: Aragno

anno edizione: 2018

pagine: 88

"È curioso quanti testi narrativi siano stati scritti su Bruno Schulz. Come se si cercasse di riparare, in questo modo, all'ingiustizia abissale che ci ha privato di tanti suoi scritti perduti, dispersi, bruciati - e prima ancora di un'esistenza, la sua, non meno incenerita dalla storia. Francesco Permunian, che ha fatto della spigolatura biografica, e diciamo pure del pettegolezzo, un'arte polimorfa e persecutoria, ha colto l'occasione per quella che, alla maniera di Zanzotto, definisce una fantasia di avvicinamento. In cui all'erudizione maliziosa (che gli fa rivisitare, per esempio, lo scambio epistolare di Schulz con Witold Gombrowicz) si mescola a tradimento l'invenzione più falotica: la casella fuoriquadro della scacchiera, il germe inconfondibile di quella cosa che chiamiamo letteratura. A parlare è un allievo di Schulz, che "davvero" fu insegnante di applicazioni tecniche, il quale racconta una serie di fatti e fattoidi improntati a un'«inverosimile verosimiglianza», fra l'altro speculando su un misterioso, ennesimo testo perduto di Schulz, la relazione tecnica (come quelle di Kafka per le assicurazioni di Praga) sulla Plasmabilità artistica del cartone e il suo impiego nella scuola. Evidente l'interesse della materia, per il demiurgo di «quegli omuncoli di carta, cartone, stracci discendenti della più schietta tradizione golemica del popolo ebraico». Nonché per l'altro allievo, quello della provincia nordestina, oggi massimo cantore di quei fantocci che siamo noi, i suoi simili." (Andrea Cortellessa)
12,00

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