Libri di Paolo Virno
Creatività
Emilio Garroni
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2024
pagine: 160
Fare o dire qualcosa di nuovo, di imprevisto, di sorprendente: in che cosa consiste questa capacità tipicamente umana? Come spiegare la trasformazione radicale delle nostre forme di vita e dei nostri modelli teorici? C’è qualcosa che unisce l’invenzione di un utensile da parte del cacciatore preistorico ai dipinti di Michelangelo nella Cappella Sistina? Sono queste alcune delle domande alle quali tenta di rispondere Emilio Garroni, uno dei pochi filosofi originali del Novecento italiano, in questo saggio. Per chiarire in che modo riusciamo a variare la nostra prassi e i nostri discorsi, Garroni mobilita molte discipline diverse: la biologia, la teoria dell’evoluzione, la linguistica e, naturalmente, l’estetica. L’autore traccia un’agile storia del concetto di creatività, da Platone a Chomsky, ma propone, al tempo stesso, un’ipotesi teorica rigorosa e acuminata. A suo giudizio, lungi dall’essere un lusso, il comportamento creativo svolge una funzione essenziale nel modo in cui la nostra specie si adatta all’ambiente. L’arte non è altro, quindi, che l’espressione specializzata di un’attitudine comune a ogni essere umano, senza la quale non sapremmo orientarci nel mondo.
Parole con parole. Poteri e limiti del linguaggio
Paolo Virno
Libro
editore: Donzelli
anno edizione: 1995
pagine: 164
Il ricordo del presente
Paolo Virno
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 1999
pagine: 162
Il "déjà vu" è una inquietante patologia della memoria, in base alla quale ci sembra di rivivere sempre di nuovo qualche frammento del passato. La "fine della Storia" è l'idea, o lo stato d'animo, che caratterizza il senso comune postmoderno. Vi è un rapporto tra le due cose? La "fine della Storia" ha la sua radice nel fenomeno del "déjà vu"? Il libro di Virno comincia vagliando e approfondendo questa ipotesi. Bergson, Kojève, il Nietzsche antistoricista sono gli autori discussi da principio. Senonché, per chiarire la genesi e il significato dell'idea squisitamente contemporanea di "fine della Storia", occorre definire ciò di cui viene proclamato il tracollo: il tempo storico, per l'appunto. Quali sono le condizioni che rendono storica ogni nostra esperienza, anche la più marginale e innapariscente? Virno risponde tirando in ballo una coppia venerabile di concetti, che sta nel cuore della filosofia occidentale: potenza e atto. Propone anzi una interpretazione dei due termini in chiave temporale: potenza è non-ora, inattualità; atto è "adesso", presenza. Su questa base, si chiede se il tempo storico non sia costituito precisamente dall'intreccio permanente di potenza e atto, non-ora e "adesso", inattualità e presenza. Inevitabile, a questo punto, il confronto con la tesi di Heidegger, secondo la quale la storicità avrebbe la sua radice nella morte. Nell'ultima parte del libro, le tesi di carattere generale sono messe alla prova nel tentativo di chiarire lo statuto temporale del capitalismo.
Grammatica della moltitudine. Per una analisi delle forme di vita contemporanee
Paolo Virno
Libro: Libro in brossura
editore: DeriveApprodi
anno edizione: 2023
pagine: 94
Nel dibattito politico contemporaneo si è assistito all'introduzione di numerosi termini che meritano di essere spiegati: si è parlato di moltitudine in opposizione alla nozione di popolo, di intelligenza generale come nuovo tratto distintivo della forza-lavoro, di sfera pubblica non statale, di esodo, di individuazione e biopolitica. Ma pochi sono coloro che usano tali parole conoscendone le implicazioni e soprattutto la loro genesi. Paolo Virno è uno degli intellettuali italiani che ha contribuito a coniarle. Questo libro, ormai divenuto un classico del pensiero politico, sintetizza e divulga il dibattito avvenuto negli ambienti di quella cosiddetta «Italian theory» che le università americane ci invidiano e che gode di un grande prestigio internazionale. Virno spiega come far uso di questo nuovo lessico della politica, l'unico capace di dare ragione delle trasformazioni economiche, sociali e culturali che attraversano l'insieme delle società occidentali da alcuni decenni. E spiega perché, nella crisi radicale della modernità, la nozione di moltitudine mostra una straordinaria vitalità, prendendosi una clamorosa rivincita sul concetto di popolo.
Quando il verbo si fa carne. Linguaggio e natura umana
Paolo Virno
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2003
pagine: 248
Motto di spirito e azione innovativa. Per una logica del cambiamento
Paolo Virno
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2005
pagine: 112
Gli esseri umani sono in grado di cambiare il proprio modo di vivere, mettendo da parte vecchie regole e abitudini consolidate. Ma di quali requisiti si giovano per imboccare una direzione imprevista? Come avviene la rottura della condizione di equilibrio prevalsa fino a quel momento? In che cosa consiste una azione innovativa? Il libro di Virno cerca di articolare una «logica della creatività», ossia mette a fuoco lo scarto logico-linguistico che permette di agire in quello che i giuristi chiamerebbero uno stato di eccezione. E lo fa a partire dalla concretezza del motto di spirito, della battuta fulminante. Se il riferimento costante è al saggio di Freud sul Witz, l'interpretazione dell'arguzia però è rigorosamente non-freudiana.
Convenzione e materialismo. L'unicità senza aura
Paolo Virno
Libro
editore: DeriveApprodi
anno edizione: 2010
pagine: 192
Saggio sulla negazione. Per una antropologia linguistica
Paolo Virno
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2013
pagine: 203
In ogni momento ricorriamo a una particella grammaticale dimessa e priva di blasone, senza sospettare che nella sua inappariscenza sia all'opera un dispositivo così potente da orchestrare l'intera significazione, e con essa il mondo. Quel connettivo sintattico è il 'non', di portata eguagliabile soltanto all'universale dello scambio, ossia il denaro. È la negazione a separare il pensiero verbale dalle prestazioni cognitive taciturne, come le sensazioni o le immagini mentali. Parlando di ciò che 'non' accade qui e ora o di proprietà 'non' riferibili a un certo oggetto, l'animale umano disattiva l'originaria empatia neurale, prelinguistica, si distanzia dalle prescrizioni del proprio corredo istintuale e accede a una socialità di secondo livello, negoziata e instabile, che istituisce la sfera pubblica. Il parlante infatti impara presto che l'enunciato negativo non è la controfigura linguistica di realtà sgradevoli o sentimenti distruttivi: mentre li rifiuta, dà loro un nome, li include. Effetto di incivilimento sempre esposto ad altre, insorgenti retroazioni antropologiche, secondo Paolo Virno, che sulla costitutiva negatività del linguaggio scrive un saggio-spartiacque. Da una paroletta riesce a dispiegare una inaspettata fenomenologia della coscienza negatrice.
Avere. Sulla natura dell'animale loquace
Paolo Virno
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2020
pagine: 208
Il verbo avere risiede al cuore del nostro linguaggio. Diciamo continuamente che gli esseri umani hanno pensieri, desideri, dolori, esperienze, beni, paure. Ma che cosa intendiamo? Quali implicazioni nascondono queste frasi così familiari? Ce lo spiega Paolo Virno, che partendo dal verbo avere ci guida in un viaggio denso e suggestivo all'interno della natura del linguaggio, chiave privilegiata per comprendere poi quella dell'uomo. Muovendo da una verità fondamentale: chi possiede qualcosa non è mai un tutt'uno con la cosa posseduta. Se anzi possiamo avere qualcosa, è proprio perché non siamo quella cosa. L'animale umano non coincide mai del tutto con l'insieme di facoltà, disposizioni ed esperienze che possiede , e che lo distinguono dagli altri viventi. Questa «scissione» ci consente di riflettere su noi stessi, su ciò che pensiamo e facciamo, e di avere quindi una coscienza. Ma anche di essere liberi: non essendo un tutt'uno con la nostra vita, né con nessuna delle nostre capacità, possiamo decidere che cosa farne. Abbandonare ciò in cui non ci riconosciamo più, e desiderare ciò che non abbiamo ancora - un amico intimo, un lavoro più gratificante, una comunità di cui sentirci parte. Proprio perché l'uomo partecipa di molte cose (pensieri, progetti, relazioni) senza coincidere con nessuna di queste, il verbo avere è il termine che incarna perfettamente la sua natura relazionale, sempre in comunicazione con l'altro da sé. E Virno è maestro nel raccontare le tante voci di questo dialogo.
L'idea di mondo. Intelletto pubblico e uso della vita
Paolo Virno
Libro: Copertina morbida
editore: Quodlibet
anno edizione: 2021
pagine: 151
Piccolo vademecum di un materialismo poco incline al pentimento e alla dissimulazione, questo libro raccoglie tre saggi avvinghiati l'uno all'altro come fratelli siamesi. Il primo, "Mondanità", cerca di chiarire (con e contro Kant e Wittgenstein) che cosa significa la semplice parola "mondo", con la quale indichiamo il contesto percettivo e storico in cui si svolge la nostra esistenza. Come bisogna intendere espressioni consuete quali "stare al mondo", "il corso del mondo", "gente di mondo"? Il secondo saggio, "Virtuosismo e rivoluzione", è un minuscolo trattato politico: propone un insieme di concetti (moltitudine, esodo ecc.) in grado di affrontare la tempesta magnetica che ha messo fuori gioco le bussole cui si è affidata, dal Seicento in poi, la riflessione sulla sfera pubblica. Il terzo saggio, "L'uso della vita", è l'enunciazione stenografica di un programma di ricerca sulla nozione di uso. Che cosa facciamo di preciso quando utilizziamo un martello, un lasso di tempo, un enunciato ironico? Ma, soprattutto, in che cosa consiste quell'uso di sé, della propria stessa vita, che sta alla base di tutti gli altri usi? Una ricerca in tre tappe in cui filosofia del linguaggio, antropologia e teoria politica si passano con naturalezza il testimone.
L'individuazione psichica e collettiva
Gilbert Simondon
Libro: Libro in brossura
editore: DeriveApprodi
anno edizione: 2021
pagine: 256
Il pensiero di Simondon opera a distanza dallo schema metafisico che riproduce ovunque coppie di opposizioni nelle quali il soggetto è ciò che sta di fronte all’oggetto, l’uomo alla natura, la natura all’artificio o alla società, la scienza alla politica, la conoscenza all’azione. Esso ci allontana dalle metafisiche della rappresentazione, dove si tratta sempre di conoscere per agire, essendo il conoscere sempre separato dall’agire. Il fatto di spostare l’accento dai principi e dai termini costituiti verso le operazioni, e verso l’individuazione come operazione, definisce contemporaneamente l’essere della conoscenza e l’essere del collettivo come attività. Non si tratta più di conoscere prima di agire, di conoscere e di agire separatamente, secondo il modello che struttura le nostre società moderne, dove la conoscenza spetta alla scienza e l’azione (intesa come gestione) spetta alle istanze di rappresentazione della «società». A voler riassumere in uno slogan le linee direttrici che orientano il pensiero di Simondon, diremmo che si tratta di farla finita con le opposizioni soggetto/oggetto, natura/artificio, individuo/società, soggettività/mondo e di prendere sul serio, almeno con la filosofia, i possibili del vivente.
Delll'impotenza. La vita nell'epoca della sua paralisi frenetica
Paolo Virno
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2021
pagine: 144
Le forme di vita contemporanee sono segnate dall'impotenza. Che sia in gioco un amore o la lotta contro il lavoro precario, una paralisi frenetica presidia l'azione e il discorso. Non si riesce a fare ciò che conviene e si desidera, e al contempo non si è in grado di subire in modo appropriato gli urti cui siamo sottoposti. Questa impotenza è tanto più sorprendente, in quanto si associa a una sovrabbondanza: di capacità, competenze, abilità. Lungi dall'essere causata da una mancanza, l'impotenza contemporanea sembra essere piuttosto il frutto di un eccesso di forza e possibilità che, non riuscendo a convertirsi in azioni e discorsi modellati con cura, non fa che stagnare e macerarsi. Di questa strana impotenza Paolo Virno descrive qui la fisionomia, proseguendo le riflessioni iniziate nel suo libro precedente, Avere. Sulla natura dell'animale loquace , e recuperando le lezioni dei classici, su tutti Aristotele e Marx. Fondamentale diventa la riscoperta di una nozione cruciale: quella di «limite». Esprimersi, far valere un'istanza sul lavoro, rivendicare un'idea politica, tessere un'amicizia o un amore: tutto ciò richiede di saper scandire i tempi delle parole, calibrare i movimenti, incanalare i gesti. Altrimenti ci imbattiamo in un catalogo di passioni tristi: arroganza intrisa di avvilimento, timidezza sfrontata, rassegnazione carica di risentimento. E nei sintomi che ne seguono: rinuncia, silenzio, paralisi. Collettiva e politica deve essere la ricerca di una prassi, di un habitus che consenta di sfuggire a questa impotenza: di un esercizio spirituale e politico che, promuovendo la rinuncia a rinunciare , ci consegni parole accorte e decisioni tempestive. Un gesto libero e condiviso in grado di trasformare il reale.